giovedì 7 agosto 2014

RENZI LEADER DI TRANSIZIONE


di Arturo Diaconale. Sapere che la recessione è ancora in atto non suscita particolare stupore. Non c'era bisogno di attendere gli ultimi dati Istat per sapere che la crisi non è affatto passata e che i suoi effetti pesanti continuano a farsi sentire su fasce sempre estese della popolazione italiana. Ciò che stupisce, semmai, è che nessuno si ponga l'interrogativo sul perché mai le difficoltà economiche siano rimaste inalterate a dispetto delle innumerevoli terapie attivate dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Non c'è bisogno di rispolverare la teoria del complotto per ricordare come l'ultimo governo Berlusconi venne liquidato in nome della assoluta necessità di passare da un esecutivo politico, che non aveva saputo prevenire ed affrontare la crisi, ad un esecutivo tecnico che avrebbe dovuto avere successo dove il predecessore aveva fallito. Quella ricetta, così tanto invocata dall'Europa e così fortemente voluta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si rivelò un disastro completo. Mario Monti, il tecnico che avrebbe dovuto essere l'uomo del miracolo , si dimostrò totalmente incapace non solo sul terreno tecnico provocando il passaggio dal semplice declino alla più profonda recessione ma anche su quello politico fondando un partito privo di consenso popolare ed abbandonandolo al suo destino dopo aver preso atto della propria incompetenza.

  
Fallita la ricetta tecnica si ritornò a quella politica, affidata alle mani di Enrico Letta e fondata sulla formula delle larghe intese che , però, divenne ben presto quella delle piccole intese basate sulla eliminazione giudiziaria e parlamentare di Silvio Berlusconi. Ma anche questa trovata ebbe un effetto talmente negativo da giustificare l'avvento a Palazzo Chigi di un personaggio privo di legittimazione elettorale come Matteo Renzi , che avrebbe dovuto superare il tecnicismo ed il politicismo e produrre un cambiamento profondo e salutare della società italiana.
Oggi si verifica che un così lungo e tormentato percorso non solo non ha portato ad alcun risultato ma ha addirittura accentuato le difficoltà e le condizioni negative di partenza. Il debito pubblico è cresciuto , la produzione si è ridotta, i consumi sono calati , la disoccupazione ha raggiunto livelli da record e le condizioni di vita del popolo italiano sono crollate ai livelli dell'inizio degli anni '70.
Renzi sostiene che trasformando il Senato in una assemblea senza poteri delle autonomie locali si creano finalmente le condizioni per eliminare il bicameralismo ed accelerare i processi decisionali e legislativi indispensabili per la ripresa. Ma a parte la considerazione che la fine del bicameralismo non è immediata e potrà verificarsi nella migliore delle ipotesi tra qualche anno, per rendere il futuro monocameralismo rapido ed efficace ci vogliono anche buone decisioni e buone leggi da approvare. Ci vuole, in altri termini, tutto ciò che in questi anni, da Monti ad oggi, Renzi compreso, è clamorosamente mancato e la cui assenza ha provocato non l'uscita dalla crisi ma il suo drammatico aggravamento.
Su chi ricade la responsabilità di un simile disastro? Per mesi Mario Monti ha scaricato sul suo precedessore la colpa della crisi. Per mesi Enrico Letta ha fatto lo stesso nei confronti di Monti. E se Renzi non ha seguito gli esempi precedenti è solo perché è entrato a Palazzo Chigi proprio in forza della condanna senza appello da lui pronunciata nei confronti di Letta. Ora l'accusa di fallimento colpisce anche il Premier attuale . Con un effetto che nessuno avrebbe mai potuto immaginare solo un mese fa. Chi l'avrebbe mai pensato, infatti, che anche Renzi sarebbe stato un leader di sola e semplice transizione destinato a subire la crisi e non a risolverla?


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