«Quello che ne dà la maggioranza degli italiani:
davvero il problema principale dell’Italia è la controversia fra le correnti
del Partito democratico? Mentre le condizioni in cui vivono molti connazionali
sono sempre più difficili, tutto è incentrato su ciò che avviene nel Partito
democratico, sulle probabilità che si realizzi o meno una scissione, sulle
tattiche dei diversi capicorrente. Nessuno sembra preoccuparsi del fatto che
tutte queste divisioni hanno un effetto paralizzante per l’attività del
governo, e che i problemi veri degli italiani, la povertà, l’immigrazione, il
lavoro, la sicurezza, continuano ad essere trascurati. E poi ci meravigliamo
del dilagare dell’antipolitica».
Ma se Renzi si libera dei ‘comunisti’ non è un
bene per il suo partito e per l’Italia?
«Per l’Italia e per Forza Italia francamente
cambia poco. Per il Partito democratico non so cosa sia meglio; se rimanere
nell’eterna ambiguità del legame con un passato che affonda ancora le sue
radici nel vecchio Pci, o se ridursi a un mero agglomerato di potere senza
un’identità definita. Sinceramente credo che il Pd sconti ora il suo peccato di
origine: una fusione a freddo, di vertice, fra storie e tradizioni politiche
diverse, tenute insieme solo dalla voglia di conquistare e gestire il potere».
Farebbe un patto con Renzi per non consegnare
l’Italia a Grillo?
«Io credo che gli italiani siano un popolo troppo
saggio e troppo intelligente per consegnare la guida del Paese a chi ha
dimostrato di non essere in grado di governare neppure un piccolo comune. Non
credo che l’alternativa sia fra una grande coalizione e il governo dei 5
Stelle, credo che l’alternativa vincente sia un centrodestra di governo,
fondato su un atteggiamento responsabile capace di intercettare le paure ma
anche e soprattutto capace di dare risposte».
Renzi potrà tornare premier?
«Saranno ovviamente gli elettori a stabilirlo.
Renzi ha commesso molti errori, il primo dei quali credere che l’abilità
dialettica, la battuta pronta, la sfida continuamente rilanciata, il venir meno
ai patti, fossero
un buon metodo di governo. In realtà ha dato solo
l’illusione della novità, ma ben presto gli italiani si sono resi conto che a
questo stile molto personale di governo non corrispondevano i fatti, agli
slogan e alle slide non seguiva nessun miglioramento reale delle loro
condizioni di vita. Sono state soprattutto due le scelte che si sono rivelate
per lui esiziali. Quella di provocare la rottura della collaborazione del
cosiddetto Nazareno con Forza Italia e quella del referendum sulla riforma
della Costituzione. Ora dei suoi mille giorni non resta nulla. Anzi. La
disoccupazione è salita al 12%, la povertà è aumentata, l’immigrazione è fuori
controllo, il debito pubblico è salito a 2.210 miliardi e delle sue riforme
restano macerie. Vedremo se saprà far tesoro dei suoi errori o se persisterà
sulla strada che ha seguito. Certo, difficilmente tornerà ad essere il leader
incontrastato del suo partito e della sua area».
Presidente, ma non è stanco di aspettare la corte
di Strasburgo?
«Io sono stanco, molto stanco, della persecuzione
giudiziaria che mi colpisce da quando ho deciso di scendere in politica per
salvare il mio Paese dalla presa del potere di una minoranza post comunista.
Dopo decine di processi, milioni e milioni di spese giudiziarie, sono arrivati
a una condanna assurda e iniqua nel metodo e nel merito, e – grazie a quella –
a commettere un abuso ancora più grave: allontanarmi dal Parlamento in forza
dell’applicazione retroattiva di una legge, la Severino. Non posso negare di
aver avuto la tentazione di lasciar perdere tutto. Ma poi il mio senso di
responsabilità ha prevalso. Sono certo che i giudici di Strasburgo decideranno
secondo giustizia e non potranno quindi che darmi ragione. Spero che lo
facciano anche tenendo conto – nel deciderne i tempi – di qual è la posta in
gioco per la democrazia in Italia».
Povertà, banche, terrorismo, immigrazione, lavoro:
quale tema tocca di più gli italiani?
«In realtà sono tutte facce dello stesso problema.
Sono sempre i più deboli a essere esposti alla tragedia della povertà, al
dramma della disoccupazione, alla paura del terrorismo e dell’immigrazione
clandestina, alle speculazioni avventate di alcune banche. Questa fascia di
popolazione è molto ampia: 15 milioni significa il 25% degli italiani, di
questi 4 milioni e mezzo in situazioni di povertà assoluta. Sono cifre
intollerabili in un Paese civile. La soluzione grillina del reddito di
cittadinanza è semplicistica, ma occorre dare una r isposta al problema. È il
nostro primo impegno. Stiamo studiando un piano importante che – partendo dagli
studi per l’imposta negativa sul reddito del grande economista liberale e
premio Nobel Milton Friedman – affronti in modo sostenibile la materia».
Intanto, Salvini le intima di scegliere tra lui e
la Merkel.
«Noi stiamo con gli interessi italiani, che sono
quelli di partecipare da protagonisti alla costruzione di un’Europa
profondamente diversa dall’attuale. Chi immagina di uscirne, come chi si
inchina alle pretese della burocrazia di Bruxelles, fa un grave danno
all’Italia. Il Regno Unito può permettersi la Brexit perché la situazione
economica lo consente. Noi pagheremmo un prezzo alto, che non possiamo
permetterci. Certo dovremo recuperare, almeno in parte, con una seconda moneta
la nostra sovranità monetaria».
Sottoscriverebbe la clausola anti inciucio che
chiede Giorgia Meloni?
«FI non è abituata a venire meno agli impegni
presi con gli alleati. Vorrei che lo stesso valesse per le altre forze del
centro-destra».
È disposto a uccidere un vitello grasso per
Alfano?
«Non è una questione personale. Io credo che Ncd
appartenga alla storia del centro-destra e che molti suoi esponenti si stiano
rendendo conto di quanto innaturale sia stata la scelta di appoggiare governi
di sinistra. Naturalmente auspico la più larga convergenza perché il
centrodestra deve tornare a vincere ma non possiamo fare finta che le scelte
compiute non abbiano un significato».
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