Antonio
Polito per il "Corriere della Sera".
Viva Zapatero. Verrebbe da dirlo adesso che lascia, quello
che la Guzzanti diceva quando cominciò. Sapete perché? Perché il premier
spagnolo ha annunciato il ritiro all'età di 51 anni, cioè 4 in meno delle
giovani promesse Veltroni e Casini, 9 in meno del leader della sinistra
nostrana Bersani, e - neanche a dirlo - 24 in meno del premier italiano, che a
lasciare non ci pensa nemmeno. Tanto di cappello: ecco un uomo che sa quando
togliere il disturbo. Bambi- come lo soprannominò un avversario per denigrare
quella sua faccia da cerbiatto, senza sapere che sarebbe diventato un marchio
di successo - ha lasciato una traccia duratura ma delebile nella storia della
Spagna, è volato come una meteora nel cielo della politica europea, prima
sull'altare e poi nella polvere nel breve volgere di pochi anni. Ma se ne va
come arrivò: con un certo stile. In
Italia è stato oggetto di servo encomio da parte di quella sinistra al caviale
che si innamora sempre di un leader straniero pur di parlar male del leader che
ha (arrivò ad entusiasmarsi perfino per Jospin). Finì immortalato nel
titolo del film di Sabina Guzzanti perché autore di una riforma televisiva che
la compagnia dei comici anti-berlusconiani avrebbe voluto replicare da noi. Ma
il suo nome venne invocato in tutte le piazze d'Italia per un'altra ragione:
appena eletto, ritirò le truppe spagnole dall'Iraq, dove ce le aveva portate il
predecessore Aznar, bushiano della prima ora. La cosa mandò in visibilio il
mondo di Gino Strada (che proprio ieri si è ritrovato in piazza per manifestare
contro un'altra guerra, quella a Gheddafi, cui invece Zapatero partecipa). E,
naturalmente, esaltò i duri e puri del laicismo nostrano con le sue leggi per
il matrimonio dei gay, l'estensione dell'aborto e l'accorciamento del divorzio,
le stesse
che gli sono valse in patria
massicce manifestazioni di protesta promosse dai vescovi spagnoli e in Italia
l'odio imperituro di Giuliano Ferrara, che lo considerava un blasfemo frutto
dell'era trans e trash di Almodovar. L'entusiasmo progressista era basato su un
equivoco: e cioè che alla sinistra blairiana, di successo perché liberal, se ne
potesse opporre un'altra più socialista ma ugualmente di successo. In realtà,
pochi sanno che Zapatero salì al vertice del Psoe come un discendente diretto
della rivoluzione blairiana che cinque anni prima aveva conquistato il Labour.
Fondò anzi una corrente nel suo partito che chiamò «Nueva Via» , con
riferimento esplicito alla «Terza Via» del modello inglese. E infatti in
economia Zapatero è stato tutt'altro che socialista, cambiando poco o nulla
della politica di «laissez faire» con cui Aznar aveva avviato il miracolo
spagnolo: la percentuale di contratti di lavoro atipici (noi diremmo precari)
nella Spagna socialista è senza paragoni in Europa, altro che legge Biagi. E la
durezza della sua politica contro l'immigrazione clandestina, attuata
attraverso un patto con il Marocco solo un po' meno leonino di quello che
Berlusconi ha stretto con la Libia, è stata paragonata alla Bossi-Fini. Anche
grazie a queste politiche, Zapatero si è goduto la più rapida crescita
economica della Spagna dal dopoguerra, conquistandosi così il diritto di far
digerire ai suoi concittadini, ormai a pancia piena e vestiti all'italiana, una
specie di socialismo a costo zero da lui chiamato «ciudadano» , cioè dei
diritti (durante il suo governo è stata perfino votata una legge per i «diritti
civili delle scimmie antropomorfe» ). Gli spagnoli hanno gradito anche perché,
dopo tutto il tempo perso nella lunga notte del franchismo, un po' di libertà e
di movida ha dato loro l'idea di essere finalmente entrati nella modernità.
Però, da popolo saggio e pragmatico, così come si sono tenuti Bambi quando
l'economia volava, erano pronti a scaricarlo adesso che è collassata sotto il
crollo dell'edilizia e delle banche, veri e propri motori del miracolo
zapateriano.
Questo di solito avviene nei
regimi democratici: non considerando la politica come una guerra civile, il
popolo usa un leader finché gli serve e poi lo butta (il che spiega anche la
giovane età di entrata e di uscita). Festeggerà ora la destra italiana, che non
aveva gradito gli annunci di sorpasso del Pil in cui Zapatero si era
avventurato. Ma per noi il suo vero lascito è quello sguardo tra l'allibito e
l'attonito con cui assisté, durante una conferenza stampa congiunta,
all'arringa di Silvio Berlusconi contro un giornalista di El Pais.
Il nostro premier, parlando di
escort, si faceva vanto di non aver mai dovuto pagare una donna in vita sua
perché il bello della caccia è la conquista. E il giovane premier spagnolo che
guidava il governo più rosa d'Europa non sapeva più che fare. Tacque, lo
sventurato. Ma con quel suo silenzio - che si può rivedere al cinema in uno
spezzone di «Silvio forever» - ci mostrò che almeno in un campo, il rispetto
delle donne, il sorpasso spagnolo c'era effettivamente stato.
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