MAURIZIO BELPIETRO - C'è
un'accozzaglia di signori che tifa per il Sì. Di questo «raggruppamento
indiscriminato e disparato» (definizione tratta dal dizionario Devoto Oli)
fanno parte Gad Lerner e Denis Verdini, Michele Santoro e Mirello Crisafulli,
Giovanni Bazoli e Vincenzo De Luca, Giorgio Napolitano e Giuliano Ferrara,
Carlo De Benedetti e Pier Ferdinando Casini, Vincenzo D'Anna e Fabrizio
Cicchitto, ovvero tutta gente che
notoriamente e da sempre lotta senza tregua contro la Casta. Così quanto
meno pare pensarla il presidente del Consiglio, che durante la puntata della
trasmissione di Rai 3 condotta da Lucia Annunziata, ha punzecchiato Maurizio
Landini, accusandolo di difendere la classe politica al potere e di impedire
che l'Italia cambi verso rinnovandosi. Peccato che nell'accozzaglia di
sostenitori del Sì vi siano alcuni degli esponenti più longevi della Casta,
ovvero gli stessi che dà almeno 30 se non 40 anni dettano legge in Parlamento,
nelle banche e in tv. Si può ragionevolmente pensare che Giorgio Napolitano, il
quale a novant'anni suonati ha assicurati, oltre allo stipendio e alla
pensione, uno stuolo di portaborse, non sia un autorevole rappresentante della
Casta? E si può ragionevolmente credere che Michele Santoro, uno che dalla Rai,
cioè da un'azienda pubblica, è entrato e uscito più volte riuscendo sempre a
guadagnarci, ottenendo anche di trascorrere una breve vacanza
all'Europarlamento, non faccia parte della Casta, per lo meno di giornalistica?
E allora forse, visto che l'accozzaglia è equamente
distribuita, che a sostenere il si ci sono «vecchi arnesi» esattamente come tra
chi sostiene il No, forse sarebbe ora di mettere da parte l'arma della retorica
anti Casta tanto cara al presidente del Consiglio e andare dritti al sodo della
riforma, senza ulteriormente scomodamente scomodare l’argomento del vecchio
contro il nuovo, che non solo non ha fondamento, ma che rischia di essere un
boomerang.
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