Cavour, Giolitti e Mussolini governarono sostanzialmente con lo stesso
sistema costituzionale, ma con leggi elettorali diverse. Fu l’introduzione del suffragio
universale (in un paese ad alto tasso di analfabetismo), e il Patto Gentiloni
che ne derivò, a cambiare gli assetti politici reali. In poco tempo l’Italia fu
spinta verso la Prima Guerra Mondiale, sull’onda delle pressioni violente
esercitate dalla teppa interventista di destra e di sinistra. Finita la
guerra più inutile della Storia, il sistema elettorale generò il caos
da cui originò il fascismo. E infine fu la legge Acerbo (voluta da
Mussolini e che determinò l’aggregazione del Listone) a trasformare un sistema
più o meno rappresentativo in una dittatura. E’ questo il quadro storico da non
dimenticare il 4 dicembre. A dispetto dei ragli di chi si ostina a
ripetere che l’Italicum non è oggetto della riforma costituzionale
soggetta a referendum, gli effetti nefasti della riforma Boschi-Verdini
derivano dalla combinazione con una legge elettorale demenziale
partorita dall’arroganza puerile del Ducetto La Qualunque convinto di avere in
mano il Paese grazie a un’elemosina di 80 euro. Una Costituzione che
rafforzi i poteri del governo nel quadro di un sistema parlamentare con sistema
elettorale proporzionale, sortisce effetti totalmente diversi quando il sistema
elettorale regala a una minoranza la maggioranza dei seggi in
Parlamento. Gli argini all’autoritarismo e all’arbitrio o, se
preferite, un efficace equilibrio di pesi e contrappesi assicurato dalle
dinamiche di una coalizione parlamentare, in un sistema maggioritario deve
essere garantito da istituzioni non soggette al controllo della maggioranza. Invece
la riforma elettorale assegna al caporione del partito che vince le elezioni
oltre al governo, il controllo di Commissioni Parlamentari, Rai, Autorità
indipendenti (si fa per dire), Forze Armate, Polizia, Banca d’Italia, Eni,
Finmeccanica, Inps, Enel, Cassa Depositi e Prestiti, Poste, Agenzia delle
Entrate, Equitalia (o come cavolo verrà ribattezzata), Ferrovie e una forte
influenza su Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e Csm. E, come
ciliegina, il caporione controllerà i cordoni della borsa su una miriade
di enti locali (con annesso sistema sanitario) nonché i salvataggi di
banche e imprese in dissesto. Detto in termini semplici, una legge elettorale
assurda e una Costituzione che non prevede argini alle decisioni del governo
in un paese dove lo Stato controlla direttamente o indirettamente oltre due
terzi dell’economia, significa instaurare un regime. Lo Statuto delle
Opposizioni è solo una carognata in quanto viene votato a maggioranza in
Parlamento, cioè in pratica viene dettato dal governo.
La Costituzione fissa principi generali e
regole vaghe. Il problema è che tali principi e regole vanno fatti
rispettare. Questo compito spetta all’autorità costituita. Ma se tale
autorità non ha nessun interesse ad agire, anzi propende per la violazione
delle regole costituzionali a proprio vantaggio, la Costituzione diventa come
lo Statuto Albertino durante il fascismo. Ad esempio l’art. 24 dello
Statuto recitava: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado,
sono eguali dinanzi alla Legge. […] Tutti godono egualmente i diritti civili e
politici, e sono ammessi alle cariche civili e militari, salve le eccezioni
determinate dalle leggi”. Questo articolo non impedì le leggi razziali
contro gli ebrei. Lo Statuto prevedeva la libertà di stampa (art. 28) e la
libertà di riunione (art. 32), ma non garantì nessuna delle due perché non
esistevano istituzioni che potevano opporsi al governo del Duce, nemmeno il Re.
Per concludere, un sistema costituzionale non si giudica dal fatto che se
vincono i nostri tutto va per il meglio. Si giudica dal fatto che se vincono
gli altri il sistema non si trasforma in un’autocrazia. La democrazia è
in prima istanza un meccanismo per limitare i poteri del sovrano e della
maggioranza. Non per aprire a qualche campiere della massoneria
agropastorale toscana, insieme al rottame comunista salernitano, la
porta del potere.
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