L'elezione del tycoon ha provocato un aumento generalizzato dei
rendimenti dei titoli di Stato, perché i mercati si aspettano che le sue scelte
economiche inducano la Fed a muoversi in quella direzione. Il Tesoro quindi
pagherà di più sulle nuove emissioni. Questo mentre la deflazione fa aumentare
il rapporto tra l'indebitamento e il Pil. Gli effetti sui mercati più
immediati e vistosi dell’elezione di Donald Trump sono stati il rafforzamento del dollaro
e un aumento generalizzato dei rendimenti dei titoli di Stato. Entrambi hanno una matrice comune: l’idea
che le scelte economiche della nuova amministrazione Usa produrranno
maggiore inflazione e quindi indurranno la banca centrale
statunitense a muoversi più in fretta nel percorso di rialzo dei tassi.
La prospettiva dell’aumento dei tassi fa
scendere i prodotti finanziari –
Un aumento dei tassi, o semplicemente la prospettiva che questo accada, provoca
un immediato adeguamento dei rendimenti di tutti i prodotti finanziari.
Ma l’unico modo in cui il rendimento di un titolo di Stato può scendere o
salire è la variazione del valore dello stesso titolo. Bund, Btp,
Treasury eccetera pagano infatti una cedola fissa che non cambia mai. Ad
esempio un titolo decennale che vale 100 e rende il 10% pagherà ogni anno
sempre 10. Se però nel frattempo i rendimenti salgono (a titolo di esempio di
un altro 10%), il valore del titolo scende. Se viene scambiato a 50 invece che
a 100 e la cedola è ancora di 10 l’interesse pagato diventa del 20%. Oggi i
mercati si attendono che i titoli di Stato di prossima emissione renderanno più
di quelli in circolazione e quindi il loro valore si adegua automaticamente. Questo
non sta accadendo solo in Italia. I rendimenti dei titoli decennali
Usa sono saliti fino al 2,3%, il bund tedesco è passato dal -0,2% di
ottobre al +0,3%, i Btp italiani a 10 anni sono saliti fino al 2,2% sui massimo
da oltre un anno. L’Italia però, come spesso accade, vive anche dinamiche
particolari. In qualche misura incidono anche le incertezze legate al referendum
del 4 dicembre, come dimostra l’allargamento del differenziale di
rendimento rispetto ai titoli spagnoli
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