martedì 22 novembre 2016

TESORETTO DA MEZZO MILIONE DI EURO. REFERENDUM: QUANTO COSTA E CHI PAGA. I PARTITI FANNO SOLDI COL REFERENDUM.


Un euro per ogni firma raccolta, per un massimo di 500mila euro di rimborso pubblico. A prescindere da quanti andranno a votare per il referendum costituzionale del prossimo autunno, il comitato nazionale “Basta un Sì”, avendo raggranellato le 500mila firme necessarie, ha già maturato il diritto di passare all’incasso del mezzo milione di euro. Che si tratti di referendum abrogativo o costituzionale, infatti, le consultazioni prevedono il finanziamento pubblico diretto. Che si chiama però rimborso. Una sorta di indennizzo economico per l’attività di promozione dei quesiti ammessi dalla Consulta, che da un lato risarcisce i comitati civici che promuovono un referendum, dall’altro rimborsa i partiti politici che li sostengono.
costituzionale basterà che il comitato promotore riesca a raccogliere 500mila firme e l’accesso al rimborso sarà automatico. Nel nostro ordinamento, per ottenere i fondi, nel caso di referendum abrogativo è necessario raggiungere il quorum, cioè che voti il 50% più 1 degli aventi diritto, se si tratta invece di referendum
Tutto legittimo, funziona così, lo ha stabilito la legge 157 del ‘99. E’ la democrazia. Se non fosse però che il refrain “per fare il referendum la tua firma conta” della chiamata alle armi del Pd per il Sì alla riforma Renzi-Boschi ha confuso non poco i cittadini, compresi i suoi militanti. Al di là del numero delle raccolte, firme infatti, la consultazione si sarebbe fatta comunque perché era stata già richiesta ad aprile da un quinto dei parlamentari per il Sì e per il No, e questo sarebbe bastato. Ma senza comitato niente soldi. E la caccia all’ultima firma era indispensabile per arrivare al numero 500mila, necessario per assicurarsi quel tesoretto di mezzo milione. Anche il comitato per il No, guidato dai costituzionalisti Alessandro Pace e Massimo Villone, avrebbe sperato ovviamente nello stesso esito, che vale soldi e visibilità mediatica, ma il numero delle firme raccolte consegnate alla Cassazione sono state 316mila. Una buona base da cui partire, ma niente indennizzo. Così è stato nel 2006, quando il comitato per il No alla riforma della Costituzione voluta da Berlusconi ha ricevuto 495.000 euro; e nel 2001, quando il comitato per il No alla riforma del titolo V, promossa dal Centrosinistra, non avendo raccolto le 500mila firme necessarie non ottenne nessun rimborso. Dal 2000 ad oggi sono stati pagati circa due milioni e mezzo di euro di rimborsi elettorali per quattro referendum abrogativi e uno costituzionale. I due quesiti sulla privatizzazione dei servizi idrici del 2011 hanno fruttato al comitato “2 sì per il bene comune” 1 milione di euro (mezzo milione per ciascun quesito).
La stessa cifra che si è accaparrata Italia dei Valori di Antonio Di Pietro per gli altri due quesiti abrogativi, quello sul legittimo impedimento per le alte cariche dello Stato e il secondo sulla produzione di energia elettrica nucleare in Italia



Nessun commento:

Posta un commento