di
Antonio
Martino. Il bubbone più urgente da eliminare? Le Regioni. L'ottanta per
cento del loro bilancio è costituito da spesa sanitaria: è sensato avere un
Presidente, un governo e un parlamento, oltre a una vasta burocrazia, per
amministrare le spese della sanità? A me non sembra.
Gli episodi poco edificanti degli
ultimi tempi dovrebbero costringere tutti quelli che hanno a cuore il futuro
dell'Italia a una riflessione ineludibile: il sistema di governo locale è
indifendibile e va cambiato con la massima urgenza. Non c'è quasi regione
italiana che non sia stata investita da scandali connessi alla gestione
avventurosa quando non truffaldina del pubblico denaro. Dalla Lombardia alla
Sicilia, passando per il Lazio e la Puglia, è stato un susseguirsi di sordidi
episodi di malaffare, sprechi, ruberie e simili. Ciò che i contribuenti versano
all'erario è stato trattato come res nullius e utilizzato per arricchimenti
personali e futili spese. È il momento di cambiare, ogni giorno di ritardo ci
costa letteralmente milioni di euro. Secondo i dati riferiti nella Relazione
della Banca d'Italia il 31 maggio scorso, nel 2011 le spese totali delle
Amministrazioni Pubbliche sono state pari a quasi 800 mila milioni di euro
(798.565): ben oltre due miliardi di euro (2.187.849.315) ogni santo giorno
dell'anno, quasi 100 milioni (91.160.388 euro) ogni ora, un milione e mezzo
(1.519.339 euro) ogni minuto! Le amministrazioni locali hanno comportato una
spesa di quasi 250 miliardi (242.905 milioni), la bellezza di oltre quattro
mila euro (4.167) per ogni italiano: si tratta di un'enormità che dovrebbe
essere ridotta. Come? A me sembra, e credo di averlo ripetuto ad nauseam su
queste colonne, che gli enti di governo locale siano troppi sia come numero
complessivo sia come livelli. Non sono certo che sia davvero necessario avere i
consigli di quartiere, i municipi, i Comuni, le aree metropolitane, le
province, le regioni, le comunità montane, i parchi nazionali, per non parlare dello
Stato e dell'Unione Europea. Potremmo benissimo averne molti di meno: se
vogliamo le aree metropolitane, le province e le regioni sono palesemente
inutili. Non credo ci sia nessuno disposto a sostenere che non possiamo andare
avanti con meno di
ottomila comuni per una
popolazione totale di sessanta milioni. L'esistenza di un comune dovrebbe
essere giustificata dalla sua autosufficienza, dalla capacità cioè di
amministrare una popolazione che possa sopportare il costo dell'amministrazione
comunale. Non si vede perché, infatti, a sopportarlo dovrebbero essere i
residenti di altri comuni. A occhio e croce, direi che duemila comuni sarebbero
più che sufficienti: la popolazione comunale media passerebbe da 7.500 a 30.000
e il finanziamento autonomo diverrebbe la regola, non l'eccezione. Il bubbone
maggiore, tuttavia, quello che è più urgente eliminare, sono le regioni:
nessuna persona onesta può sostenere che l'esperimento regionale sia stato un
successo. Lo dico a prescindere dagli episodi di malaffare. Le regioni,
infatti, non possono essere considerate enti locali; la Lombardia ha quasi
dieci milioni di abitanti, la Sicilia cinque, non sono dimensioni da ente
locale ma da Stato autonomo. Sono troppo grandi perché il controllo dei
cittadini sul loro operato possa essere efficace; d'altro canto ci sono anche
regioni troppo piccole, come il Molise. Soprattutto, a cosa servono? L'ottanta
per cento del loro bilancio è costituito da spesa sanitaria: è sensato avere un
Presidente (o governatore), un governo e un parlamento, oltre a una vasta
burocrazia regionale, per amministrare le spese della sanità? A me non sembra.
Non basta: la famigerata riforma del Titolo V della Costituzione, fatta in
fretta e furia a ridosso delle elezioni del 2001 dalle sinistre col deliberato
scopo di sottrarre consensi alla Lega, ha accresciuto a dismisura la
discrezionalità delle regioni in materia di spese, dato vita a una terza Camera
(la Conferenza Stato - Regioni) e conferito alle stesse il potere di avere
relazioni internazionali, giustificando così la nascita di una diplomazia
regionale, con connessa rete di ambasciate regionali! Siamo alla follia. Si
aboliscano, quindi, le regioni e le province, si riduca a duemila il numero dei
comuni e si conferiscano a essi le competenze degli enti aboliti. Avremmo un
periodo di aggiustamento durante il quale sarà necessario occuparsi del
problema del personale in esubero degli enti aboliti ma, alla fine, avremo un
sistema di governo locale efficiente, razionale e molto meno costoso
dell'attuale.
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