UNA GRANDE RIFORMA E’ A PORTATA DI MANO, NONOSTANTE I TENTATIVI
UN POCO ISTERICI DI NEGARLA E MARGINALIZZARLA E LO SPAVENTO DI POTER DARE VOCE
E PAROLA AL POPOLO. IL SEMIPRESIDENZIALISMO PUO’ DIVENTARE REALTA’-
E’ bastato che quattro gatti del PdL votassero a
favore del
semipresidenzialismo e del Senato federale per far uscire dai sepolcri tutti gli
zombie della vecchia Repubblica che di cambiare qualcosa nei riti
settecenteschi del nostro vivere politico non hanno alcuna intenzione. Il voto di oggi è inutile: buone intenzioni che
rimarranno sulla carta. Le elezioni sono vicine, Berlusconi pensa agli aquiloni
e alla campagna elettorale, Bersani a come ammazzare (politicamente, sia
chiaro) Renzi, la Lega a chi sbianchettare dalle foto ufficiali. Il
semipresidenzialismo interessa meno del menù di un ristorante da prenotare per
la cena, in questo momento. Eppure, tre minuti dopo il sì del Senato già le
agenzie battevano toni guerreschi e dichiarazioni di fuoco delle mummie nostrane. Pisanu, il vecchio e tremebondo
Pisanu, si dissociava: eh sì, lui è legato alla Dc, al torbido, ai governi
creati e disfatti in Parlamento, alle manovre di palazzo. Impossibile che
votasse a favore lui, “la voce
autorevole del PdL”, come
l’ha definito Anna Finocchiaro.
Pure la capa dei senatori piddini non ne vuol sapere di riscrivere qualche
articolo della Costituzione e accusa Alfano e Gasparri di “mentire, perché questa riforma non vedrà
mai la luce!”. Ovvio, a quelli come lei piace fare vertici
notturni per decidere chi candidare al Quirinale. L’importante è che il
prescelto sia o un senatore a vita del proprio gruppo o un ministro del proprio
governo. La
storia insegna,
i fatti parlano chiaro. Ma gli ululati non finiscono qui: anche la Cgil, il sindacato degli
scioperi e della lotta partigiana, non ci sta e parla addirittura di “inammissibile stravolgimento
dell’ordinamento della Repubblica”, quasi che tutto fosse
destinato all’immutabilità perpetua. La muffa al comando, per sempre.
Rassegniamoci.
Via libera del Senato al
semipresidenzialismo e all'elezione diretta del capo dello Stato. Passa con i
voti di Lega, Pdl e Coesione nazionale l'emendamento del centrodestra
all'articolo 9 del disegno di legge per le riforme costituzionali che prevede
l'elezione diretta a suffragio universale del presidente della Repubblica.
Contrari i senatori dell'Udc, astenuti quelli del Fli, mentre si sono assentati
per protesta i parlamentari del Pd e dell'Idv. In dissenso dal gruppo si sono
invece astenuti i senatori Pdl Giuseppe Pisanu e Ferruccio Saro. Come cambia
la Carta La norma appena approvata modifica l'articolo 83 della Costituzione
e introduce il semipresidenzialismo. Nel testo, si prevede che il presidente
della Repubblica sia «il Capo dello Stato» che rappresenta l'unità della
nazione e ne garantisce l'indipendenza. Il Capo dello Stato avrà il compito di
vigilare sul rispetto della Costituzione; di assicurare il rispetto dei
trattati e degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia a
organizzazioni internazionali e sovranazionali. Rappresenta l'Italia in sede
internazionale ed europea. Ed è eletto a suffragio universale e diretto. Gli
elettori sono tutti i cittadini che hanno compiuto la maggiore età. Novità
per Csm e Consiglio dei ministri Presidente alla guida del Dopo quella
sull'elezione diretta del Capo dello Stato, l'aula di palazzo Madama ha
approvato anche la norma, che stabilisce che il presidente della Repubblica non
sia più a capo del Consiglio superiore della magistratura abrogando il decimo
comma dell'articolo dell'articolo 87 della Costituzione. Il Csm sarà presieduto
dal primo presidente della Corte di cassazione. Ne fa parte di diritto anche il
procuratore generale presso la Corte di cassazione. Il pacchetto di emendamenti
approvati riformano 13 articoli della Carta. Tra questi, anche quello che
stabilisce che il nuovo presidente della Repubblica presieda anche il Consiglio
dei ministri. L'emendamento, che modifica l'articolo 92 della Costituzione,
recita: «il governo della Repubblica é composto dal primo ministro e dei
ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il presidente
della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri, salvo delega al primo
ministro. Il presidente della Repubblica nomina il primo ministro. Su proposta
del primo ministro nomina e revoca i ministri».
La rabbia del Pd La scelta di procedere a tappe forzate per
l'approvazione del ddl scatena le proteste del Pd. «È intollerabile», spiega la
presidente dei senatori Anna Finocchiaro intervenendo in aula prima che il suo
gruppo abbandonasse i lavori parlamentari, «che il Senato venga impegnato in
una discussione, quella sulle riforme costituzionali, che non avrà alcuna
sorte. Mentre per la spending review, provvedimento importantissimo per il
rilancio dell'economia del Paese, resteranno le briciole di tempo tra una
seduta d'Aula e l'altra. È umiliante per il Paese, per il Parlamento, per gli
Enti locali, per i sindaci e i cittadini che stanno manifestando oggi davanti
al Senato». Una discussione senza senso - ha poi concluso Finocchiaro,
«destinata a non avere nessun esito, che celebra il non interesse reale a
riformare la Costituzione con il consenso dei due terzi dell'emiciclo».
Modificati 11 articoli In totale, coi soli voti di Pdl, Lega e Cn,
nel giro di mezz'ora sono stati riscritti undici articoli della Costituzione.
Oltre all'elezione diretta del capo dello Stato prevista dal nuovo articolo 83
della Carta, gli emendamenti approvati hanno modificato anche l'articolo 84,
portando a quarant'anni l'età minima per l'elezione a Presidente della
Repubblica, il cui incarico durerà cinque anni, con la possibilità di una sola rielezione.
Secondo la modifica dell'articolo 88, «il Presidente della Repubblica può,
sentiti il Primo ministro e i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una
sola di esse»
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