

che gli sono valse in patria
massicce manifestazioni di protesta promosse dai vescovi spagnoli e in Italia
l'odio imperituro di Giuliano Ferrara, che lo considerava un blasfemo frutto
dell'era trans e trash di Almodovar. L'entusiasmo progressista era basato su un
equivoco: e cioè che alla sinistra blairiana, di successo perché liberal, se ne
potesse opporre un'altra più socialista ma ugualmente di successo. In realtà,
pochi sanno che Zapatero salì al vertice del Psoe come un discendente diretto
della rivoluzione blairiana che cinque anni prima aveva conquistato il Labour.
Fondò anzi una corrente nel suo partito che chiamò «Nueva Via» , con
riferimento esplicito alla «Terza Via» del modello inglese. E infatti in
economia Zapatero è stato tutt'altro che socialista, cambiando poco o nulla
della politica di «laissez faire» con cui Aznar aveva avviato il miracolo
spagnolo: la percentuale di contratti di lavoro atipici (noi diremmo precari)
nella Spagna socialista è senza paragoni in Europa, altro che legge Biagi. E la
durezza della sua politica contro l'immigrazione clandestina, attuata
attraverso un patto con il Marocco solo un po' meno leonino di quello che
Berlusconi ha stretto con la Libia, è stata paragonata alla Bossi-Fini. Anche
grazie a queste politiche, Zapatero si è goduto la più rapida crescita
economica della Spagna dal dopoguerra, conquistandosi così il diritto di far
digerire ai suoi concittadini, ormai a pancia piena e vestiti all'italiana, una
specie di socialismo a costo zero da lui chiamato «ciudadano» , cioè dei
diritti (durante il suo governo è stata perfino votata una legge per i «diritti
civili delle scimmie antropomorfe» ). Gli spagnoli hanno gradito anche perché,
dopo tutto il tempo perso nella lunga notte del franchismo, un po' di libertà e
di movida ha dato loro l'idea di essere finalmente entrati nella modernità.
Però, da popolo saggio e pragmatico, così come si sono tenuti Bambi quando
l'economia volava, erano pronti a scaricarlo adesso che è collassata sotto il
crollo dell'edilizia e delle banche, veri e propri motori del miracolo
zapateriano.
Questo di solito avviene nei
regimi democratici: non considerando la politica come una guerra civile, il
popolo usa un leader finché gli serve e poi lo butta (il che spiega anche la
giovane età di entrata e di uscita). Festeggerà ora la destra italiana, che non
aveva gradito gli annunci di sorpasso del Pil in cui Zapatero si era
avventurato. Ma per noi il suo vero lascito è quello sguardo tra l'allibito e
l'attonito con cui assisté, durante una conferenza stampa congiunta,
all'arringa di Silvio Berlusconi contro un giornalista di El Pais.
Il nostro premier, parlando di
escort, si faceva vanto di non aver mai dovuto pagare una donna in vita sua
perché il bello della caccia è la conquista. E il giovane premier spagnolo che
guidava il governo più rosa d'Europa non sapeva più che fare. Tacque, lo
sventurato. Ma con quel suo silenzio - che si può rivedere al cinema in uno
spezzone di «Silvio forever» - ci mostrò che almeno in un campo, il rispetto
delle donne, il sorpasso spagnolo c'era effettivamente stato.
Nessun commento:
Posta un commento