Nella
norma di riordino degli enti locali c’è un comma che potrebbe creare molti
problemi in futuro: “In attesa della riforma del Titolo V della Carta...” L’accelerazione obbligata nell'approvazione
della Legge di Bilancio nell'aula del Senato ha impedito che venisse deciso
come ripartire tra gli enti locali i soldi confluiti nel 'Fondone'. E ora serve
un intervento, altrimenti non sapranno come predisporre i propri bilanci, da
approvare entro il 28 febbraio. A farne le spese 10mila chilometri di strade e
5mila istituti scolastici. Sono sopravvissute al referendum, ma non
brindano. Anzi, hanno già fatto partire la potenziale conta dei danni: oltre 100mila chilometri di strade senza
manutenzione e 5mila scuole a rischio. Perché senza finanziamenti urgenti in
grado di sterilizzare gli ulteriori tagli già previsti, le 76 Province
delle regioni a statuto ordinario rischiano il default, qualora non
versino già in quello stato come Caserta, Vibo Valentia e Biella
o siano vicine a un punto di non ritorno come quasi tutte quelle pugliesi e
piemontesi. La riforma Delrio è rimasta a metà, sospesa nel limbo dopo
la bocciatura della riforma Boschi che avrebbe dato l’ultima mano di bianchetto
sull’ente intermedio già ridimensionato in strutture, personale e
competenze da leggi degli scorsi anni. E’ invece riemerso, ma impaludato a tal punto
che da nord a sud l’allarme dei presidenti è univoco: “Senza soldi, non
siamo in grado di redigere i bilanci, mettendo a rischio i servizi
fondamentali che rientrano ancora tra le nostre competenze”. Chilometri
e chilometri di strade e migliaia di scuole, appunto. Nonostante la dieta
imposta dal 2015, infatti, le spese restano. Nel 2013 erano 7,5 miliardi e ora si è scesi a 4,8 finanziati in maniera fantasiosa
con imposte sull’Rc auto e i passaggi di proprietà. Troppo poco per
tenere su la baracca, almeno stando ai calcoli dell’Unione Province
Italiane che ha già lanciato l’allarme. Subito dopo il referendum,
il presidente Achille Variati ha scritto a Sergio Mattarella,
invocando un intervento: “A causa degli tagli insopportabili a cui siamo stati
sottoposti, ci troviamo nell’impossibilità di predisporre i bilanci per il
2017. La conseguenza di questa emergenza avrà, se non risolta, ripercussioni
pesantissime sui servizi ai cittadini la cui erogazione non potrebbe più essere
garantita”. Tradotto: serve un decreto legge per risolvere i nodi sui bilanci
delle Province, non sciolti dalla legge di Bilancio.
Non sono stati solo gli effetti del referendum
a travolgerle, infatti, ma anche la caduta del governo Renzi.
L’accelerazione obbligata del bilancio nell’aula del Senato ha impedito che
venisse deciso come
ripartire tra gli enti locali i soldi confluiti
nel “Fondone”. E ora serve un intervento, altrimenti le Province non
sapranno come predisporre i propri bilanci, da approvare entro il 28 febbraio.
Parliamo di almeno 650 milioni da destinare all’ente sopravvissuto anche
grazie al No, che non basterebbero per coprire le spese ma consentirebbero
almeno di non tirare ulteriormente la cinghia, arrivata già abbondantemente
all’ultimo buco disponibile. Alla sforbiciata da 1,3 miliardi di
quest’anno, nel 2017 sono previsti ulteriori tagli per 650 milioni.
L’intervento al Senato sarebbe servito per sterilizzarlo, destinando una
cifra identica del Fondone. Ma le tappe forzate della crisi di governo hanno
ingarbugliato la situazione e ora la patata bollente è nelle mani
dell’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni.
Secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it
da fonti parlamentari, prima di Natale (probabilmente martedì o
mercoledì) il consiglio dei ministri dovrebbe varare un decreto – o
forse direttamente un decreto del presidente del Consiglio, per
accelerare l’iter – che ripartisca le risorse confluite nel Fondone così da
dare ossigeno alle Province. Rassicurazioni in tal senso sarebbero state
date dal neo ministro Claudio De Vincenti a colleghi di partito che si
stanno occupando di alcune questioni spinose riguardanti le proprie
province di appartenenza. I 650 milioni (più 250 per le Città metropolitane)
sarebbero quindi in arrivo. “Devono fare in fretta, un altro taglio sarebbe
insostenibile – spiega il presidente dell’Upi, Achille Variati al
Fatto.it – Bisogna ricordare che le Province in questo momento sono
amministrate dai sindaci in maniera sobria e gratuita. Quelle risorse non
sarebbero comunque sufficienti, ci arrangeremo. Però sia chiaro: noi tagliamo e
limiamo il possibile, ma non faremo i becchini dei servizi per conto dello Stato”.
Andrea Tundo
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