Il governo annunciata tagli del3 per cento al servizio sanitario nazionale
e subito i padroni della sanità, i presidenti delle Regioni, insorgono
annunciando che così gli ospedali non saranno più in grado di fornire i servizi
essenziali ai cittadini. Ma chi può crederci?
Certo che no, Un (ventilato) taglio del 3 per cento
alla dote triennale del Servizio Sanitario - che è, per favore, di 337miliardi quale
ripercussione potrebbe mai avere sui «servizi essenziali»? Caso mai ci andrebbe
di mezzo, ma senza grossi traumi, la
voce di spesa - una novantina di miliardi - «Beni e altri servizi». E poi,
sarebbero tagli? Non c'è presidente di
Regione, non c’è direttore generale
(poltrona che non si ottiene per concorso, ma per «chiamata» politica). E poi
ci si lamenta della gestione festante
delle aziende ospedaliere, non c'è primaria, medico o infermiere che non conosca la verità: nella Sanità gli
sprechi - massime nelle forniture, ma anche nei sevizi detti «alberghieri» sono
la regola, non l'eccezione. Anche negli ospedali meglio diretti e «virtuosi»,
dove lo sperpero è caso mai ridotto, certo non assente. Un esempio al san Raffaele
morto il suo fondatore, per rimettersi amministrativamente in sella un ospedale
privato, il liquidatore, affondo il
coltello nello ”spreco” che fu valutato attorno al 15 per cento delle spese generali. E del 15 per
cento secco tagliò i costi delle forniture «alberghiere» e biomediche. Partendo
dalle siringhe monouso per finire ai peacemaker. Senza che per questo fosse minimamente
compromessa l’ eccellenza che è vanto
dell’ ospedale milanese o che i fornitori sospendessero gli approvvigionamenti.
Ora se la spending review sanraffaellina tarata al 15 per cento si è conclusa
con successo senza pregiudicare i
«servizi essenziali»e non, si dica che per che la stessa cosa, tarata alla miseria
del 3 per cento, risulti impossibile o comunque catastrofica per il Servizio
Sanitario Nazionale. Non ce la raccontano giusta, questo è.
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