Silvio Berlusconi, dicono, è un "uomo di
televisione". Effettivamente ha intravisto un mercato in Italia, è
riuscito ad abbattere il monopolio della Rai, ha creato una grande impresa,
ha fatto i miliardi ed ha dato lavoro a decine di migliaia di persone.
Tanto di cappello. E tuttavia questo creatore di immagini sembra non aver
capito che questo sistema come può arricchire qualcuno può anche rovinarlo.
Dal momento che in Italia non si può realmente governare - come ha
dimostrato Mario Monti,
sostenuto dalla destra e dalla sinistra, e senza opposizione - il massimo
effetto sulla popolazione lo hanno la televisione e i giornali. Se essi
dicono peste e corna di qualcuno, costui è perduto, anche se innocente. Se
ne dicono solo bene, gli verranno perdonate le cose più inverosimili. Gianni Agnelli, il famoso
"Avvocato", aveva una bella figura, appariva sulla stampa rosa,
era noto anche all'estero, ed era amato da tutti. Il fatto che abbia
potentemente contribuito ad affossare la Fiat è cosa del tutto secondaria.
Un galantuomo e un grande intellettuale come il Presidente Giovanni Leone fu costretto ad
andare a casa da una stampa malevola e calunniosa mentre Scalfaro mancò di parola con
Berlusconi, promettendogli le elezioni a breve e lasciando che passassero
tanti mesi da far dimenticare il ribaltone, e non subì certo una sorte
simile. L'establishment era contro il Cavaliere: a chi era suo nemico
si poteva perdonare tutto. Proprio il caso di Berlusconi rimane esemplare.
Le sue intenzioni erano ottime e tanti liberali si sono illusi sulle
possibilità di un singolo contro il sistema. Ma il resto dell'Italia e del
mondo hanno visto che si tingeva i capelli, che aveva le scarpe col rialzo,
che raccontava le barzellette, che gli piacevano le donne belle, le feste,
il parlare a ruota libera, essere insieme il giullare e il padrone del
Paese. È diventato la favola dell'Europa, un politico odiato e condannato
solamente per ragioni di immagine. Oggi si parla del suo ritorno come di
una catastrofe mondiale, senza degnare di uno sguardo la recessione in cui
si trova l'Italia. Il colmo è quello raggiunto dal prono Casini, che dà a
lui la colpa di un fenomeno avvenuto soprattutto negli ultimi dodici mesi,
quando il Cavaliere è stato silenzioso e inerte.
L'uomo della
televisione ha perduto la guerra contro la televisione. L'aveva usata bene
promettendo l'abbassamento delle tasse, l'aumento dell'occupazione, le
grandi riforme, e probabilmente era perfino in buona fede: ma prometteva
cose impossibili. Non sapeva che l'opposizione avrebbe strepitato come una
vergine violata, i sindacati all'unisono si sarebbero messi di traverso e
non sarebbe stato sostenuto né dai giornali, né dalle televisioni e nemmeno
dai suoi. La sua azione politica, comparata ai suoi programmi, è stata un
flop che tutti si compiacciono di rinfacciargli, come se gli altri invece
chissà che avessero realizzato. Nessuno gli rende merito neppure di quelle
poche riforme che ha attuato, per esempio quella dell'Università, o
l'ottima riforma costituzione che la sinistra ha revocato, solo in odio a
lui.
La convenzione, italiana
ed internazionale, è stata quella di dir male del Cavaliere, checché
facesse. Gli si sono imputati peccati di gusto come peccati capitali. Un
uomo maturo e raffinato non inviterebbe mai tanto spesso a casa sua
ragazzotte bellocce e ignoranti. Ma ci si è serviti di questo per arrivare
all'assurda accusa di istigazione alla prostituzione. Malgrado tutto ciò
quell'uomo non è mai riuscito a star zitto, a diffidare di tutti, a
mantenere un basso profilo. La sua natura è sempre stata più forte di ogni
appello al buon senso.
Ora dichiara che la
politica economica di Monti ha portato l'Italia al disastro e dice la
verità. Poi prosegue dicendo che bisogna cambiarla, e fa il passo più lungo
della gamba. Perché non dice come e questo non è serio; inoltre, ammesso
che lo sapesse, che cosa gli fa pensare che l'Italia gli permetterebbe di
attuarla? Insomma si tratta di dichiarazioni sparate nella certezza di non
essere chiamato a realizzare ciò che promette.
Forse stavolta il
Cavaliere Nero si dimostra furbo. Il centrosinistra vincerà le elezioni e
guiderà l'Italia mentre vive il suo disastro, anche senza colpa del
governo. Gli italiani però, ciò malgrado, lo odieranno e lo giudicheranno
responsabile. Sicché nel 2018 vorranno cambiare, magari applaudendo chi di
quella politica ha detto peste e corna sin da prima che si insediasse. Un
calcolo miserabile ma utile. In politica infatti il cattivo gusto non conta
nulla, a meno che di esso, sapientemente guidato, non si impadroniscano
come avvoltoi giornali, televisioni e immaginario collettivo. pardonuovo.myblog.it
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