di
Arturo Diaconale. Sapere che la
recessione è ancora in atto non suscita particolare stupore. Non c'era bisogno
di attendere gli ultimi dati Istat per sapere che la crisi non è affatto
passata e che i suoi effetti pesanti continuano a farsi sentire su fasce sempre
estese della popolazione italiana. Ciò che stupisce, semmai, è che nessuno si
ponga l'interrogativo sul perché mai le difficoltà economiche siano rimaste
inalterate a dispetto delle innumerevoli terapie attivate dai governi che si
sono succeduti negli ultimi anni. Non c'è bisogno di rispolverare la teoria del
complotto per ricordare come l'ultimo governo Berlusconi venne liquidato in
nome della assoluta necessità di passare da un esecutivo politico, che non
aveva saputo prevenire ed affrontare la crisi, ad un esecutivo tecnico che
avrebbe dovuto avere successo dove il predecessore aveva fallito. Quella
ricetta, così tanto invocata dall'Europa e così fortemente voluta dal
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si rivelò un disastro completo.
Mario Monti, il tecnico che avrebbe dovuto essere l'uomo del miracolo , si
dimostrò totalmente incapace non solo sul terreno tecnico provocando il
passaggio dal semplice declino alla più profonda recessione ma anche su quello
politico fondando un partito privo di consenso popolare ed abbandonandolo al
suo destino dopo aver preso atto della propria incompetenza.
Fallita
la ricetta tecnica si ritornò a quella politica, affidata alle mani di Enrico
Letta e fondata sulla formula delle larghe intese che , però, divenne ben
presto quella delle piccole intese basate sulla eliminazione giudiziaria e
parlamentare di Silvio Berlusconi. Ma anche questa trovata ebbe un effetto
talmente negativo da giustificare l'avvento a Palazzo Chigi di un personaggio
privo di legittimazione elettorale come Matteo Renzi , che avrebbe dovuto
superare il tecnicismo ed il politicismo e produrre un cambiamento profondo e
salutare della società italiana.
Oggi
si verifica che un così lungo e tormentato percorso non solo non ha portato ad
alcun risultato ma ha addirittura accentuato le difficoltà e le condizioni
negative di partenza. Il debito pubblico è cresciuto , la produzione si è
ridotta, i consumi sono calati , la disoccupazione ha raggiunto livelli da
record e le condizioni di vita del popolo italiano sono crollate ai livelli
dell'inizio degli anni '70.
Renzi
sostiene che trasformando il Senato in una assemblea senza poteri delle
autonomie locali si creano finalmente le condizioni per eliminare il
bicameralismo ed accelerare i processi decisionali e legislativi indispensabili
per la ripresa. Ma a parte la considerazione che la fine del bicameralismo non
è immediata e potrà verificarsi nella migliore delle ipotesi tra qualche anno,
per rendere il futuro monocameralismo rapido ed efficace ci vogliono anche
buone decisioni e buone leggi da approvare. Ci vuole, in altri termini, tutto
ciò che in questi anni, da Monti ad oggi, Renzi compreso, è clamorosamente
mancato e la cui assenza ha provocato non l'uscita dalla crisi ma il suo
drammatico aggravamento.
Su
chi ricade la responsabilità di un simile disastro? Per mesi Mario Monti ha
scaricato sul suo precedessore la colpa della crisi. Per mesi Enrico Letta ha
fatto lo stesso nei confronti di Monti. E se Renzi non ha seguito gli esempi
precedenti è solo perché è entrato a Palazzo Chigi proprio in forza della
condanna senza appello da lui pronunciata nei confronti di Letta. Ora l'accusa
di fallimento colpisce anche il Premier attuale . Con un effetto che nessuno
avrebbe mai potuto immaginare solo un mese fa. Chi l'avrebbe mai pensato,
infatti, che anche Renzi sarebbe stato un leader di sola e semplice transizione
destinato a subire la crisi e non a risolverla?
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