Suggerisco a chi vuol conoscere il vero
programma economico di Bersani di rileggere il mio libro Le cooperative rosse.
Il più grande conflitto di interessi nell’Italia del dopoguerra. In quel libro,
analizzo l’intreccio di interessi esistenti fra la sinistra, le cooperative
rosse, le istituzioni governative (il riferimento temporale è al governo Prodi
ma si riprodurrebbe con Bersani) e le amministrazioni locali; intreccio che costituisce
un palese conflitto di interessi, incompatibile con una sana e libera economia
di mercato. Le cooperative rosse, sono divenute delle vere e proprie aziende
capitalistiche che finanziano e procurano voti alla sinistra, in cambio di una
legislazione privilegiata in campo fiscale e di un’assegnazione preferenziale
degli appalti pubblici: una sorta di “economia di scambio” a danno delle
aziende non cooperative. Una sorta di “porta girevole” che consente un
interscambio di classe dirigente fra il Pd, le cooperative rosse, la Cgil, le
amministrazioni locali e viceversa. Spesso le amministrazioni comunali,
provinciali, regionali erogano finanziamenti pubblici a sostegno della
cooperazione; finanziamenti che non avrebbero, alcuna giustificazione in una
normale economia. I media ignorano il colossale conflitto che esiste fra le
cooperative rosse e il Pd di Bersani. Si è così così creata un’area economica
privilegiata, all’ombra della sinistra, al cui centro si pone il
partito-azienda, ossia il Pd, in origine Pci. Il legame tra le cooperative
rosse e la sinistra ha dato vita ad un impero politico-finanziario-aziendale
non indifferente. L’esempio più eclatante del conflitto di interessi fra
governo di sinistra e cooperative rosse si è reso manifesto in occasione del
Decreto Bersani sulle liberalizzazioni, che ha rappresentato l’ennesima
dimostrazione di come la sinistra avvantaggi la grande distribuzione, in
quanto, in gran parte, legata alle cooperative rosse, a discapito della rete
distributiva minore e dei piccoli e medi commercianti. False liberalizzazioni
sono state quelle di Bersani, in quanto la scelta di consentire la vendita di
farmaci, di giornali nei supermercati e
di consentire l’apertura di distributori di
benzina Coop e Conad è stata concepita, prima di tutto, come un regalo alla
cooperazione rossa. Un ulteriore esempio di conflitto di interessi è il caso
Hera Spa, la super Municipalizzata di Bologna e dell’Emilia Romagna, nel cui
consiglio di amministrazione siedono rappresentanti delle cooperative rosse.
Il tribunale di Milano ha stabilito il 9
agosto del 2012 che non è reato dire che le coop sono uno «strumento del
capitalismo rosso», «un esempio da manuale di collateralismo tra politica e
affari». Il giudice di Milano ci ha infatti assolto dall’accusa di diffamazione
con una richiesta di danni per 550 mila euro intentata nei nostri confronti da
Hera, azienda multiservizi legata da sempre alle coop emiliane e al Pd, Pds,
Ds, Pci per un volumetto allegato nel 2006 a “Panorama”. Hera è stata
condannata a pagare le spese di lite e i compensi dei nostri legali per un
totale di 21 mila euro. Una vera disfatta giudiziaria. «Il sistema Legacoop è
un caso gigantesco di conflitto di interessi che vede in un ruolo chiave il
maggior partito politico della sinistra». Parole ritenute fondate dal giudice,
da ricordare a Bersani quando, come ha fatto più volte, cercherà di presentarsi
nuovamente come liberalizzatore dell’economia.
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