venerdì 24 febbraio 2017

PRESIDENTE BERLUSCONI, CHE GIUDIZIO DA’ DI QUANTO AVVIENE NEL PD?


«Quello che ne dà la maggioranza degli italiani: davvero il problema principale dell’Italia è la controversia fra le correnti del Partito democratico? Mentre le condizioni in cui vivono molti connazionali sono sempre più difficili, tutto è incentrato su ciò che avviene nel Partito democratico, sulle probabilità che si realizzi o meno una scissione, sulle tattiche dei diversi capicorrente. Nessuno sembra preoccuparsi del fatto che tutte queste divisioni hanno un effetto paralizzante per l’attività del governo, e che i problemi veri degli italiani, la povertà, l’immigrazione, il lavoro, la sicurezza, continuano ad essere trascurati. E poi ci meravigliamo del dilagare dell’antipolitica».
Ma se Renzi si libera dei ‘comunisti’ non è un bene per il suo partito e per l’Italia?
«Per l’Italia e per Forza Italia francamente cambia poco. Per il Partito democratico non so cosa sia meglio; se rimanere nell’eterna ambiguità del legame con un passato che affonda ancora le sue radici nel vecchio Pci, o se ridursi a un mero agglomerato di potere senza un’identità definita. Sinceramente credo che il Pd sconti ora il suo peccato di origine: una fusione a freddo, di vertice, fra storie e tradizioni politiche diverse, tenute insieme solo dalla voglia di conquistare e gestire il potere».
Farebbe un patto con Renzi per non consegnare l’Italia a Grillo?
«Io credo che gli italiani siano un popolo troppo saggio e troppo intelligente per consegnare la guida del Paese a chi ha dimostrato di non essere in grado di governare neppure un piccolo comune. Non credo che l’alternativa sia fra una grande coalizione e il governo dei 5 Stelle, credo che l’alternativa vincente sia un centrodestra di governo, fondato su un atteggiamento responsabile capace di intercettare le paure ma anche e soprattutto capace di dare risposte».
Renzi potrà tornare premier?
«Saranno ovviamente gli elettori a stabilirlo. Renzi ha commesso molti errori, il primo dei quali credere che l’abilità dialettica, la battuta pronta, la sfida continuamente rilanciata, il venir meno ai patti, fossero




un buon metodo di governo. In realtà ha dato solo l’illusione della novità, ma ben presto gli italiani si sono resi conto che a questo stile molto personale di governo non corrispondevano i fatti, agli slogan e alle slide non seguiva nessun miglioramento reale delle loro condizioni di vita. Sono state soprattutto due le scelte che si sono rivelate per lui esiziali. Quella di provocare la rottura della collaborazione del cosiddetto Nazareno con Forza Italia e quella del referendum sulla riforma della Costituzione. Ora dei suoi mille giorni non resta nulla. Anzi. La disoccupazione è salita al 12%, la povertà è aumentata, l’immigrazione è fuori controllo, il debito pubblico è salito a 2.210 miliardi e delle sue riforme restano macerie. Vedremo se saprà far tesoro dei suoi errori o se persisterà sulla strada che ha seguito. Certo, difficilmente tornerà ad essere il leader incontrastato del suo partito e della sua area».
Presidente, ma non è stanco di aspettare la corte di Strasburgo?
«Io sono stanco, molto stanco, della persecuzione giudiziaria che mi colpisce da quando ho deciso di scendere in politica per salvare il mio Paese dalla presa del potere di una minoranza post comunista. Dopo decine di processi, milioni e milioni di spese giudiziarie, sono arrivati a una condanna assurda e iniqua nel metodo e nel merito, e – grazie a quella – a commettere un abuso ancora più grave: allontanarmi dal Parlamento in forza dell’applicazione retroattiva di una legge, la Severino. Non posso negare di aver avuto la tentazione di lasciar perdere tutto. Ma poi il mio senso di responsabilità ha prevalso. Sono certo che i giudici di Strasburgo decideranno secondo giustizia e non potranno quindi che darmi ragione. Spero che lo facciano anche tenendo conto – nel deciderne i tempi – di qual è la posta in gioco per la democrazia in Italia».
Povertà, banche, terrorismo, immigrazione, lavoro: quale tema tocca di più gli italiani?
«In realtà sono tutte facce dello stesso problema. Sono sempre i più deboli a essere esposti alla tragedia della povertà, al dramma della disoccupazione, alla paura del terrorismo e dell’immigrazione clandestina, alle speculazioni avventate di alcune banche. Questa fascia di popolazione è molto ampia: 15 milioni significa il 25% degli italiani, di questi 4 milioni e mezzo in situazioni di povertà assoluta. Sono cifre intollerabili in un Paese civile. La soluzione grillina del reddito di cittadinanza è semplicistica, ma occorre dare una r isposta al problema. È il nostro primo impegno. Stiamo studiando un piano importante che – partendo dagli studi per l’imposta negativa sul reddito del grande economista liberale e premio Nobel Milton Friedman – affronti in modo sostenibile la materia». 
Intanto, Salvini le intima di scegliere tra lui e la Merkel.
«Noi stiamo con gli interessi italiani, che sono quelli di partecipare da protagonisti alla costruzione di un’Europa profondamente diversa dall’attuale. Chi immagina di uscirne, come chi si inchina alle pretese della burocrazia di Bruxelles, fa un grave danno all’Italia. Il Regno Unito può permettersi la Brexit perché la situazione economica lo consente. Noi pagheremmo un prezzo alto, che non possiamo permetterci. Certo dovremo recuperare, almeno in parte, con una seconda moneta la nostra sovranità monetaria».
Sottoscriverebbe la clausola anti inciucio che chiede Giorgia Meloni?
«FI non è abituata a venire meno agli impegni presi con gli alleati. Vorrei che lo stesso valesse per le altre forze del centro-destra».
È disposto a uccidere un vitello grasso per Alfano?
«Non è una questione personale. Io credo che Ncd appartenga alla storia del centro-destra e che molti suoi esponenti si stiano rendendo conto di quanto innaturale sia stata la scelta di appoggiare governi di sinistra. Naturalmente auspico la più larga convergenza perché il centrodestra deve tornare a vincere ma non possiamo fare finta che le scelte compiute non abbiano un significato».

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