lunedì 19 agosto 2013

Berlusconi rilancia: la grazia è un problema anche dei democratici

Richiama il Pd e Napolitano alle proprie responsabilità. E sprona i militanti: "Io non mollo, prepariamoci al meglio"
Non solo il Colle, ma anche il Pd. Alla fine Silvio Berlusconi decide di ributtare la palla dall'altra parte del campo e aspettare le mosse dei suoi interlocutori. Il Cavaliere, infatti, continua a restare in silenzio - a parte poche battute al telefono con degli attivisti impegnati in una raccolta firme sulle riviera riminese - ma il messaggio che consegna ormai da tre giorni a chi ha occasione di vederlo ad Arcore o di parlargli al telefono è chiarissimo: «Io non mollo e alla pensione non ci penso proprio.

E la grazia non è un problema mio. Una soluzione esiste, quindi ora sta al Quirinale decidere se farsene carico oppure no. Al Quirinale e anche al Pd».
Dopo alcuni giorni di riflessione, dunque, il Cavaliere è più che mai deciso ad uscire dalla sua metà campo e smetterla con il catenaccio. Per questo non solo lui ma anche molti big del Pdl insistono nel chiedere al Pd di «assumersi le sue responsabilità». Non lo fanno in maniera eclatante con il Colle, invece, ma solo perché simili prese di posizioni pubbliche sarebbero di fatto un atto di guerra contro il Quirinale. Anche se non è un mistero che nelle ultime ore e per le consuete vie ufficiose il messaggio a Giorgio Napolitano sia stato recapitato: è al Colle che spetta la prossima mossa e sarà il Colle a doversi assumere la responsabilità di quanto vorrà o non vorrà fare. E qui sta il punto, perché Berlusconi non ha alcuna intenzione di restare con il cerino in mano. E se davvero la partita finirà con la detenzione (che siano arresti domiciliari o servizi sociali) e la successiva decadenza da senatore l'ex premier è deciso a fare in modo che «ognuno si assuma le sue responsabilità». In primo luogo il Quirinale, che - questo si è ripetuto in questi giorni nelle riunioni di Arcore - non avrebbe alcun problema ad intervenire con un motu proprio e che dovrà «spiegare la sua inerzia a dieci milioni di italiani» che hanno votato per il Cavaliere. Eppoi il Pd, che non può illudersi di appoggiare in Giunta per le elezioni la decadenza da senatore di Berlusconi e pensare di continuare a tenere in piedi un governo di cui il Pdl - e quindi l'ex premier - è il principale azionista insieme ai Democratici.


Un braccio di ferro, dunque, destinato a durare ancora molti giorni. Anche perché pubblicamente il Cavaliere si limita a qualche battuta, ma si guarda bene dall'entrare nel merito prestando il fianco alle critiche piuttosto prevedibili. Così, quando il senatore Mario Mantovani lo mette in viva voce davanti a un gazebo di Bellaria dove alcuni militanti raccolgono le firme per i referendum sulla giustizia, l'ex premier si limita a un «io resisto». «Farò fino all'ultimo l'interesse del Paese e degli italiani. Voi - aggiunge Berlusconi - andate avanti con coraggio. Non vi farò fare assolutamente brutte figure, prepariamoci al meglio».

Un Cavaliere, insomma, che in pubblico preferisce restare prudente. Anche se i due fronti - Quirinale e Pd - iniziano a essere battuti con una certa insistenza. Sul primo, per esempio, sono eloquenti le parole di Daniela Santanché. «Per me - attacca - la nota del Quirinale è irricevibile. Voleva dire: “Berlusconi non rompere le scatole, mettiti fuori dalla politica, stai accucciato che poi, forse, ti grazio”. Non è l'atteggiamento che deve avere l'arbitro. Napolitano è il presidente di tutti. Non può fare l'arbitro e anche il giocatore». Ad affondare sul Pd, invece, una buona parte dei big di via dell'Umiltà. Da Fabrizio Cicchitto («per far vivere un governo bisogna essere in due») a Daniele Capezzone («Letta fermi i provocatori del Pd») e Maurizio Gasparri, passando per Augusto Minzolini («O soluzione politica o crisi di governo»), Roberto Formigoni («Letta garantisca per Berlusconi») e Osvaldo Napoli («la posizione del Pd è rocambolesca»).

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