Col decreto Lavoro-Iva che il Senato licenzierà
questa settimana qualche beneficio effettivamente arriverà in termini di
occupazione, perché le nuove norme in materia di contratto a termine
favoriranno una maggiore flessibilità nell’incontro fra domanda e offerta di
lavoro. L’azzeramento del costo contributivo per il lavoro giovanile migliorerà
i conti delle aziende che stanno assumendo lavoratori nella fascia di età tra
18 e 29 anni, ma si tratta di un intervento solo parziale e ridotto rispetto
alla gravità della crisi che il nostro mercato del lavoro sta attraversando.
Resta infatti, a causa delle resistenze del Pd, troppo rigido l'incentivo a
facilitare le assunzioni. Eppure basterebbe anche solo un provvedimento di
carattere sperimentale, di portata limitata al tempo necessario per uscire
dalla crisi. La ricetta del Pdl è
chiara. Dovremmo poter dire agli imprenditori: "Finché non saremo
fuori dalla recessione, assumete pure tutti i lavoratori che vi servono, e per
due o tre anni, se le cose non miglioreranno, vi sarà consentito di sciogliere
questi rapporti senza rischi giudiziali e con un costo di separazione di
modesta entità". E' questa la boccata di ossigeno che le associazioni
imprenditoriali aspettano, e sarebbe una misura a costo zero per l’erario. Se
il decreto resterà così, invece, difficilmente i nuovi incentivi indurranno
centinaia di migliaia di imprenditori a procedere alle assunzioni di cui
avrebbero bisogno con un contratto a tempo indeterminato.
Non bisogna dimenticare cosa diceva Marco Biagi:
"L’incentivo normativo è molto più efficace
dell’incentivo economico". Oggi in Italia si
stanno perdendo 30.000 posti di lavoro al mese e la disoccupazione giovanile è
quasi al 40 per cento, dunque non sarebbe certo uno scandalo offrire ai giovani
nel prossimo triennio la possibilità di un rapporto a tempo indeterminato ma
senza le vecchie garanzie.
La differenza tra collaborazione autonoma e lavoro
subordinato determina un aumento di costo per le imprese tra il 40 e il 50 per
cento, oltre a tutta la maggiore rigidità che caratterizza il lavoro
subordinato rispetto a quello autonomo. Così stando le cose, è evidente che
siamo davanti a un bivio: o torniamo indietro, alla netta separazione tra
protetti e non protetti nel mercato del lavoro, sospendendo le norme di
contrasto all’abuso delle collaborazioni autonome previste dalla legge Fornero;
o si mettono a disposizione di lavoratori e imprese un rapporto di lavoro
subordinato più flessibile. Su questo il governo Letta deve essere più
coraggioso.
Per dirla in modo più chiaro: per ridurre la
disoccupazione giovanile serve innanzitutto una profonda modifica della Legge
Fornero. Si tratta di interventi che non costano e possono dare subito
buoni risultati perché favoriscono la propensione ad assumere che è stata
mortificata da una normativa rigida per quanto riguarda le tipologie
contrattuali diverse dal contratto a tempo indeterminato.
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