lunedì 15 giugno 2015

IL GOVERNO RENZI NON SALDA I DEBITI DEI FORNITORI ANCORA 60 MILIARDI


La pubblica amministrazione deve saldare ancora sessanta miliardi di euro di debiti alle imprese italiane. Imprese che spesso, proprio per questo ritardo infernale, sono costrette a chiudere o a chiedere prestiti alle banche. I peggiori pagatori sono i comuni: record negativo in quello di Catanzaro (144 giorni di ritardo). Male anche l'Asl del Molise (126 giorni oltre la scadenza) e il Ministero dell'Economia (82 giorni dopo il termine pattuito). E' quanto denuncia la Cgia di Mestre in una nota. Sebbene la legge imponga alla Pubblica amministrazione (Pa) di pagare i propri fornitori con tempi compresi tra i30 e i 60 giorni, spiega la Cgia, una parte rilevante dei principali Comuni capoluogo di provincia, delle Regioni, dei Ministeri, delle grandi Asl e di alcuni enti pubblici continua a non rispettare questa scadenza. Dalla fotografia della Cgia, che ha analizzato i siti web delle p.a. che per la prima volta entro lo scorso 30 aprile avevano l'obbligo di pubblicare la tempestività dei propri pagamenti riferiti al primo trimestre di quest'anno, emerge una situazione "a macchia di leopardo". Mentre i Comuni, le Asl e alcuni Ministeri presentano dei ritardi inaccettabili, le Regioni e alcuni enti pubblici hanno "sforato in misura abbastanza contenuta o hanno addirittura saldato i propri fornitori in anticipo rispetto ai termini contrattuali. "In questa elaborazione abbiamo consultato solo un piccolo campione di soggetti pubblici - fa notare il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - e pur riconoscendo che le difficoltà e i tagli hanno ridotto le possibilità di spesa delle amministrazioni pubbliche, non e' giustificabile che una buona parte dei soggetti monitorati, a distanza di quasi 2 mesi e mezzo dalla scadenza prevista per legge, non abbia ancora pubblicato sul proprio sito internet alcun dato. Ancora una volta,quando la Pa. è obbligata a rendere conto ai cittadini-contribuenti del proprio operato, la trasparenza, spesso invocata a parole dai politici o  dai dirigenti pubblici, stenta ad affermarsi nei fatti”


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