martedì 30 ottobre 2012

ATTENTI A VOI CHE OGGI GIOITE. SARETE STROZZATI NELLA CULLA. SERENAMENTE


PROVIAMO A FARE IL PUNTO DELLA SETTIMANA:
- Berlusconi ha fatto il passo indietro e non si candida più a Palazzo Chigi;
- Il tribunale di Milano ha fatto un altro passo avanti e lo condanna per Mediaset; 
- Il terremoto all’Aquila poteva essere previsto e le toghe condannano gli scienziati;
- Il sisma del Pollino era previsto ma diventa imprevisto e nessun giudice però ha parlato:
- L’Ilva di Taranto è pronta a partire, ma i giudici continuano a frenare; 
- Si incoraggiano la paternità e la maternità sine die, ma con le sentenze poi si levano i figli ai genitori troppo anziani.
Sono solo alcuni campi dello scibile di cui ultimamente si è occupata la nostra brillante magistratura. La situazione è sotto gli occhi di tutti: la classe politica sta cedendo il passo all’innovazione, resiste, ma la voce del barbiere è rivelatoria: «Dotto’, se ne stanno a annà. Tutti».  Lo stesso non può dirsi di una casta che ci sta sopra le teste e non ha intenzione di schiodarsi: la magistratura. Ha svolto ruolo di supplenza in alcuni momenti, non necessario, poi ha scambiato la supplenza per un posto fisso. Così la magistratura è diventata il centro di gravità permanente di un Paese che di gravità ne ha poca. I magistrati, inquirenti, giudicanti, civili, penali, tutti, sono diventati nell’ordine: potere legislativo, esecutivo, costituzionale, incostituzionale, manageriale, sindacale, spettacolare, deprimente, utile, inutile, salutare, nocivo. Non esiste Paese nel quale la magistratura abbia questa dimensione abnorme. O meglio, Stati dove i magistrati sono onnipotenti esistono: sono le dittature.  La giustizia amministrata dalla magistratura coincide perfettamente con i pensieri del satrapo di turno. Non c’è alcuna differenza tra la democrazia italiana e la dittatura di Bananas perché il tiranno cade, il politico viene mandato a casa, ma la magistratura in entrambi i regimi resta.  I Torquemada sono utili a qualsiasi sistema politico. Il problema è che nel Belpaese è stato fatto un ulteriore salto di qualità: i procuratori da soprassalto sono legibus solutus, al di sopra della legge al di sotto di qualsiasi possibilità di applicazione delle regole democratiche al loro gioco. Il Csm, il cosiddetto organo di autogoverno delle toghe, non governa niente, ma fa da terza camera del Parlamento.  Mentre tutti gli altri dipendenti pubblici hanno subìto decurtazioni di ogni sorta dello stipendio e i pensionati il cambio in corsa delle regole per il meritato riposo, magistrati che giudicano sui magistrati hanno stabilito che gli stipendi delle toghe non si toccano.  Siccome devono essere «sereni nel giudicare» la Consulta altrettanto serenamente ha deciso che il loro portafogli deve essere intoccabile.  Se la terza Repubblica nasce sotto l’insegna di questa casta, verrà strozzata nella culla. Serenamente. Mario Sechi - Il Tempo


CACCIA LA CASTA: NON MOLLANO L’OSSO


LA COMMISSIONE PARLAMENTARE BICAMERALE HA DATO PARERE NEGATIVO AL DECRETO CHE TAGLIA LE SPESE DELLE REGIONI, I SEGGI, GLI STIPENDI E I VITALIZI. NON DIMENTICHIAMOLO QUANDO POTREMO FINALMENTE VOTARE. DOBBIAMO PUNIRE QUESTA GENTE SENZA RISPETTO
Non moriranno senza combattere ferocemente. Solo così può essere interpretato l'ennesimo tentativo disperato da parte della classe politica di difendere i propri indebiti privilegi. Nella giornata del 25 ottobre la Commissione parlamentare bicamerale agli affari regionali ha dato parere negativo al decreto legge che imponeva forti tagli alle spese delle regioni e un controllo preventivo della Corte dei conti sui loro atti. E' sorattutto su questo ultimo punto che la commissione ha stroncato il decreto, e proprio nello stesso giorno in cui la Corte dei conti aveva cominciato ad effettuare tali controlli. Il decreto, approvato all'inizio di ottobre, prevedeva anche tagli ai vitalizi, alle indennità e al numero di seggi, ed era stato varato dal Governo sotto l'onda dei recenti scandali di cui si sono resi protagonisti i peggiori elementi di giunte e consigli regionali. Questo mentre tutte le regioni hanno eretto una barricata per stroncare il disegno governativo di taglio delle province, pasticciato fin che si vuole, ma sempre meglio che niente.Questo mentre ancora in Parlamento stanno cercando di sottomettere i giornalisti con la minaccia di risarcimenti colossali o morte professionale, con la scusa di eliminare il carcere per la diffamazione a mezzo stampa; ovvia ritorsione per aver portato alla luce le loro malefatte.
E' una rivolta. I politici locali si sono associati a quelli nazionali contro la popolazione per difendere se stessi. Se Monti ha a cuore anche solo in minima parte il nostro Paese, deve blindare il decreto chiedendo la fiducia. Quegli altri potrebbero anche decidere di buttarlo giù piuttosto che mollare su questo punto. Così potrebbero tornare al voto con l'attuale legge elettorale a liste bloccate.
A noi non resta che tenere bene a mente tutte queste porcherie, e punire questa gente nel momento in cui si voterà. Sempre che qualcuno non inventi qualcosa per impedircelo. Fonte Politica e Società


IL CUCCHIAIO NELLA BOTTE


FINO AD ORA E’ STATO FATTO POCO O NULLA PER RIDUERREW L’AMMONTARE DEL DEBITO PUBBLICO.
Perché il debito pubblico continua a crescere? A questa domanda si può solo rispondere con un'altra domanda: cosa è stato fatto, nei mesi scorsi, per ridurre l'ammontare del nostro debito? La risposta è molto semplice: nulla. Il governo Monti ha proseguito su una strada che è perfettamente congruente con la risposta a crisi precedenti da parte di altri governi italiani. Si è concentrato sulla riduzione del deficit (lo scostamento fra uscite ed entrate dello Stato a livello annuale). Ha messo nel mirino il raggiungimento dell'equilibrio fra i quattrini che lo Stato spende e quelli che ci preleva, nel 2013. 
Ma gli interventi posti in essere non sono andati nella direzione di un taglio al debito. L'idea di fondo è quella di svuotare l'enorme botte del debito pubblico, col cucchiaino dell'avanzo primario. Finanze pubbliche in ordine dovrebbero alleviare lo spread, giacché corrispondono a una maggiore «affidabilità» del Paese.
Il problema è che il debito pubblico è arrivato al 126% del Pil, sfiora i duemila miliardi. Il pareggio di bilancio è una forma di tutela della sanità del dibattito democratico: se a più spese oggi corrispondono più tasse oggi, i cittadini sono costretti, per così dire, a fare i conti con gli effetti delle scelte della classe politica.  Il pareggio di bilancio impedisce il formarsi di nuovo debito, ma non fa nulla per quello pre-esistente. Che può essere tagliato in un modo solo: con le privatizzazioni. Dismettendo le proprietà dello Stato, sarebbe possibile dare un «taglio netto» al debito: ridurlo del 5 o 10%, con ovvi benefici anche rispetto agli interessi che, sul debito, ci troviamo a pagare. 

sabato 27 ottobre 2012

BERLUSCONI UN GRANDE: AVANTI TUTTA, A CASA MONTI, ELEZIONI SUBITO


La conferenza stampa di Silvio Berlusconi ha tolto la tristezza a tutti i berlusconiani che hanno sempre avuto fiducia in lui dal 1994 ad oggi. Il Presidente ha avuto una grinta che ci ha fatto piacere, il Berlusconi che avuto il coraggio di dire la verità su tutti i problemi dell’Italia.
 Avanti tutta presidente siamo con te………

MAGISTRATURA POLITICIZZATA: CHIEDIAMO LA “CLASS ACTION” PER I DANNI PROVOCATI



Quanti punti percentuali costa ogni anno la magistratura italiana al PIL dell’Italia? E quanti diritti umani garantiti dalla Convenzione Europea, vengono violati quotidianamente dalla magistratura italiana? Quante aziende straniere non vengono in Italia temendo la paura di finire indagato da un giudice italiano.   Come possiamo difenderci avviare: una “class action”, ovvero una “nation action” una denuncia firmata dalla nazione intera (salvo  Repubblica-Santoro-Travaglio spa) contro una categoria le toghe per denunciare i danni fenomenali da loro perpetrati sia nel campo del Pil massacrato che in quello dei diritti umani calpestati, processi  che durano degli anni, distruggendo la reputazione della gente, senza trovare un colpevole o un innocente per tutto quello che succede a tutti i livelli (Berlusconi,Terremoto, Ilva, ecc. ecc.). Vi sembra giustizia questa?  Pensiamoci amici troviamo qualcuno che vuole prepararla? Avrà tantissime firme………

LE TOGHE ROSSE NON MOLLANO DOPO 10 ANNI D’INDAGINE E 6 DI PROCESSO



Il Fazioso 26 ottobre 2012 Senza fine. Un accanimento giudiziario che ha dell’incredibile e che negli anni ha visto centinaia di udienze e decine di processi finiti nel nulla. Questo no, almeno per il primo grado di giudizio, ma è comunque una vicenda infinita: quasi 10 anni di indagini prima, un’udienza preliminare convocata e continuamente aggiornata di mese in mese poi, fino ai rinvii a giudizio nel 2006. Il processo è durato quasi 6 anni, a “singhiozzo” tra richieste di ricusazione avanzate dai legali e l’istanza di astensione presentata dal giudice. Processi su processi in un’estenuante inseguimento nei confronti del Cav da portare, nei loro sogni, dietro le sbarre. Da anni. Un’ossessione senza fine… Ora i giustizialisti in chiave anticav saranno contenti, felici di avere una dose piena di antiberlusconismo. D’altronde dopo l’uscita di scena di B. i giudici dovevano intervenire, per forza, per dare sollievo agli odiatori di professione

Caro Vincenzo,
è una condanna politica, incredibile e intollerabile. E' senza dubbio una sentenza politica come sono politici i tanti processi inventati a mio riguardo. Ero certo di essere assolto da una accusa totalmente fuori dalla realtà. La sentenza di oggi è la conferma di un vero e proprio accanimento giudiziario e dell'uso della giustizia a fini di lotta politica. Ci sono molte prove della mia innocenza, due delle quali assolutamente inoppugnabili:
1) L'accusa mi vorrebbe socio di due imprenditori americani, uno dei quali io non ho mai conosciuto. Se io fossi stato socio di questi imprenditori sarebbe bastata una telefonata all'ufficio acquisti di Mediaset per far acquistare i diritti televisivi che questi due imprenditori volevano vendere, senza pagare tangenti.
2) Se fossi stato socio sarei subito venuto a conoscenza di una tangente così elevata versata ai responsabili del servizio acquisti, e non avrei potuto che provvedere al loro immediato licenziamento, visto che per quell'ufficio passavano 750 milioni di acquisti all'anno. Nessun imprenditore si sarebbe potuto comportare diversamente, permettendo di continuare a rubare ai danni della sua azienda e di se stesso.
2) Non c'è nessuna connessione assolutamente con la rinuncia alla corsa alla premiership nel 2013. Io e i miei avvocati ritenevamo impossibile una condanna qualsiasi in questo processo e infatti le motivazioni della condanna sono assolutamente fuori dalla realtà. Non si può andare avanti così: dobbiamo fare qualcosa. Quando non si può contare sull'imparzialità dei giudici, questo paese diventa incivile, barbaro, invivibile e cessa anche di essere una democrazia. E' triste, ma la situazione del nostro paese oggi è così.

PD UN BUON POSTO NON SI NEGA NESSUNO: DA ROMA A RAVENNA. MA LA SINISTRA NON ERA MORALMENTE SUPERIORE!

FINOCCHIARO SEMBRA POSSA ENTRARE NEL CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA


Rinviato a giudizio il marito della Finocchiaro per truffa. E lei vuole un posto nel Csm!  Scandali censurati e poco considerati. Non se ne può parlare perchè, ovviamente, riguardano la sinistra. Melchiorre Fidelbo. Chi è? Il marito dell’integerrima senatrice del Partito Democratico, Anna Finocchiaro. E che succede? Succede che Fidelbo è stato rinviato a giudizio, insieme ad altre tre persone, nell’ambito dell’inchiesta sulla procedura amministrativa che aveva portato, a Catania, all’affidamento senza gara dell’appalto per l’informatizzazione del Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Giarre. Non solo. Pare che la Finocchiaro possa entrare nel Consiglio superiore della magistratura. Ma, a questo punto, sarà il caso? Nel dettaglio, gli imputati devono rispondere di abuso di ufficio e di truffa su un appalto da 1,7 milioni di euro per l’informatizzazione del sistema ospedaliero. Secondo l’accusa, Fidelbo avrebbe fatto delle pressioni indebite sui dirigenti dell’Asp, e dalle indagini risulta che anche Scavone avrebbe avuto un ruolo importante nel favorire l’affidamento dell’appalto alla Solsamb. Ma a sinistra non erano moralmente superiori? Sempre e comunque onestoni?

venerdì 26 ottobre 2012

BERLUSCONI IN VIDEO: LASCIO. AI GIOVANI CHIEDO UN MIRACOLO COME NEL ‘94




PILLOLE di Vincenzo Galassini


BERLUSCONI: PROVO UN GRANDE DISPIACERE

La scelta di non ricandidarsi da parte di Silvio Berlusconi è un gesto nobile, ma mi rattrista profondamente, il Paese sta vivendo un momento di grande difficoltà ed ha bisogno delle sue indiscutibili capacità. Auspico e ritengo che il ritiro di Silvio Berlusconi non sarà necessariamente un addio alla politica. «Ha detto infatti che si impegnerà contro un'eventuale vittoria della sinistra. È un dispiacere per tutti gli italiani, anche per quelli che l'hanno odiato e hanno fatto campagne di odio contro di lui. Lascia la politica il più innovatore, il più fantasioso, il più bravo di quei politici che sono apparsi sulla scena italiana dal dopoguerra ad oggi.  C'è comunque una cosa importante: non dice “chiudo e me ne vado dall'Italia, in vacanza, ma si impegna contro un'eventuale vittoria della sinistra e si renderà disponibile per far crescere e portare in Parlamento una classe dirigente di alto livello e giovane, come ha sempre sognato da molto prima del 1994»  Sul futuro auspico che la forma di partito non sia quella del PDL attuale, credo in un partito  come Forza Italia, che ha  rappresentato una storia di buona amministrazione e rappresentato un'area, quella liberale che s'è stinta: quando abbiamo portato avanti e trasmesso i valori liberali abbiamo vinto. Un pensiero fuori dal coro unanime, torniamo al programma e al partito del 1994 aggiornato al 2013. Vincenzo Galassini
ETICHETTA: 

ANTIPOLITICA……CHISSA’ PERCHE’ VA COSI DI MODA



















PARMA: NON C’ERA IL MAXI BUCO: I GRILLINI RIABILITANO L’EX SINDACO VIGNALI

GRAZIE A SCANDALI FINANZIARI E COMMISSARIAMENTO IL COMUNE EMILIANO E’ FINITO A PIZZAROTTI. “ORA LO RICONOSCE ANCHE IL SUOP ASSESSORE, IL ROSSO NON E’ DI UN MILIARDO MA D I100 MILIONI.D
di Luciano Capone- LIBERO-. Parma è stata la città simbolo del grillismo, una città travolta dalle vicende giudiziarie e  sull’orlo del fallimento. L’allora sindaco Pietro Vignali cercava di difendersi sui conti della città, sosteneva inascoltato che il debito di oltre  un miliardo di euro stimato dal commissario Mario Ciclosi era molto inferiore. Ora proprio la giunta grillina di Federico Pizzarotti sembra dargli ragione. Vignali, cosa è emerso dal consiglio monotematico sulla relazione dell’ex commissario Ciclosi? «Per la prima volta si sono dette le cose come stanno: Parma non è al dissesto, è in una situazione comune a tanti altri centri, alle prese con i tagli dello Stato, le restrizioni del patto di stabilità e la crisi». Lei lo sosteneva già prima, qual è la novità? «Che ora lo dice anche Gino Capelli, il neo assessore al bilancio grillino. Capelli ha svelato la grande bufala del dissesto dei conti, a lungo sbandierato per far cadere e  diffamare la mia giunta». Insomma si parlava di oltre un miliardo di debiti... «No. Secondo il rendiconto ufficiale del 2011, l’indebitamento non è “né di centinaia di milioni” né “di un miliardo” ma di circa 165 milioni, pari a  880 euro per abitante. Parma ha un bilancio migliore di città come Milano, Torino,  Siena e secondo il ministero dell’Interno è oltre il cinquantesimo posto nella classifica di indebitamento».


giovedì 25 ottobre 2012


Caro Vincenzo,
per amore dell’Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d’amore che mi spinsero a muovermi allora. Non ripresenterò la mia candidatura a Premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol. Ho ancora buoni muscoli e un pò di testa, ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività  Con elezioni primarie aperte nel Popolo della Libertà sapremo entro dicembre chi sarà il mio successore, dopo una competizione serena e libera tra personalità diverse e idee diverse cementate da valori comuni. Il movimento fisserà la data in tempi ravvicinati (io suggerisco quella del 16 dicembre), saranno gli italiani che credono nell’individuo e nei suoi diritti naturali, nella libertà politica e civile di fronte allo Stato, ad aprire democraticamente una pagina nuova di una storia nuova, quella che abbiamo fatto insieme, uomini e donne, dal gennaio del 1994 ad oggi.  Lo faranno con un’investitura dal basso nella quale ciascuno potrà riconoscere non solo i suoi sogni, come in passato, e le sue emozioni, ma anche e soprattutto le proprie scelte razionali, la rappresentanza di idee e interessi politici e sociali decisivi per riformare e cambiare un paese in crisi, ma straordinario per intelligenza e sensibilità alla storia, che ce la può fare, che può tornare a vincere la sua battaglia europea e occidentale contro le ambizioni smodate degli altri e contro i propri vizi. Siamo stati chiamati spregiativamente populisti e antipolitici della prima ora.  Siamo stati in effetti sostenitori di un’idea di alternanza alla guida dello Stato sostenuta dal voto popolare conquistato con la persuasione che crea consenso. Abbiamo costruito un’Italia in cui non si regna per virtù lobbistica e mediatica o per aver vinto un concorso in magistratura o nella pubblica amministrazione. Questa riforma ’populista’ è la più importante nella storia dei centocinquant’anni dell’unità del Paese, ci ha fatto uscire da uno stato di sudditanza alla politica dei partiti e delle nomenclature immutabili e ha creato le premesse per una nuova fiducia nella Repubblica.
Sono personalmente fiero e cosciente dei limiti della mia opera e dell’opera collettiva che abbiamo intrapreso, per avere realizzato la riforma delle riforme rendendo viva, palpitante ed emozionante la partecipazione alla vita pubblica dei cittadini. Questo non poteva che avere un prezzo, la deriva verso ideologismi e sentimenti di avversione personale, verso denigrazioni e delegittimazioni faziose che non hanno fatto il bene dell’Italia. Ma da questa sindrome infine rivelatasi paralizzante siamo infine usciti con la scelta responsabile, fatta giusto un anno fa con molta sofferenza ma con altrettanta consapevolezza, di affidare la guida provvisoria del paese, in attesa delle elezioni politiche, al senatore e tecnico Mario Monti, espressione di un Paese che non ha mai voluto partecipare alla caccia alle streghe. 
Il presidente del Consiglio e i suoi collaboratori hanno fatto quel che hanno potuto, cioè molto, nella situazione istituzionale, parlamentare e politica interna, e nelle condizioni europee e mondiali in cui la nostra economia e la nostra società hanno dovuto affrontare la grande crisi finanziaria da debito. Sono stati commessi errori, alcuni riparabili a partire dalle correzioni alla legge di stabilità e ad alcune misure fiscali sbagliate, ma la direzione riformatrice e liberale e’ stata sostanzialmente chiara. E con il procedere dei fatti l’Italia si e’ messa all’opera per arginare con senso di responsabilità e coraggio le velleità neocoloniali che alcuni circoli europei coltivano a proposito di una ristrutturazione dei poteri nazionali nell’Unione Europea. Il nostro futuro è in una Unione più solida e interdipendente, in un libero mercato e in un libero commercio illuminato da regole comuni che vanno al di là dei confini nazionali, in una riaffermazione di sovranità che è tutt’uno con la sua ordinata condivisione secondo regole di parità e di equità fra nazioni e popoli. Tutto questo non può essere disperso. La continuità con lo sforzo riformatore cominciato diciotto anni fa è in pericolo serio. Una coalizione di sinistra che vuole tornare indietro alle logiche di centralizzazione pianificatrice che hanno prodotto la montagna del debito pubblico e l’esplosione del paese corporativo e pigro che conosciamo, chiede di governare con uno stuolo di professionisti di partito educati e formati nelle vecchie ideologie egualitarie, solidariste e collettiviste del Novecento. Sta al Popolo della Libertà, al segretario Angelino Alfano, e a una generazione giovane che riproduca il miracolo del 1994, dare una seria e impegnativa battaglia per fermare questa deriva.


PDL: ZOCCOLO DURO PER LA RISALITA.



Chi governerà l'Italia dopo le politiche del 2013? Lasciate perdere i sondaggi: con oltre il 50 per cento di indecisi, potenziali astenuti e disillusi a vario titolo, ogni previsione risulta falsata. A cominciare da quelle che danno il Pd davanti al Pdl. O meglio: una sinistra che in versione rosso intenso, con i democratici alleati di vendoliani e paleo-socialisti, che supererebbe il centrodestra da una parte, i centristi dall'altra.  Ecco il primo elemento che rende fasulli i sondaggi. Non abbiamo un centrosinistra contro un centrodestra, ma la sinistra contro tutti. Rinnegata l'alleanza strategica con l'Udc, il Pd di Bersani si accorda con gli ex di Rifondazione. Unico caso nel mondo di sedicenti progressisti che non puntano a conquistare il ceto medio centrista. E quindi: a questo punto che farà Pier Ferdinando Casini, dopo anni di indipendenza da Prodi prima, da Berlusconi dopo, ma di sostegno convinto al governo Monti? Consegnerà le chiavi di casa ad una sinistra più estrema di quella fallita con l'Unione prodiana?
Secondo dato. Oltre la metà degli elettori sono da conquistare. Togliendo la quota fisiologica di astenuti, si tratta di circa il 30 per cento del corpo elettorale. Per opinione unanime dei sondaggisti, la sinistra ha praticamente già raschiato il fondo del barile, aiutata anche dalla visibilità mediatica delle primarie e dello scontro Bersani-Renzi. Ma, come ha detto il sindaco di Firenze, "con Bersani questa sinistra non va oltre il 25 per cento". Il resto, dobbiamo convincerlo a tornare con noi e scegliere la nostra proposta. E si tratta di ciò che faremo.  Il nostro zoccolo duro attuale, che ha resistito a cali di polarità, al malcontento verso il governo Monti, alla crisi economica ed agli scandali locali, può dunque raddoppiare.


NUOVA BUFERA SUL PD: LA SEGRETARIA DI SERSANI E’ INDAGATA PER TRUFFA.


IN REGIONE EMILIA-ROMAGNA CREATO AD HOC UN INCARICO. MA LEI CONTINUIA A LAVORARE PER IL LEADER DEL PD A ROMA.
Sergio Rame - Una nuova bufera rischia di travolgere il Partito democratico. A Bologna Zoia Veronesi, la storica segretaria del leader piddì Pier Luigi Bersani, è indagata per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia Romagna.  "Ogni volta che ci sono le primarie - commentano dallo staff di Bersani - esce questa storia della segretaria di Bersani". L’inchiesta dei pm bolognesi si è messa in moto nel 2010 in seguito a un esposto del deputato finiano Enzo Raisi. Secondo gli inquirenti, dopo aver terminato l’esperienza al ministero dello Sviluppo, la Regione Emilia Romagna avrebbe stato creato per la Veronesi un incarico ad hoc che le consentiva di continuare a seguire a Roma l’attività del segretario del Pd. "Dopo la vittoria di Bersani alle primarie - aggiungono dallo staff di Bersani - la Veronesi si è poi dimessa dall’incarico in Regione". Secondo Raisi, però, la notizia dell’indagine dimostrerebbe che l'esposto è fondato."Il pubblico ministero ci ha invitato a rendere interrogatorio - ha commentato l'avvocato Paolo Trombetti, difensore della Veronesi - cosa che faremo senz’altro perché abbiamo interesse a chiarire che non c’è stata nessuna irregolarità da parte di chiunque".


mercoledì 24 ottobre 2012

BOLOGNA SABATO 3 NOVEMBRE PDL REGIONALE SENIORES EMILIA-ROMAGNA: SIAMO IN UN PERIODO DI INCERTEZZA E DI DEBOLEZZA POLITICA



Sabato 3 novembre p.v. ore 16 Bologna,  sede regionale del PDL via  Santo Stefano n°43 Discuteremo di:  IL FUTURO DEL PDL; LEGGE ELETTORALE; QUALI SONO LE PROVINCE RIMASTE IN Emilia Romagna?; ORGANIZZAZIONE EVENTI NELL’ANNO 2013  con: - Gabriella Pezzuto Bianchi:  Cordinatore Regionale della Consulta  Seniores Emilia Romagna. - On. Enrico Pianetta: Presidente Nazionale  Consulta Seniores del PdL. - SenGiampaolo Bettamio: Vice-Coordinatore Regionale PdL Emilia Romagna. importante non mancare

DEBITO PUBBLICO NEL CORSO DEL 2012 CON MONTI E’ AUMENTATO DI 282 MILIONI DI EURO AL GIORNO.


NEL 2011, QUANDO C’ERA BERLUSCONI, ERA CRESCIUTO DI 152 MILIONI OGNI 24 ORE
Manca meno di un mese al primo compleanno dei Prof. Il 18 novembre 2011, infatti, Mario Monti e i suoi ministri incassavano la fiducia (record di ogni tempo nella storia della repubblica con 556 sì) della Camera. Da quel giorno, il debito pubblico italiano ha preso a galoppare all’impazzata: roba che, a confronto, il Cavaliere e i suoi erano dei ronzini stanchi. Il dato, l’ultimo di una lunga serie e che smentisce il “miracolo” di cui Monti e i suoi si vantano a chiacchiere, arriva da un’indagine del Centro studi Unimpresa (Associazione di categoria delle micro, piccole e medie imprese), che ha preso in esame l’andamento del debito pubblico nostrano nel corso degli ultimi due anni: 2011 e 2012. Dice Unimpresa che egli ultimi 24 mesi il debito pubblico italiano è cresciuto di quasi 126 miliardi di euro, passando da 1.849 miliardi a 1.975 miliardi (assai vicino alla soglia “psicologica” dei 2.000 miliardi). Dei 126 miliardi accumulati tra il mese di settembre 2010 e lo scorso agosto, oltre il 66%, pari a 83,9 miliardi, si riferisce agli ultimi 12 mesi; fino a settembre 2011, invece, il «buco» nei conti statali del Paese era aumentato di 41,8 miliardi. Nei primi otto mesi del 2012, il buco è aumentato di quasi 70 miliardi, con una media di 8,6 miliardi al mese, cioè 282 milioni di euro al giorno. Tale media giornaliera scende a 152 milioni di euro se si guarda a tutto il 2011, governato fino ai primi di novembre da Berlusconi.  “Con questi dati – spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – non vogliamo entrare in polemica con la politica e in particolare col Governo guidato dal professor Mario Monti. Tuttavia, come molti osservatori in questa fase cerchiamo di contribuire al dibattito con gli addetti ai lavori in una fase delicatissima per il futuro del Paese”. Libero

QUALCOSA SI MUOVE ALCUNI RISPARMI IN PROVINCIA. SCOPPIERA’ LA GUERRA?


Qualcosa finalmente si muove per risparmiare i nostri euro. Oggi il consiglio provinciale di Ravenna, in forza all’art. 23 del  decreto SALVA ITALIA ha cominciato a ridurre le spese inutili portate avanti da 40 anni dalla sinistra  revocando dal 2013 l’adesione al “coordinamento nazionale enti locali  per la Pace”, “ Fondazione romagnola per le vittime dei Reati” e infine “Associazione Italiana dei9 comuni , delle Province, delle Regioni e altre comunità Roma” la somma complessiva annuale ammonta a 5.000 euro che per 40 anni fanno una bella somma, Un primo inizio usciremo in tante altre. Il pericolo rischiamo senza partecipare a questi inutili ad una Guerra? Poveri pacifisti.

PER CHI VUOLE FARE LO SCRUTATORE ENTRO NOVEMBRE

CI SI PUO’ ISCRIVERE PRESSO OGNI COMUNE (PERO’ LE NOMINE LE FANNO I PARTITI
Leggi un manifesto tipo oppure recarsi presso l’ufficio elettorale del proprio Comune.
partiti)

OTTO BUONE RAGIONI CONTRO LA TOBIN ALL’ITALIANA


INVOCATA STORICAMENTE DALLA SINISTRA E DA TANTI IN BUONA FEDE, AVRA’ EFFETTI NEGATIVI DOVUTI AL MODO CON CUI E’ STATA CONGEGNATA
Otto buone ragioni contro la Tobin Tax all’italiana istituita dal governo Monti. La tassa sulle transazioni finanziarie è un mantra invocato sia storicamente dalla sinistra sia da tanti in buona fede, contro i tanto deprecati eccessi della finanza a scapito dell’economia reale. Vediamo perché a mio modo di vedere la tassa istituita dal governo Monti è sbagliata, e avrà effetti negativi dovuti a come è stata congegnata.  Primo, esporta flussi finanziari. Da sempre è noto, e più volte è stato ammesso anche dal suo ideatore, che in mercati aperti e globalizzati dei capitali una tassazione sulle operazioni finanziarie o è condivisa e analoga tra le maggiori aree finanziarie mondiali, oppure semplicemente si riduce in un arbitraggio da parte del mercato. Cioè nel fatto che chiunque può veste od effettua le operazioni o su piattaforme del tutto non regolamentate o semplicemente su mercati diversi da quelli che hanno istituito la tassa. E’ un effetto negativo che la stessa relazione tecnica annessa al provvedimento varato dal governo non solo riconosce, ma lo cifra in una – spaventosa – riduzione del 30% per quanto riguarda il mercato azionario italiano, e dell’80% addirittura del valore nozionale del mercato dei derivati. Secondo, non è nemmeno europea. Nella grande contesa europea, sono solo 11 i paesi che dichiarano di adottarla. Naturalmente Regno Unito escluso, che per l’importanza della sua piazza finanziaria giustamente pensa di lucrare dalla inettitudine dei tassatori. In più, neanche negli 11 euromembri il modello dell’imposta è unico, come al solito ciascuno fa come crede a casa sua. Risultato: alla delocalizzazione finanziaria dall’Italia extra Ue, si aggiungerà quella intra-Ue. Terzo, non colpisce neanche in maniera omologa la cosiddetta speculazione (che poi tale non è, ma lasciamo perdere).

NIKI VENDOLA VIOLA VOLONTARIAMENTE IL PATTO DI STABILITA’


SACRIFICI BUTTATI A LVENTO. IL MEZZOGIORNO E’ LA PROVA CHE I SOLDI PUBBLICI NON FANNO CRESCITA
L'economista ed ex senatore del Pd Nicola Rossi è tranchant: «Un errore gravissimo la volontaria violazione del patto di stabilità». L'operazione del governatore pugliese Nichi Vendola di non rispettare i tetti di spesa, ha - a sentire il prof barese - due conseguenze: «Le sanzioni che il governo applicherà a partire dal prossimo anno» e «la convinzione che gli investitori stranieri si faranno, di una Italia che non rispetta le regole». Lo "sforamento" di Vendola - impegnato come si ricorderà nelle primarie del centrosinistra - Rossi lo iscrive in un quadro molto più ampio e che si collega ad una condotta più generale dell'intera coalizione. «Già oggi abbiamo visto la richiesta di Bersani di un allentamento dei paletti utili al pareggio di bilancio. Ora, la scelta di Vendola mi fa capire che in realtà è la scelta di tutto il centrosinistra: non rispettare gli impegni assunti. E la trovo una cosa molto grave, perché l'unica cosa che non ci possiamo permettere è quella di dire al mondo che non vogliamo rispettare gli impegni assunti dal governo Monti ». Nelle intenzioni di Vendola c'è la volontà di sbloccare il confinaziamento dei fondi europei, giusto per (ri)mettere in moto l'economia. «Guardi - riprende Rossi - se cerchiamo un luogo per testimoniare come i soldi pubblici non facciano crescita, il Mezzogiorno è l'area ideale. Quelle risorse servono solo a foraggiare un'ampia intermediazione politica. Il problema vero è un altro: ci abbiamo messo un'anno a recuperare la fiducia dei mercati, scelte di questo tipo sono deleterie». E se ci fosse, allo sforamento, una ragione elettoralistica? «Beh, sarebbe ancora più grave».
Dal Corriere del Mezzogiorno, 19 ottobre 2012

martedì 23 ottobre 2012

BIANCOFIORE SPACCA TUTTO: PARTITO MORTO, BASTA POLITICA “ALLA GASPARRI”



Michaela Biancofiore, deputata del Popolo della Libertà. Alfano? ‘Il partito gli si e' sgretolato tra le mani e ora che ha capito come e quanto Berlusconi si senta distante e distinto dal Pdl, tenta dei colpi di coda’.  Non ha peli sulla lingua Michaela Biancofiore, deputata del Popolo della Libertà, e le cose che pensa le dice in maniera chiara. Un po’ come Daniela Santanchè, la “rottamatrice” del PdL. E come l’ex sottosegretario del governo Berlusconi, Biancofiore è convinta che il partito fondato da Berlusconi ormai sia morto, “fi-ni-to”, e che si debba ricominciare tutto dall’inizio. E per farlo non basta certo un cambio di nome, spiega intervistata dal Corriere della Sera: servono facce nuove e bisogna smetterla con un modo di fare politica “alla Gasparri”. Lei è orgogliosa di essere fra le “amazzoni azzurre” e spiega che non si tratta di una “stupida iniziativa di quattro donnette nostalgiche di Forza Italia che non si rassegnano al disastro in cui e precipitato il partito, come vorrebbero far credere in giro certi maschietti della nostra nomenclatura”. Gli uomini che la raccontano in questo modo, sono proprio quelli “che hanno deplorato le parole di Daniela Santanche, la quale ha suggerito a tutti e tutte di dimettersi, considerando conclusa l'esperienza del Pdl. Si tratta di una decina di deputati che non accettano la realtà e lavorano per difendere le proprie posizioni di potere”. Solo dieci? Sì, perché tutti gli altri, 250, in realtà “pensano che Daniela abbia ragione”. Dunque? La verità è che gli ex An hanno rovinato il partito: il loro modo di fare è completamente diverso a quello degli ex forzisti. Biancofiore lo spiega così: il partito “ha pagato e paga l'arrivo degli ex An che hanno portato un modo di fare politica a noi forzisti sconosciuto. Per noi la politica e sempre stata fondata sul merito e non sulla clientela”. Gli ex An, da Gasparri a La Russa fino ad arrivare a Meloni e Gasparri – sì, Biancofiore nell’intervista li cita tutti per nome – “per qualche settimana hanno pensato seriamente di rimettere insieme i cocci di Alleanza nazionale, magari riabbracciando pure il vecchio camerata Storace. Poi però hanno fatto fare qualche sondaggino…”. Risultato? “Una nuova An starebbe, si' e no, intorno al 5%”. Marcia indietro, dunque, con questi numeri difficile fare bene. Angelino Alfano? “Il partito gli si e' sgretolato tra le mani e ora che ha capito come e quanto Berlusconi si senta distante e distinto dal Pdl, tenta dei colpi di coda”. Ma una cosa deve essere chiara a tutti: piaccia o no, senza il Cavaliere “non si va da nessuna parte”.

RITIRO BERLUSCONI UN DISPIACIERE PER 50% ITALIANI: IL CAVALIERE E’ ANCORA IL PIU’ FRESCO DI TUTTI



Roma, 22 ott. "Se Berlusconi si facesse da parte sarebbe un dispiacere per il 50% della popolazione italiana". Lo afferma a Tgcom24 Michaela Biancofiore, deputata del Pdl. "Alla fine - prosegue - la scelta spetta a lui. Le vere primarie le ha fatte Berlusconi nel 2008 prendendo i voti degli italiani. Quella di Monti è un'esperienza da cambiare. Berlusconi ha fatto degli errori, uno su tutti quello di non sapersi scegliere le persone più vicine. Berlusconi non è vecchio è ancora il più fresco di tutti e il Pdl non rispecchia più il suo leader. Lui è un Erasmo da Rotterdam, lui è l'elogio della follia, lui piace alla gente"

UN GOVERNO DI TECNICI CHE COMMETTE MOLTI ERRORI “TECNICI”, PROPRIO COME FOSSE UN GOVERNO DI INCAPACI CHE SONO ARRIVATI LI DOPO UNA VITA DA RACCOMANDATI-


Strano che questi tecnici commettano tanti errori tecnici… ironizzava Tremonti qualche giorno fa alla televisione. La legge Fornero, che a dire della tecnica si proponeva di aumentare la «flessibilità in entrata» nel mondo del lavoro e creare tanti «posti fissi», in realtà sta producendo rigidità in uscita, ossia licenziamenti di gente con i contratti a tempo determinato. Gli esodati senza salario né pensione sono un effetto collaterale di un altro errore tecnico dei tecnici. E il decreto anti-corruzione? Annunciato con la consueta grancassa mediatica: «Via i condannati dal parlamento» (aspetta e spera i tre gradi di giudizio), invece rende, di fatto, impossibile perseguire la corruzione, un esempio tra i tanti: mette infatti sullo stesso piano penale il pubblico funzionario che esige denaro, e il privato che è costretto a darglielo, in modo da esser sicuri che il ricattato privato non denuncerà mai il corrotto, perché finirebbe in galera con lui. Tutta questa grande riforma è definita «un passo indietro» dal Consiglio Superiore della Magistratura.

PROVINCE: IN EMILIA ROMAGNA RIORDINO LE RIDUCE DA 9 A 4, DOMANI IL VOTO IN REGIONE


Bologna, 21 ott. - (Adnkronos) - L'aula dell'assemblea legislativa dell'Emilia Romagna voterà domani il riordino delle Province, per ratificare la proposta di giunta gia' approvata a maggioranza (astenuti Pdl, Lega nord, Movimento 5 stelle e Udc) dalla commissione Affari, generali e istituzionali. La delibera recepisce di fatto il parere del Cal approvata con 34 voti favorevoli, 1 astenuto (il sindaco di Parma Federico Pizzarotti) e 5 dichiarazioni di non voto. In Emilia Romagna le Province passeranno da 9 a 4. Nello specifico, il riassetto prevede che dall'accorpamento delle 3 attuali province di Ravenna, Forli'-Cesena e Rimini nasca un'unica 'Provincia di Romagna'; le province di Reggio Emilia e Modena verranno accorpate nella 'Provincia di Reggio Emilia e Modena', come pure le attuali province di Parma e Piacenza, che daranno vita a un nuovo e unico ente. Nessun cambiamento, al contrario, e' previsto per la Provincia di Ferrara, dal momento che rientra nei parametri di popolazione e di territorio previsti dalle norme del Governo. Un percorso a parte e' quello della Provincia di Bologna, che verra' abolita di fronte alla futura Bologna citta' metropolitana. Dopo l'ok dell'aula di Viale Aldo Moro la proposta sara' al Governo entro il 24 ottobre come stabilito dalla norma nazionale, ma in Emilia Romagna la polemica e' ora attorno ai nomi da attribuire ai nuovi enti. A insorgere e' il Pdl. I consiglieri regionali Andrea Leoni e Luigi Giuseppe Villani avevano infatti presentato due emendamenti per cambiare le denominazioni delle due nuove province di 'Reggio Emilia e Modena' e di 'Piacenza e Parma' nel loro inverso e cioe' 'Modena e Reggio Emilia' e in 'Parma e Piacenza'. Entrambi i documenti sono stati bocciati in sede di commissione.

domenica 21 ottobre 2012

I FORLIVESI ATTACCANO IL PRESIDENTE ERRANI PER IL FALLIMENTO DELL’AEREOPORTO.


ANCHE A RAVENNA DOVREBBE NASCERE UN COMITATO DEL GENERE PER I BUCHI MILIARDARI DEL CONSORZIO E …….…
Amministratori comunali a processo da parte dell'Associazione ex consiglieri comunali del Comune di Forlì, il cui presidente è Romano Baccarini, ex senatore Dc, vice è l'ex sindaco Nadia Masini e segretario Flavio Giunchi, ex consigliere PdL. Un incontro dedicato al tema delle infrastrutture, con duri attacchi - come riportato dalla stampa alcuni giorni fa - all'amministrazione in carica.  Con una nota, intanto, i "vecchi leoni" della politica di dicono dispiaciuti "per l'assenza alla manifestazione di rappresentanti politici della maggioranza che non essendo stati presenti non hanno colto il senso dell'iniziativa. Così come l'Amministrazione comunale, anch'essa assente, avrebbe potuto, partecipando, esprimere le proprie posizioni ed esplicitare i propri progetti e ribattere nel merito le critiche che inevitabilmente emergono quando la discussione è vera e le posizioni possono essere diverse".
L'Associazione, sostiene di avere "come unico obiettivo lo sviluppo delle nostre comunità, ha voluto richiamare l'attenzione e l'interesse degli addetti ai lavori e non sull'importanza di compiere una riflessione, seria, sulla politica infrastrutturale ed essere di stimolo a chi governa a non sottovalutare questi argomenti". "La grave crisi che attanaglia il nostro Paese - ha detto Romano Baccarini che presiedeva l'incontro - non può esimerci da una progettualità su questa grande problematica e la mancanza di risorse non può giustificare atteggiamenti dilatori o peggio che non affrontano i nodi dello sviluppo e della crescita". "Già dalla riflessione e dall'esame del PRIT sono emerse tutta una serie di criticità, di insufficienze e di ritardi che riguardano in particolare l'area forlivese - ha sostenuto Danilo Casadei che ha preso la parola dopo Baccarini - ritardi e insufficienze che ritroviamo anche sul versante delle infrastrutture". Il confronto della serata si è incentrato prevalentemente su alcune grandi questioni: L'Aeroporto "Luigi Ridolfi" Lo Scalo Merci di Villa Selva La Via Emilia Bis con la Cervese e la nuova E55. Diversi gli interventi che si sono succeduti: l'Assessore provinciale Maurizio Castagnoli, il Vice Presidente della provincia Guglielmo Russo, i capi gruppo consiliari Alessandro Rondoni e Andrea Pasini, i consiglieri della Lega Nord Paola Casara e Gianluca Zanoni e l'ex Sindaco di Forlì Franco Rusticali. L'associazione degli ex consiglieri attacca la Regione e il presidente Vasco Errani, nella sua nota, attribuendo la dichiarazione all'assessore provinciale Maurizio Castagnoli: "Un dato comune a tutti è stata la stigmatizzazione del ruolo avuto dalla Regione soprattutto per l'incapacità di svolgere la funzione di coordinamento e indirizzo sul sistema aeroportuale, sulla vicenda dello scalo merci e più in generale sull'intero sistema della mobilità regionale. Con l'emiliano Bersani la Regione aveva fatto sostanziosi passi in avanti. Con il romagnolo Errani il progetto aeroporti è fallito miseramente e il PRIT è nato vecchio".

PATRONI GRIFFI: VA AVANTI IL RIORDINO DELLE PROVINCE



Il processo di riordino delle province va avanti nonostante si avvicini il momento della verità davanti alla Corte costituzionale. All'assemblea Anci di Bologna il ministro della pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, ha confermato che la prossima pronuncia della Consulta (che dovrà esprimersi sulla legittimità della trasformazione delle province in enti di secondo livello) attesa per i primi giorni di novembre non rallenterà l'emanazione del decreto legge di riordino con cui il governo recepirà le indicazioni delle regioni e dei Cal (Consigli delle autonomie locali) sugli accorpamenti. «Abbiamo massimo rispetto per quello che deciderà la Corte», ha detto il numero uno di palazzo Vidoni, «ma siamo pronti ad apportare correzioni in corsa al decreto (che dovrebbe essere licenziato il 26 ottobre dal consiglio dei ministri ndr) alla luce della pronuncia della Consulta.  In ogni caso il procedimento di riordino andrà avanti». E a questo proposito Patroni Griffi non ha rinunciato a togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Il giudizio del ministro sull'operato dei Cal e delle regioni è positivo, ma, ammette, «non sono mancate resistenze conservatrici». Il riferimento è a quegli enti che in questi giorni stanno strumentalmente difendendo la sorte delle proprie prefetture nella speranza di sopravvivere. «Non ho mai visto un attaccamento così forte delle province alle prefetture», ha commentato con una punta di ironia. Il ministro è intervenuto anche sul disegno di legge in materia di semplificazioni approvato martedì dal consiglio dei ministri. E in particolare su una norma che ha suscitato qualche polemica, ossia l'eliminazione del silenzio-rifiuto in edilizia. Patroni Griffi ha chiarito che la riforma punta a eliminare un istituto «non normale in un paese civile» obbligando la pubblica amministrazione a esprimersi con un provvedimento espresso, positivo o negativo che sia. Ma resta l'impossibilità di rilasciare permessi di costruire in zone vincolate.

FRANCIA E ITALIA: E’ PIU’ FACILE TASSARE CHE TAGLIARE


ENTRAMBI I PAESI SI MISURANO CON UN DEBITO ESORBITANTE, UN SETTORE STATALE PREPONDERANTE, UNA SPESA PUBBLICA ECCESSIVA, POCA COMPETITIVITA’ E UN GRAN BISOGNO DI RIAVVIARE AL PIU’ PRESTO UN  PROCESSO DI CRESCITA QUANDO I “RICCHI” SPOSTANO I LORO YACHT A PIANGERE SONO SOLO I POVERI-.
Francia e Italia: due paesi a confronto con la crisi. Anche se le differenze sono notevoli - principalmente perché in Francia lo Stato c’è e funziona - i due paesi hanno simili problemi: un debito esorbitante, un settore statale preponderante, una spesa pubblica eccessivapoca competitività e un gran bisogno di riavviare al più presto un virtuoso processo di crescita. Le vecchie ricette fondate sull’illusione dirigistica di trovare la giusta “politica industriale” per far ripartire l’economia non hanno funzionato né in Francia né in Italia.
Così, faute de mieux si ricorre all’imposizione fiscale. E’ quanto sta accadendo con la prima finanziaria dell’era Hollande: 20 miliardi di imposte in più, divise tra imprese e privati, alle quali si aggiunge l’effetto trascinamento delle misure già decise in precedenza.  C’è per la verità anche la promessa di una diminuzione di 10 md di spesa pubblica.  Ma come accade spesso in questi casi, le imposte restano e le promesse, al di là delle migliori intenzioni, sfumano. E’ quanto è successo in Italia, dove il governo Monti ha immediatamente inasprito la pressione fiscale e si è poi dovuto confrontare con le resistenze dell’apparato statale e delle varie lobbies che rischiano di rendere vani o comunque spostare nel tempo i tagli promessi nella così detta spending review. Anche le recenti

E IO PAGO: STIPENDI MANEGER HERA SUPERIORE A QUELLO DI OBAMA?


SUGLI STIPENDI DEI MANAGER HERA SERVIREBBE UNA RACCOLTA DI FIRME:

Sull’esosità degli stipendi degli amministratori di Hera siamo costretti a sorbirci dichiarazioni che rasentano l’indecenza, vedi l’ultima del Sindaco di Ravenna Matteucci, che ha osato sostenere come Il Presidente Hera sia sottopagato! Tesi non tanto differente da quella sostenuta dal Sindaco Malpezzi in Consiglio Comunale di Faenza si vede che è la linea dettata dal partito alla quale anche uno che è sceso in campo dicendo di avere le mani libere come Malpezzi si è adeguato. C’è chi sostiene che Il Presidente di Hera guadagna più o meno il doppi del Presidente degli Stati Uniti d’America.
Credo si debba pensare seriamente ad una raccolta firme popolare su scala almeno romagnola per chiedere che quegli stipendi, che gridano vendetta, siano ridotti visto che sono i Comuni i soci di maggioranza di Hera S.p.a.  Raffaella Ridolfi Capo Gruppo PDL Comune di Faenza

venerdì 19 ottobre 2012

ALTRO CHE PD, SONO TORNATI I COMUNISTI.


CAMBIANO I TEMPI, MA LA SINISTRA E’ SEMPRE QUELLA DI BOTTEGHE OSCURE
Salvatore Tramontano - Sotto sotto continuano ad alzare il pugno chiuso.  Cambiano i tempi, ma la sinistra è sempre quella di Botteghe Oscure. L’anima del Pd in questa stagione da autunno dei tecnici appare ancora più rossa. Il lato cattolico, bianco, da ex democristiani, sta perdendo la sua battaglia culturale per rendere questo partito qualcosa di diverso dall’ultimo clone dei post Pci. Franceschini e Fioroni fanno tappezzeria, la Bindi pretende che la si chiami presidente, ma la sua stella è in caduta libera, le sue ambizioni puntano al Quirinale, ma tra i suoi colleghi pochi la sopportano. Franco Marini è un vecchio signore con un passato da sindacalista e i prodiani vivono di rimpianti. L’unico con il Dna da democristiano che si sta giocando una partita da protagonista è Matteo Renzi, ma la sua identità si fonda più sul rinnovamento generazionale che sullo scudo crociato. La classe dirigente del Pd, e i cortigiani più o meno intellettuali, considerano Renzi un alieno, un virus berlusconiano da debellare. Non è un caso che l’Unità ,quotidiano del Pd, ma pur sempre fondato da An­tonio Gramsci, tratti il sindaco di Fi­renze come il nuovo nemico pubblico numero uno. Lo fa con un editoriale che liquida Renzi e la sua campagna di rottamazione con due parole: rozzo fascismo. Renzi il fascistoide, Renzi il berluscones, Renzi il liberista, Renzi come tutto ciò che in questo momento rappresenta il demonio per la sini­stra. Questo perché al di là di tutte le metamorfosi gli eredi del Pci sono sopravvissuti alla caduta del Muro e alla fine del Novecento. Passano gli anni ma restano e si sen­tono comunisti. Non il comunismo so­vietico, certo, ma figli comunque del­la variante berlingueriana, che fa com­promessi, ma non rinnega nulla del proprio passato. È come il richiamo della foresta. Bersani alla fine se deve scegliere tra Vendola e Casini si butta nelle braccia del primo e poi va a rac­cattare i voti dove può, tanto da ristam­pare la foto di Vasto riesumando il moribondo Di Pietro. L’obiettivo è sempre lo stesso, al governo con il vestito di Arlecchino e pazienza se poi non si riesce a governare. Moriranno da comunisti, ma con il volto nascosto dietro un’intera collezione di maschere

MENTRE SI TASSANO LE PENSIONI DI INVALIDITA’, SI SPENDONO 5 MILIONI PER IL PARCHEGGIO DEI DEPUTATI…


Linea dura del governo: nessuna retromarcia sulle detrazioni, pugno duro sui tagli e sulle tasse, saranno sforbiciati anche gli assegni di invalidità e degli eroi di guerra. Nel frattempo la Camera che fa? Mette a bilancio 5 milioni di euro (esattamente 5.656.00) per il parcheggio degli onorevoli. Proprio così: per dare nuovi posti auto ai circa 300 deputati che raggiungono Montecitorio in auto o in moto non si bada a spese. Lorsignori devono avere tutte le comodità quando vanno in aula per votare leggi lacrime e sangue, e chiedere sacrifici ai cittadini.

NOBEL PER LA PACE ALL’UE. CHE STRAPAGA I SUOI BUROCRATI E AFFAMA I CITTADINI…


By Mario Giordano Dare il premio Nobel per la pace all’Unione europea è un po’ come dare il premio Oscar per la miglior interpretazione a un carciofo bollito. Di tante assurdità cui la giuria di Oslo ci aveva abituato nel tempo, questa è la più incredibile: sono mesi che diciamo che l’Europa non esiste e che i guai che ci sommergono sono provocati proprio da un continente burocratico e cavilloso, che strapaga i suoi dirigenti per occuparsi delle curvature delle banane, mentre lascia i cittadini a morire di fame.  E mai come in questi mesi l’inefficienza disastrosa di Bruxelles ha minacciato la pace nel continente, portando la gente in strada da Atene a Madrid, esasperando gli animi, provocando incidenti e scontri. Chi glielo dice, adesso, ai disoccupati della Grecia che l’Ue ha vinto il Nobel per la pace? Chi glielo dice ai giovani italiani che non trovano più un lavoro nemmeno a pagarlo? Chi glielo dice agli imprenditori spagnoli che falliscono a catena? La mancanza di una politica comune, cioè la mancanza di una vera Unione Europea, è la causa di tutti questi guai.  Come si fa a dare un premio a tutto ciò? Dicono: è un segnale d’incoraggiamento. Ma ciò poteva valere per Obama, premiato ancor prima di essere eletto, senza che avesse combinato nulla né nel bene né nel male. Non per l’Unione europea, che di bene ha combinato poco. E di male, invece, un sacco. Diciamocela tutta: questa è una struttura elefantiaca che non è mai stata in grado di garantire nulla per i suoi cittadini, ma solo per i suoi burocrati. I 44mila dipendenti di Bruxelles sono stati ribattezzati, da una celebre inchiesta di una tv inglese, i “gatti grassi”: mentre le famiglie europee tagliavano i loro bilanci, loro scendevano in piazza per difendere i loro stipendi d’oro (un usciere guadagna  tra i 4 e i 6 mila euro netti al mese, un archivista arriva a 9mila euro, un dirigente supera come niente i 16mila). Solo per gli ex dipendenti nel 2013 spenderemo 1.473 milioni di euro cioè il 34 per cento in più rispetto al 2008. Nel 2010 nel pieno della crisi economica ebbero il coraggio di stanziare un aumento (1500 euro in più al mese) per i portaborse dei deputati. E nello stesso anno furono spesi 2,6 milioni per un nuovo centro  visitatori e 2 milioni per una nuova palestra degli eurodeputati, con tanto di fitness e sala per fisioterapia (motto: coccolatevi un po’, come se non lo facessero abbastanza). Ora questo continente di gatti grassi, di spese folli, di sale fitness e palazzi d’oro, di norme inutili sulla dimensione dei piselli (ortaggi) e sulla gibbosità delle melanzane, questo coacervo di direttive sciocche che pochi giorni fa discuteva sulla necessità di introdurre l’obbligo di catene da neve anche a Lampedusa e Pantelleria, ebbene, questo continente vince il nobel della pace. E a noi, chissà perché, viene una gran voglia di dichiarargli guerra.