Altro che
semplificazione, da noi la burocrazia resta padrona del Paese, un ostacolo al
suo sviluppo. La
figlia di una coppia di cittadini ucraini che vivono, e lavorano, in Italia da
anni - che, come si dice, si sono integrati nel sistema sociale e in quello
produttivo - viene a trovare i genitori. Per muoversi autonomamente, vorrebbe
comprare un' automobile. Ma non ha fatto i conti con la burocrazia italiana.
L'acquisto le è inibito perché non ha il codice fiscale. La pretesa che uno
straniero di passaggio abbia il codice fiscale è palesemente assurda. Ma
tant'è, questa è l'Italia. Bisognerebbe che, almeno lo straniero in transito,
potesse comprare un'auto senza sottostare a eccessive procedure burocratiche.
In America si va dal venditore, si paga, il passaggio di proprietà è rapido e
automatico e si riparte con l'auto. Ho citato l'episodio come testimonianza che
la burocrazia, da noi, è padrona del Paese, un ostacolo al suo sviluppo -
l'acquisto dell'auto avrebbe fatto circolare del denaro e prodotto un profitto
- e boicotta persino lo Stato che, altrimenti, nella circostanza, avrebbe
incassato la tassa prevista per ogni analoga transazione (tassazione già in sé
parecchio assurda). Fra le riforme che si sarebbero dovute fare c'era quella
dell'eliminazione di licenze, permessi e divieti - per intenderci, l'eccesso di
intermediazione pubblica che blocca il mercato e, con esso, lo sviluppo
economico e la crescita del Paese. Non è stata fatta e le conseguenze negative
sono facilmente riscontrabili. Non la si è fatta e non la si fa perché ad
opporvisi è proprio la burocrazia, la potente lobby che governa di fatto il
Paese e che, alleata ad altre corporazioni, ha tutto l'interesse, per ragioni
autoreferenziali e di puro potere, che le cose rimangano come sono. L'America
di Reagan e la Gran Bretagna della Thatcher sono uscite dalla crisi nella quale
versavano e sono economicamente ripartite dopo che il presidente americano e il
primo ministro inglese avevano, oltre ad aver ridotto le tasse, deregolamentato
e snellito la Pubblica amministrazione. Da noi, l'eccesso di legislazione, di
licenze, di permessi e di divieti è l'occasione, per molte corporazioni, di
arricchirsi e per la burocrazia di imporre a governo e parlamento il proprio
potere di veto. La corruzione è, così, a sua
volta, endemica, perché è il solo modo di aggirare le innumerevoli e spesso
cervellotiche procedure. Per combattere la corruzione, invece di eliminarne le
cause, si creano altri carrozzoni pubblici che ripropongono lo stesso copione e
producono lo stesso scenario. Più burocrazia, più corruzione.
Ne usciremo mai? Date le premesse - troppi interessi congiurano contro
il cambiamento - c'è di che dubitarne. Avrebbe dovuto farlo Berlusconi,
paralizzato dai propri interessi privati e dagli alleati di governo, eredi
dell'Italia autoritaria, burocratica e parassitaria. Nata dalle due Resistenze
- quella di matrice democratico-liberale e quella di matrice sovietica -
l'Italia post-fascista è rimasta quella di prima e il compromesso
costituzionale, fra la cultura della prima resistenza e quella della seconda,
ha contribuito a fare dell'Italia post-fascista una sorta di prosecuzione del
dirigismo fascista e con l'aggravante dell'aggiunta di un sistema
collettivistico di matrice parasovietica.
Ora lo dovrebbe fare Matteo Renzi. Ma non ne ha né la cultura né
l'intenzione in quanto il mantenimento di vincoli burocratici coincide con la
sua personale vocazione autoritaria. Non contribuisce a creare un clima
favorevole al cambiamento la cultura dominante che alimenta la pregiudiziale
degli italiani in favore della sicurezza e dello status quo rispetto alla
libertà, al mercato e al rischio. L'Italia post-resistenziale e antifascista è
rimasta fondamentalmente un Paese illiberale, dirigista e collettivista, anche
se ha cambiato trasformisticamente casacca, da nera a rossa, nel luglio 1943 e
nell'aprile 1945. piero.ostellino@ilgiornale.it
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