La vittoria di Donald
Trump "è intrisa di molta demagogia, irragionevolezza, carica
distruttiva e disgregativa", e "nasce come reazione di tutti i
colpiti e gli insoddisfatti dal processo di globalizzazione e dal ruolo,
semplicisticamente demonizzato, di ogni tipo di establishment e di ogni
assetto di potere". Il presidente emerito della Repubblica, Giorgio
Napolitano, in un intervento pubblicato sulla Stampa commenta
amareggiato il risultato delle elezioni americane: "L'impensabile è
accaduto, e occorre ora farsene una ragione e guardare a quel che può
seguire, ai rischi che si possono concretizzare non solo per l’America ma per
l’Europa e per il mondo, e prepararsi a cogliere contraddizioni e
opportunità che possono già intravedersi". E farsene una ragione
significa "ragionare su un'ondata di rigetto, che stiamo già vivendo in
Europa, da parte di larghi strati sociali e di opinione, di istituzioni e di
regole volte tradizionalmente a regolare la vita delle nostre società e dei
nostri Stati, la gestione delle relazioni internazionali e lo sviluppo
mondiale", scrive Napolitano. "Dinanzi alle crisi finanziarie
ed economiche", analizza l'ex capo dello Stato, "non sono valse le
politiche di austerità perseguite in Europa ma nemmeno ha persuaso negli Stati
Uniti l'opposta politica, in chiave espansiva e interventista, portata
avanti dall'amministrazione Obama e magari frettolosamente idoleggiata qua e là
in Europa". Per questo "esce dal voto dell'8 novembre più che mai
aperto e da riconsiderare a fondo il capitolo di un rinnovamento e di un
rilancio delle politiche di crescita e benessere e in particolare di
superamento di disuguaglianze crescenti".
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