La sinistra che pensa di trarre vantaggio dalle
vicende del Lazio, si illude, ha la coscienza sporca e la memoria corta. Se
problemi e malcostume ci sono (come ci sono), riguardano l'intero sistema degli
enti locali, regioni innanzi tutto ma anche comuni e province. E se nel Lazio la crisi è esplosa con molto rumore
e folclore, in altre situazioni il malaffare e le inefficienze delle giunte
rosse sono stati tenuti ben occultati all'opinione pubblica. Parliamo dell'Emilia-Romagna, che non ha ancora
distribuito i fondi raccolti per il terremoto mentre il governatore Pd Vasco
Errani ha concesso un milione di euro alla coop Terre Emerse del fratello
Giovanni. Non lo diciamo noi, lo afferma la procura di Bologna che ha chiesto
il rinvio a giudizio di Errani per falso ideologico. Parliamo della Puglia, dove Nichi
Vendola, promesso sposo (elettorale) di Pier Luigi Bersani è indagato per abuso
d'ufficio nell'inchiesta sulla sanità locale.
E si tratta degli ultimi e penultimi episodi.
Senza contare il caso Penati alla provincia di Milano, le inchieste sul governatore della Liguria su Enav,
finanziamenti alle industrie e addizionali, la bufera giudiziaria che aveva
travolto l'ex sindaco di Genova Marta Vincenzi per tangenti sulle mense
scolastiche. Non saremo certo noi ad affidarci al giustizialismo in politica,
ma non tollereremo neppure l'ipocrisia della sinistra. Tipo quella che, proprio
nel Lazio, ha fatto dimettere i consiglieri del Pd che però continuano a
nascondere l'uso che hanno fatto dei finanziamenti pubblici: mentre saltano
fuori miglia di euro spesi in enoteca e decine di migliaia dati a tv locali.
"Nel contributo a realtà informative
locali non c'è niente di male" si arrampica sugli specchi il
capogruppo Esterino Montino. "Mentre
a Natale abbiamo fatto regali a bambini senza reddito". In enoteca!
La realtà è l'abuso che si è fatto in particolare
della cosiddetta riforma del titolo V della Costituzione, attuata in fretta e
furia nel 2001 dall'Ulivo, che concesse alle regioni pieni poteri di spesa
senza alcun vincolo di controllo. I risultati non sono certo solo i fondi
discrezionali ai partiti (tutti, Pd compreso) dati nel Lazio: come ha
documentato il Sole 24 Ore, ogni
seggio di consigliere costa ai contribuenti 750 mila euro, ed il record va alla
Valle d'Aosta, con 12.048 euro per abitante per il solo funzionamento
dell'apparato regionale. Se invece guardiamo chi si è messo in regola con i
promessi tagli alle poltrone chiesti non solo dal governo Monti, ma per primo
dal nostro governo, troviamo due regioni a statuto speciale amministrate dal
centrodestra, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, e tra quelle a statuto
ordinario due regioni di centrodestra (Lombardia e Veneto) e due di sinistra
(Toscana ed Emilia Romagna).
Il Lazio aveva approvato i tagli, rimasti in
sospeso con le dimissioni. Mentre il resto delle regioni di sinistra, dalla
Puglia vendoliana alla Basilicata, dal Piemonte alla Liguria, continua a far
finta di nulla. Per non parlare del Trentino-Alto Adige, con i suoi principeschi
privilegi finanziati dallo stato italiano. E questo solo per ciò che riguarda
le regioni. Stessi sprechi, stesse inefficienze, stessi abusi nei comuni (basta
vedere la neonata giunta grillina di Parma, o la Napoli di De Magistris) e le
province: dove appunto non dimentichiamo il caso Penati a Milano. E Bersani non
può certo dire "Penati, chi era costui?", come ha provato a fare
Rutelli con Luigi Lusi.
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