Alessandro Sallusti - Il trionfo del magnate fa impazzire
vip, buonisti e benpensanti. E getta nel panico Renzi: dopo Brexit e Usa, tocca
al referendum. Il mondo non si è fermato né è crollato, anzi le Borse hanno
alla fine brindato al nuovo venuto. Nessun disastro quindi, come nel dopo
Brexit, come sarà il 5 dicembre in Italia se dovessero vincere i «no» al
referendum costituzionale, come sempre accade quando il popolo ha la
possibilità di esprimersi liberamente. Il successo di Trump ha smascherato i
terroristi politici e mediatici che avevano previsto scenari apocalittici. E
pure gli imbroglioni, i faziosi, le star di Hollywood che dal chiuso delle loro
ville dorate e blindate pensano di sapere come gira il mondo. Trump ha distrutto, spero per sempre, il
politicamente corretto, cancro della modernità, ha seppellito i complessi di
colpa per non essere chic e buonisti come ci vorrebbe la sinistra. Ha vinto
perché è un unicum, come lo è stato da noi Silvio Berlusconi vent'anni e passa
fa, perché ha dato dignità ai cittadini che hanno paura degli immigrati invece
di bollarli come razzisti, perché ha detto che un Paese è tale in quanto ha
confini inviolabili e leggi da rispettare, perché dice che abbasserà le tasse,
che frenerà l'invasione oltre che di uomini anche di merci per favorire le
imprese americane. Ha vinto perché non è un politico (prima volta nella storia
dell'America), perché Obama è stato uno dei peggiori presidenti e perché la Clinton
era, ed è, esattamente il contrario di tutto questo. Ci voleva tanto a capirlo
e prevederlo? Non credo, eppure è andata così. A rileggere i giornali e a
rivedere i telegiornali e i programmi Rai delle ultime settimane non so se c'è
da ridere o piangere, ma certo c'è da vergognarsi ad appartenere a una
categoria con un tasso così alto di stupidi tromboni che confondono i salotti
di New York per l'America: Hillary la santa vincente, Donald il maniaco
impresentabile. E tutti, da Papa Bergoglio al duo Renzi-Boschi fino ai grandi
capi dell'Europa fallita e snaturata a suonare la grancassa. Salvo poi prendere
atto che le donne, gli immigrati, gli operai e i cattolici americani hanno
scelto di stare con il «Dio, patria e famiglia» di Trump invece che con la
melassa clintoniana. Al povero Renzi non ne va più bene una. Dopo quelle pacche
sulla spalla con Obama alla Casa Bianca, dopo quel suo tifare sguaiato per la
Clinton nella recente visita a Washington, pensava di essersi assicurato un
futuro da statista. È finito sotto un Trump: cornuto e, dal 5 dicembre, pure
mazziato dagli italiani nell'urna. Lui cadrà, il mondo no. Proprio come per la
Clinton ieri.
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