Di fronte all'imbarazzo generale sulla inconcludenza
di Renzi, il centrodestra deve ritrovare le ragioni dell'unità per offrire al
Paese un'alternativa credibile. L’Italia
attende un segnale di speranza.
Sta a Palazzo Chigi senza aver vinto alcuna
elezione, salvo essere stato scelto in regolari votazioni appena da centomila
fiorentini, assurto poi ai vertici del suo partito con primarie alquanto dubbie
di valore privatistico e quindi, per indecente travaso automatico, a quelli
dello Stato. Ieri abbiamo assistito a un ulteriore segnale squassante di rottura
dell'equilibrio democratico. Per protestare del mancato ascolto di Renzi, il
capogruppo Speranza si è dimesso. E Renzi è andato avanti come nulla fosse,
mostrando in che conto tenga i meccanismi democratici, e di fatto prendendosi
anche il ruolo di capogruppo senza essere parlamentare. Non è più tollerabile
che la democrazia in Italia sia prigioniera nell'orto del Partito democratico,
non siamo ancora al monopartitismo in Costituzione. Qualcuno lo dica, magari
anche dentro il Pd o dentro la maggioranza di governo. O c'è paura di pagare le
conseguenze di un soprassalto di coscienza?
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