La fine corsa di Matteo, con ricatti e minacce,
canta l’inno al proprio ombelico mentre Roma e l’Italia bruciano. Su scuola,
immigrazione, caso-Marino, solo chiacchiere e mai un’assunzione di
responsabilità. Serve un governo che affronti le emergenze nazionali
La massima esibizione di renzismo
neroniano è andata in scena ieri a “Porta a Porta”. Al nostro
si-fa-per-dire Presidente del Consiglio mancava solo la cetra, mentre contemplava
la distruzione di Roma. Con la trovata da Ponzio Pilato, che si rivolge al
pubblico di Vespa, fuori programma e fuori onda e domanda: “Chi di voi
salva Marino?”. Risposta: solo in tre alzano il braccio, due astenuti,
gli altri tutti contro.
Non si prende la responsabilità,
una, una sola. Sulla situazione insostenibile di una giunta romana che ha
perso la credibilità e naviga nella palude della corruzione, non dice: Marino è
onesto ma non regge più, se ne vada per il bene della Capitale. No. Fa
esprimere il pubblico, e poi insinua, propone ordalie impossibili. “Se sa
governare vada avanti o torni a casa”. Chi decide che sa governare? Di
solito sono le elezioni a dirlo. Altrimenti lo fa il segretario del suo
partito. Perché fino ad ora l’evidenza
che non sa governare è una delle poche cose su cui qualunque romano metterebbe
la mano sul fuoco. La responsabilità non è mai sua, la colpa è sempre degli
altri. Così sulla scuola. La proposta di riforma è al Senato, e
Renzi è incapace di farla andare avanti o indietro. Siccome ha paura di essere
bocciato sugli emendamenti, che fa? Mette sotto accusa la democrazia. Dice: “Quest'anno
con tremila emendamenti in commissione non si riesce ad assumere i 100mila a
settembre. Le scelte dell'opposizione hanno come conseguenza che il
provvedimento non riuscirà ad entrare in vigore in tempo per settembre”. Insomma:
la sua capacità formidabile di spazzare via gli ostacoli parlamentari
legittimi, con un salto del canguro o con la tagliola, lascia il passo ad
una resa lamentosa, ad una sorta di ricatto. Se non togliete di mezzo
gli emendamenti, se non votate subito a favore, vi sbatto addosso 70 mila
persone che ho illuso con la promessa di assunzione e voi mi impedite di farlo.
Esisterebbe in realtà una soluzione. Mandarlo a casa. Su “Repubblica” Claudio
Tito – informato dei movimenti di pensiero (anche se la parola è esagerata) di
Renzi – accenna alla possibilità di elezioni subito, per impedire che il
metodo Venezia nel centrodestra gli metta contro un avversario troppo forte per
lui. Sia chiaro: in realtà Forza Italia è nata pronta, Berlusconi è un
maestro in questa capacità organizzativa e di slancio da campagna elettorale
fosse pura domattina. Oggi il centrodestra è sotto di 2,9 punti rispetto al
centrosinistra. E la distanza si riduce ogni giorno.
Di certo c’è una vera urgenza: ed è quella di avere un governo
capace di affrontare le emergenze nazionali. Ri-di-certo: l’Italia non può
permettersi il lusso di avere un egolatra al timone. Non vede orizzonti e
neppure scogli: ha il binocolo puntato sul proprio ombelico
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