di Paolo Guzzanti. - Era già successo con quasi
tutti i presidenti americani repubblicani, ma anche democratici come fu nel
caso di Lyndon Johnson. Ma lo spettacolo del riaggiustamento del tiro e dei
primi timidi saltelli che precedono il salto definitivo sul carro del vincitore,
comincia già a vedersi. La truppa dell'anti trumpismo isterico è ormai
riservata, anche in America, a gruppi sempre più ristretti che hanno trovato
anzi una ragion d'essere, almeno per ora, nel fingere una resistenza in costume
partigiano all'orrido tiranno piovuto dalle urne. Si assiste allo stesso
fenomeno che seguì l'elezione di Ronald Reagan, dopo lo spaventoso flop di
Jimmy Carter scambiato dalle sinistre mondiali per il messia. Reagan era
spacciato per un rozzo cowboy e infatti, in costume da cowboy, era stato
protagonista di una ventina di western in bianco e nero, quando le pistole
sparavano emettendo una nuvola di talco. Reagan fu accolto dall'intellettualità
europea e newyorkese come un mostro, un mediocre anticomunista, quando
l'aggettivo anticomunista era considerato infamante, perché soltanto le persone
rozze, volgari e di malaffare possono essere anticomunisti. Poi Reagan piegò il
comunismo sovietico e vinse la guerra fredda. Così, nel giro di pochi anni si
vide che la tempra dell'uomo era solida e concreta ma anche idealistica e
allora, in silenzio, alla spicciolata, anche gli intellettuali cominciarono a
cambiare idea. Ora, Trump non è Reagan e
non è neanche come i due Bush, padre e figlio che
hanno goduto di un loro codazzo di intellettuali neocon. Oggi la figura che si
presenta non chiede e non aspira ad avere una copertura intellettuale. Ma gli
intellettuali già prendono le misure per vedere se la distanza che li separa
dal rivoluzionario tycoon è veramente così grande. In Italia circola già da
novembre un manifesto contro i populismi che individua in un unico nemico la
Brexit e l'elezione di Donald Trump. Quel manifesto è stato firmato da Gozi,
Cohn-Bendit, Gonzales, Saviano, Verhofstadt e Wim Wenders. È certamente un manifesto
anche contro Trump, ma allo stesso tempo è un tentativo di analisi della
politica di Trump, il quale vorrebbe frantumare l'Europa con dieci, venti
Brexit pur di lasciare la Germania da sola, e circondata da un'alleanza a
tenaglia fra se stesso e Vladimir Putin. Gli intellettuali in senso canonico,
gente da presentazione di libri e di spettacolo, vomita ancora tutto il suo
orrore di fronte al nuovo presidente americano il quale vede invece rivolgersi
a lui gli intellettuali scienziati, i creatori di startup, i giovani che sono
diventati miliardari prima dei quarant'anni creando qualcosa che sanno imporre
sul mercato. Quel tipo d'intellettualità costruttiva e giovane è molto agitata
e impressionata dalle prospettive che offre il trumpismo. E Trump sembra deciso
a scrollarsi di dosso l'aggettivo ostativo «populista» insieme a quello di
razzista che gli è stato appioppato da tutta
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