In un caso
analogo a quello del Cav, la suprema corte sostiene che non si può condannare
un contribuente solo in base alla presunzione di colpevolezza
Colpo di scena nel
processo Mediaset.
Secondo quanto racconta il quotidiano Libero,
in un caso simile a quello che ha visto Silvio Berlusconi condannato per la
vicenda Mediaset, la Cassazione smentisce sé stessa. Per i giudici della Corte di Cassazione il
fondatore di Forza Italia "fu l'artefice di una frode fiscale ai danni
dell'erario e per questo fu costretto non solo a lasciare il suo seggio da
senatore, ma anche a risarcire l'agenzia delle entrate". Ma adesso le
toghe smentiscono la loro stessa sentenza di condanna.
Infatti in una sentenza
del 20 maggio 2014,
cioè emessa dieci mesi dopo quella pronunciata contro Berlusconi, la suprema
corte si rimangia tutto, sostenendo che non si può condannare un contribuente
solo in base alla presunzione di colpevolezza. Per stabilire che ha frodato il
fisco ci vuole ben altro, ad esempio un atto fondamentale, ossia che l'accusato
abbia materialmente partecipato alla frode compiendo l'atto finale: la
dichiarazione dei redditi”.
Ecco i punti della
sentenza che smentiscono le toghe: “I reati di dichiarazione fraudolenta hanno
natura istantanea e si consumano soltanto con la presentazione della
dichiarazione annuale. Ancor più esplicita: i reati di frode non possono essere
provati dalla mera condotta di utilizzazione, ma da un comportamento successivo
e distinto, quale la presentazione della dichiarazione, alla quale in base alla
disciplina in vigore non deve essere allegata alcuna documentazione
probatoria". La Cassazione dunque assolvendo nel maggio scorso un imputato
di frode fiscale, nega dunque la rilevanza penale delle violazioni "a
monte" della dichiarazione e lo fa facendosi forte di una serie di pronunciamenti
passati.
Nessun commento:
Posta un commento