Intervista del Presidente
Silvio Berlusconi al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti
Presidente Berlusconi, partiamo dagli
inizi. La discesa in campo. Come avvenne?
«Scendemmo in campo con Forza Italia e, in due mesi, con degli alleati,
la Lega al Nord e Alleanza nazionale al Sud, avemmo la responsabilità di
governare il Paese. Governammo per nove mesi, poi si scatenò la magistratura,
mi mandarono un avviso di garanzia proprio in un momento di visibilità
mondiale. Ero a presiedere a Napoli un vertice internazionale promosso dalle
Nazioni Unite sulla criminalità internazionale. L'avviso di garanzia mi venne
trasmesso tramite il Corriere della Sera,
pur essendo invece una cosa che doveva essere assolutamente riservata. Piombò
come un colpo di clava su di noi e Scalfaro chiamò Bossi e gli disse: "Il
tuo compagno di cordata è caduto nel burrone. Se non ti liberi da lui finirai
nel burrone anche tu". Bossi gli credette, la maggioranza venne meno, noi
ci dimettemmo. Lì Casini e Fini, che sono dei professionisti della politica e
non guardavano al bene dell'Italia ma solo a se stessi, decisero di non dare vita
a un governo di transizione. E quindi andammo alle elezioni ancora divisi da
Bossi».
E alle urne vinse il centrosinistra...
«Consegnammo per cinque anni il
Paese alla sinistra. Ci fu Prodi, Amato, ci furono quattro governi diversi in
cinque anni che cancellarono anche quello che avevamo fatto di buono in nove
mesi. Poi noi vincemmo le Regionali costringendo D'Alema alle dimissioni e nel
2001 ottenemmo un grande risultato che ci permise di governare dal 2001 al
2006».
Cosa successe in quella strana notte dello
spoglio elettorale del 2006? Ce lo racconta?
«Facemmo una grande campagna elettorale e stavamo vincendo, venne da me
il ministro dell'Interno Pisanu a mezzanotte dicendo: "Abbiamo vinto per
300mila voti". Poi si fermarono le comunicazioni da alcune regioni,
Campania e Calabria, e la sinistra prevalse per 24mila voti. Trasformarono in
voti per loro tutte le schede bianche. Vinsero, ma con una coalizione
composita, e durarono meno di due anni per cui noi nel 2008 andammo alle
elezioni e vincemmo alla grande, e abbiamo governato fino al 14 novembre
dell'anno passato».
In totale quasi dieci anni a Palazzo Chigi
«E in questi quasi dieci anni di governo io ho l'orgoglio di dire che
abbiamo fatto tante cose giuste pur con i limiti che dà a un governo questa
Costituzione. Abbiamo fatto circa quaranta riforme. Impostato dall'Alta
velocità a tantissime opere pubbliche. Avevamo dato l'avvio ai lavori per il
ponte sullo Stretto, ma la sinistra, con Di Pietro ministro, ha cancellato il
nostro lavoro di cinque anni in cinque minuti, dicendo che non era un'opera
prioritaria e lo fece perché è un'opera targata Silvio Berlusconi».
I cantieri e le grandi opere. Poi?
«Grazie alle nostre riforme i ragazzi hanno un anno di libertà, prima
c'era la leva obbligatoria. Non si fuma più nei locali pubblici, mezzo milione
d'italiani ha smesso di fumare e sono calati i casi di cancro ai polmoni. Poi
la riforma dell'università e della scuola. Una lotta alla criminalità mai messa
in campo: inventammo il poliziotto, il carabiniere di quartiere usando i
soldati che stavano inattivi nelle caserme, nei quartieri periferici delle
grandi città. La patente a punti ha portato nell'anno successivo a 91.700
incidenti in meno».
Io mai in ginocchio davanti a Francia e Germania
E uscendo dal confini nazionali, cosa vede?
«In politica estera abbiamo fatto miracoli: l'Italia non contava niente,
era in ginocchio in Europa di fronte alla Germania e alla Francia. Io in
ginocchio non mi sono mai messo di fronte ai leader di questi due Paesi. Molte
volte ho usato il diritto di veto in Europa. Abbiamo rafforzato l'amicizia con
moltissimi Paesi, con i Paesi africani del Mediterraneo, Egitto, Tunisia,
Libia, Libano, e questo ha fatto un grande bene alle nostre imprese che sono
praticamente raddoppiate come presenza durante il nostro governo».
Come ha fatto?
«Già nel '94, nei vari Paesi, chiedevo agli ambasciatori: quante sono le
esportazioni italiane qui? Zero. Quante imprese ci sono qui? Zero. Quante sono
le imprese di qui che hanno aperto sedi in Italia? Zero. Convocai tutti gli
ambasciatori in Italia e dissi: "Voi siete la mano operativa nei vari
Paesi dell'industria italiana; da questo momento basta andare ai cocktail con i
vostri colleghi, siete coloro che devono aiutare le imprese italiane a
diffondere i loro prodotti, cercare dei soci per le imprese italiane, cercare
investitori per farli venire in Italia, cercare cittadini che vengano a fare i
turisti in Italia. E oggi posso dire che gli ambasciatori, i consoli italiani
fanno questo ed è stato un cambiamento epocale».
Lei è stato accusato in politica estera di
praticare la politica del «cucù».
«Ho fatto non la politica del "cucù", o delle pacche sulle
spalle, come mi hanno accusato di fare, ma ho stabilito coni miei colleghi
un'amicizia non solo cordiale ma affettuosa. Per cui è facilissimo trattare le
cose direttamente al telefono».
Ma la storia del cucù di Trieste alla
Merkel da dove nasce?
«La Merkel aveva avuto il "cucù" da Vladimir Putin, che me
l'aveva raccontato, e io quindi l'ho bissato per la facilità di rapporto che
avevo con la Merkel che, oltre tutto, è una mia compagna di partito».
Da dove nascono invece gli attriti con
Sarkozy?
«Avevamo un rapporto molto buono ma a un certo momento ce l'aveva con me
dopo la nomina di Draghi alla Bce. Io avevo ottenuto il suo voto su Draghi,
dopo tutti gli altri colleghi europei, perché pretendeva una continuazione del
suo presidente francese, ma gli facemmo capire tutti che non era il caso. Lui
chiese giustamente che il nostro Bini Smaghi si dimettesse per consentire
l'elezione di un francese. Io garantii. Ma Bini Smaghi oppose una resistenza
forsennata. Resistette, resistette, resistette e alla fine si dimise in tempo
perché io potessi mantenere la promessa. Ma Sarkozy si rivolgeva a me come se
io non avessi mantenuto la parola. Addirittura una volta ci incontrammo fuori
dal Consiglio europeo, gli tesi la mano e lui la scartò. Una persona in cui
l'arroganza vince sull'intelligenza. E i francesi l'hanno capito».
Uno dei grandi temi d'oggi è l'Europa, e la
crisi dell'euro. Da dove nasce?
«Facendo l'Europa, i Paesi sovrani hanno ceduto all'Europa un loro
fondamentale diritto, il diritto a stampare moneta, l'abbiamo dato alla Banca
centrale europea e i Paesi che hanno ereditato dal passato dei debiti
importanti incutono timore negli investitori perché il fatto di non stampare
moneta ha esposto e espone il debito sovrano alla possibilità di un default,
alla possibilità di un fallimento».
E il debito italiano è altissimo...
«Noi abbiamo il 120% del debito rispetto al Pil, il Giappone ha il 238%,
ma riesce a collocare i titoli del debito pubblico all'1%, come mai? Perché chi
investe è sicuro che al momento del rimborso avrà i suoi soldi perché la banca
giapponese può stampare nuova moneta. Svaluta la moneta nel suo complesso, ma
la svalutazione è di cifre piccolissime. Chi può stampare moneta non crea
ipotesi di rischio, paura, timore negli investitori».
Ma il ruolo di Berlino è decisivo in questo
senso.
«La Germania, invece, per il
timore dell'inflazione che le deriva dalla Repubblica di Weimar, non consente
che la Bce si assuma il rischio dei debiti pubblici dei Paesi e che batta euro
in più. E questo è un mattone che pesa sullo sviluppo europeo in una maniera
tragica».
Chi può far diminuire lo spread?
«L'Europa. Ed è nato un nuovo ente europeo: l'Esm, cioè il fondo d'aiuto
per contrastare lo spread. Ma ha delle regole che difficilmente lo faranno
funzionare, perché bisogna avere la maggioranza dell'80% degli Stati. Se
Germania, Finlandia, Polonia non sono d'accordo, non si fa nulla. Quindi è più
che altro un qualcosa fatto intravedere ma sulla cui reale capacità e
possibilità di funzionare esistono dei dubbi grandissimi».
Ci sarà pure un aspetto positivo.
«L'unica cosa positiva è che Draghi ha detto che stamperà moneta per
acquistare titoli del debito pubblico quando questi non trovassero investitori
privati. Lo spread da 535 è calato a 335, ma è una cosa provvisoria. Non si sa
se l'Esm potrà funzionare e chi ne usufruirà dovrà sottostare alle indicazioni
per la riduzione del proprio debito pubblico».
Come le norme sul Fiscal compact?
«Il Fiscal Compact impone ai
Paesi che hanno più del 60% del debito pubblico di ridurre del 5% all'anno il
debito stesso. L'Italia dovrebbe ridurre il suo debito di 40-50 miliardi ogni
anno, cosa assolutamente impossibile. Anzi, sarebbe possibile se l'economia
fosse in crescita, ma se si aumentano pressione fiscale e tasse non si sostiene
la crescita e si va verso una recessione indefinita».
Auspico un’Europa che aiuti i Paesi debitori
Invece come dev'essere l'Europa?
«Solidale, deve sostenere i Paesi debitori senza imporre delle regole
che, anziché favorire la crescita, favoriscono la recessione e quindi l'aumento
dei debiti».
Lei è sempre stato contrario al Fiscal
compact...
«Quando c'è stato da votare io ho messo il veto dell'Italia e si è
interrotta per due ore la riunione. E l'ho detto a Juncker: "L'Italia non
può accettare questa riduzione forzata del debito applicando regole che vengono
imposte dalla Germania come Stato egemone". Perché il Pil misurato è solo
il Pil emerso, ma l'Italia ha purtroppo un sommerso, soprattutto al Centro e al
Sud, che si avvicina all'80%. Si sarebbe dovuto calcolare il nostro Pil
globale. E la nostra economia non può essere considerata solo per il debito, ma
anche per il risparmio privato, delle famiglie e delle aziende».
Gli italiani sono un popolo di
risparmiatori, non è cosi?
«Le famiglie italiane sono risparmiatrici, 1'82% ha una casa di
proprietà. Noi abbiamo 2mila miliardi di debito, ma il nostro attivo è fatto di
quasi 9mila miliardi. Fatto di depositi in banca, investimenti in azioni,
capitali delle nostre imprese, risparmi dei nostri cittadini, proprietà
immobiliari. Noi, sommando il Pil emerso e sommerso e guardando per il debito e
attivo, siamo la seconda nazione dall'economia più solida in Europa subito dopo
la Germania. E non a caso il tenore di vita delle famiglie italiane è
considerato il primo in Europa».
Quindi cosa prevedeva l'accordo raggiunto
sul Fiscal compact?
«Abbiamo trovato con Juncker una formula che è stata aggiunta al testo
che diceva: si devono guardare le particolarità di ogni singolo Paese facendo
riferimento al Pil emerso al debito pubblico sommato alle attività del Paese.
Lì si è creato il contrasto con Germania e Francia, succube di Berlino».
Qual è il primo punto di programma per un
suo futuro governo?
«Come abbiamo abrogato l'Ici così abrogheremo subito l'Imu, perché la
casa è il pilastro su cui ogni famiglia ha il diritto di fondare la propria
sicurezza del futuro. E invece voi sapete che la sinistra come primo punto del
suo programma ha l'imposta patrimoniale anche sui piccoli appartamenti».
Perché si è dimesso?
«Perché in quel momento esisteva una pressione terribile contro di noi
che dava tutte le colpe dell'alto spread al mio governo. Restare al governo
sarebbe stato fonte di nuove speculazioni e non avremmo potuto resistere con la
maggioranza che c'era rimasta. Abbiamo avuto il tradimento da gente che era
stata eletta con il simbolo del Pdl e con sotto "Berlusconi
presidente". Si sono portati di là 36 parlamentari. E alla fine abbiamo
avuto il tradimento di altri cinque personaggi per ciascuno dei quali io avrei
messo la mano sul fuoco. C'era rimasta una manciata di voti di preferenza, ma
continuava l'azione dell'opposizione nei confronti di nostri. Allora ho
preferito fare un atto di responsabilità».
Ma Lei è sempre stato dipinto come un
dittatore...
«La sinistra mi aveva illustrato come il fondatore di un regime, come un
dittatore, come un despota: ho dato atto, prova di non essere questo, e con
senso dello Stato e senso di responsabilità mi sono opportunamente tirato
indietro».
E perché ha scelto di restare in silenzio?
«Da allora non ho fatto più un'intervista né alla televisione né ai
giornali. Ma voi avete visto tante frasi di Berlusconi sui giornali: nessuna è
mia. I giornali hanno preso l'abitudine di titolare anche mettendo tra
virgolette delle frasi attribuite a me che io non ho mai detto né tanto meno
pensato. Purtroppo non ci si può salvare da questo. I primi due mesi ho fatto
22 agenzie di smentita. Totalmente inutili. Poi ho smesso e sono stato zitto.
Vi chiederete perché sono qui oggi».
Siamo curiosi...
«Non sono andato nemmeno ad Atreju. Per cui oggi è la prima volta. Ho
pensato che qui avrei incontrato tante persone che la pensano come me e che
sono fedeli alla nostra idea di democrazia e libertà dalla fondazione del Giornale. E siccome il Giornale è stata la principale e forse l'unica bandiera di
libertà che è sventolata in Italia dal '92-'93 e anche prima con Indro, ho
pensato che se ancora ci sono degli abbonati al Giornale che hanno ritenuto di riunirsi tutti insieme pervenire
qui anche per sentire questa conversazione, per incontrare Silvio Berlusconi,
io dovevo a loro, e quindi a voi un ringraziamento per questo vostro gesto di
vicinanza e di fedeltà ed è per questo che sono ultrafelice di essere oggi qui
con voi».
Angelino è una persona speciale
Per non inventare virgolettati ci dica cosa
pensa di Angelino Alfano.
«È una persona speciale. Di tutti i politici in campo è il migliore. E
una persona di grande e profonda intelligenza, di grandissima lealtà, di
grandissimo amore per l'Italia. Io gli voglio bene come a un figlio, sono
sicuro di essere ricambiato di un amore filiale verso colui che lui considera
il suo padre nel servizio ai cittadini. È 35 anni più giovane di me e ha
portato e porterà un'ondata di freschezza, di gioventù, di novità, nella vita
politica italiana».
Anche a sinistra con Renzi si vede una novità...
«Si è verificato un fatto positivo con Renzi. Ha cominciato un giro
d'Italia con degli interventi che sotto la sigla del Partito democratico
portano avanti esattamente le nostre idee. Questo ci fa piacere, perché se
accadesse un miracolo e cioè che Renzi vincesse le primarie e fosse lui il
leader del Pd si verificherebbe in Italia questo miracolo: che finalmente il
Partito comunista italiano che ha tante volte cambiato nome ma non ha mai
cambiato modo e concezione diventerebbe un partito socialdemocratico. Quindi
tanti auguri a Matteo Renzi».
Quale sarà il Suo ruolo?
«Beh, io ho nominato un successore, l'ho presentato come segretario del
partito. Alfano è stato nominato all'unanimità perché ha la stima di tutti».
Poi cos'è successo?
«È successo che le cose in Italia si sono complicate. E nato il governo
Monti. Noi abbiamo dato il nostro voto e la nostra fiducia perché riteniamo che
il governo oggi abbia il consenso dell'opinione pubblica internazionale. Monti
certamente ha questo grande merito, dopo che invece il precedente governo e in
particolare la mia figura è stata insidiata dal comportamento della Merkel e di
Sarkozy».
Ora a Parigi c'è Hollande...
«Purtroppo la Francia è caduta nelle mani della sinistra e Hollande sta
cercando di mantenere la promessa elettorale per cui chi guadagna più di un
milione verrà tassato del 75 per cento. Morale, moltissimi francesi stanno
cercando di cambiare residenza andando in Svizzera, in Belgio, in Canada, nei
Paesi francofoni».
Il panorama politico attuale è confuso. È
spuntato anche Grillo...
«È uno straordinario attore comico. È sempre stato bravissimo. Io l'ho
avuto in televisione. Lo conosco e ho grande stima per l'attore comico Grillo.
E cosa sta facendo adesso? Sta facendo esattamente lo stesso mestiere che
faceva prima. Ha qualcuno che gli scrive il copione e lui recita con
un'adesione totale al copione in tutte le città d'Italia. Io ho visto tre
interventi di Grillo, a Gorizia, a Verona, a Palermo. Assoluta identità di
tutti gli argomenti. Non solo. Identità delle battute; quelle che sembrano
battute inventate, le stesse. Ha detto a Gorizia e a Palermo: "Guarda, non
abbiamo più nemmeno gli occhi per piangere, guarda che scarpe hai tu, non c'hai
nemmeno le stringhe". E poi su Monti che dice: "Vedo una luce in
fondo al tunnel", lui: "No presidente, non è una luce, è un rapido
che viene avanti e ci sta investendo"».
Nei sondaggi il gradimento di Grillo è
alto. Come mai?
«Io spero che gli italiani che dicono di votare Grillo, che nei sondaggi
sono arrivati al 12%, capiscano chi è Grillo. Un attore comico da applausi. Che
vedano come non ci si improvvisa capaci di gestire una città, una Provincia,
una Regione, un Paese. Guardate cosa succede a Parma, un disastro».
Ma la gente forse vuole una politica diversa...
«Capisco le ragioni di chi vuole una politica che non sia portata avanti
da professionisti della politica che non pensano al bene comune ma solo alla
loro camera politica, alla loro ambizione politica. E che quindi vogliono
giustamente facce nuove. Ma non quelle facce lì, con quei propositi scritti
sulla sabbia come quelli di Grillo».
Quindi cosa propone?
«Noi dobbiamo cominciare da adesso a raccontare agli italiani come si
deve votare. Perché se gli italiani vanno verso un voto così frazionato, avremo
un governo che non potrà fare nulla. Perché la nostra Costituzione dà potere al
Parlamento, al capo dello Stato, alla Corte Costituzionale; non al governo. Il
presidente del Consiglio non può cambiare un ministro. Per far dimettere quel
ministro deve dimettere tutto il governo. E poi c'è il problema della Corte
Costituzionale che non intralcia l'attività legislativa».
Non consegnerò il mio Paese alla sinistra
Come mai?
«Perché la Corte Costituzionale è formata oggi da 11 membri di sinistra
e da 4 del centrodestra. Tre successivi presidenti della Repubblica della
sinistra anziché usare la loro prerogativa di nominare cinque membri per
equilibrare, come dice lo spirito delle Costituzione, hanno messo lì cinque
uomini appartenenti all'area della sinistra. Quindi la Corte Costituzionale
oggi non è un'istituzione di garanzia tra le parti, ma è un organismo politico
della sinistra che abroga tutte le leggi che non piacciono alla sinistra».
Faccia qualche esempio.
«Per esempio una legge che anche parte della sinistra aveva votato,
quella che dice che un cittadino italiano sottoposto a processo e assolto in
primo grado non possa essere più richiamato nel girone infernale delle Corti
d'Appello e in Cassazione perché con questo gli si rovina la vita per anni. Gli
si rovina la vita familiare, gli affetti, la vita sociale, economica, è una
persona che non è più uguale alla persona di prima. E una cosa logicissima e
civile come succede in tutte le grandi democrazie a partire dagli Stati Uniti
d'America. Ma questa Corte Costituzionale ha abrogato anche una legge così
giusta e così civile».
La sua proposta quale sarebbe?
«Bisogna cambiare la Costituzione. Per cambiare la Costituzione bisogna
avere una maggioranza, ma non una maggioranza composita, bisogna avere la
maggioranza di un singolo partito. La Costituzione deve essere cambiata, perché
il primo ministro, come i suoi colleghi dei Paesi occidentali, abbia la
possibilità di nominare e revocare i ministri, perché possa a suo giudizio
usare il decreto legge immediatamente efficace giudicando lui sulla necessità e
l'urgenza di un determinato provvedimento. E i disegni di legge vanno esaminati
da un solo ramo del Parlamento in un termine massimo di 90 giorni».
Sul presidente della Repubblica qual è la
sua proposta?
«L'elezione non va lasciata ai segretari dei partiti, ma il capo dello
Stato dev'essere eletto direttamente dai cittadini».
Cosa sarà del suo futuro politico, ritorna
in campo?
«Io non sono mai uscito dal campo, in questi mesi ho sempre lavorato
dalle 7 di mattina alle 2 di notte nella politica e nella mia formazione
politica. Il mio futuro dipende dalla legge elettorale. Se sarà proporzionale
io potrò avere un certo ruolo, se la legge elettorale sarà qualcos'altro
ancora, con sistemi che mi paiono molto democratici e produttivi perché danno
la possibilità di governare, allora potrò decidere quale dovrà essere il ruolo
di Silvio Berlusconi che si sente ancora caricato della responsabilità di non
consegnare la sua Patria, il suo Paese che ama, alla sinistra».
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