Caro Presidente e Amico,
rileggo le parole da Te pronunziate ieri per il
raduno di Imola. Sei il più bravo. Legando – “come conseguenza logica” – il
Patto del Nazareno alla scelta del successore di Napolitano, mostri come Tu
intenda la democrazia. Per Te è limpidezza di rapporti tra le forze politiche,
stima dell’altro, dialogo per il bene comune e l’interesse nazionale. Ti
aspettavi davvero un sì? Io ero sicuro Ti avrebbero risposto con un no, per di
più per bocca di luogotenenti del Capo: sono più malizioso di Te. Ma con la Tua
dichiarazione così trasparente e fiduciosa, hai costretto Renzi a svelare il
bluff di un Patto che, nella sua mente, era un azzardo morale sin dal
principio.
Per lui era un accordo opportunistico, da usare
come legame per trascinarci a un sistema politico su misura per garantire a se
stesso e al Pd l’occupazione di ogni spazio di democrazia, per di più
pretendendo il nostro assenso (e, magari neutralizzando così il suo dissenso
interno).
Per noi il “Nazareno” ha avuto sempre il significato
di metodo instaurato per rimediare con pragmatismo democratico alla presenza in
Parlamento di una maggioranza incostituzionale, causa il premio di 148 deputati
bocciato dalla Consulta. Un presupposto che motivava la parità tra i partner,
tale per cui nessuno poteva spostare una virgola dei contenuti maturati
insieme, senza il consenso dell’altro.
Per quanto detto, il metodo implica logicamente la
scelta istituzionale del Quirinale. Invece, il Quirinale no, hanno detto i
poveri vice segretari del Pd: ci consulteremo dentro il Pd, poi ne parleremo
con tutti i partiti, ma il pallino è solo nostro. Insomma, hanno voluto far
sapere che intendono capitalizzare per altri sette anni quel furto di
democrazia denunciato dalla Corte Costituzionale. Inaccettabile. Il “cosiddetto
Patto del Nazareno” ha spiegato Debora Serracchiani, serviva solo “per le
riforme costituzionali e le riforme istituzionali (sic, forse voleva dire
elettorali…)”. Il resto non c’entra.
I due vice di Renzi sbagliano due volte. La prima
è quando escludono il Quirinale dal Nazareno. La seconda è quando includono nel
Patto le riforme che io chiamo Renzicum e Senaticum. Non c’entrano nulla con
quanto si stipulò il 18 gennaio scorso. Non era nato, quel Patto, per approdare
a questi mediocri compromessi all’interno del Pd e all’interno della
maggioranza di governo. Renzicum e Senaticum si sono invece sviluppati e
configurati stravolgendo i contenuti inizialmente concordati e il metodo delle
loro modifiche. Sono delle cattive riforme che, se dovessero andare in vigore,
cannibalizzerebbero la democrazia.
Per questo credo che Tu, per la naturale
predisposizione a dar fiducia all’interlocutore, sia stato troppo generoso nel
valutare le riforme e il processo della loro (de)formazione. Te lo dico con la
franchezza e la lealtà che ha sempre caratterizzato il mio rapporto con Te: non
è così. Non è roba nostra, non sono le nostre riforme. Non possiamo permetterci
di tradire le nostre convinzioni, trascinati dalle minacce leonine di Renzi che
predica “dopo di me, la Troika”. Dovrebbe correggere: a causa mia, la Troika.
Non possiamo continuare a sostenere uno che accompagna questo Paese verso una
deriva negatrice della democrazia e delle riforme non solo da noi sognate, ma
da noi anche definite e approvate dal Parlamento nel 2005. Furono bocciate,
poi, per una vergognosa campagna di disinformazione condotta dalla sinistra e
dai poteri forti, che non volevano avere a che fare con un’architettura
istituzionale efficiente. Ragione di più, oggi, per non arrenderci a quegli
stessi poteri.
Trascrivo le tue parole di ieri: “Abbiamo ritenuto
di dover stipulare quel Patto del Nazareno che ci ha dato e ci dà tanto
fastidio perché ci ha impedito una opposizione vera su tutto, ha creato delle
difficoltà al nostro interno, ha confuso il nostro elettorato. Ma come facevamo
a dire di no a delle riforme che erano e sono le nostre riforme?”.
Perfetto, meno l’ultima frase, se mi consenti.
Chiarisco. Lo spirito con cui ti sei mosso, il modello che hai messo sul
tavolo, erano certo le “nostre riforme”. Ed è stato giusto, in quel 18 gennaio
e nelle ore immediatamente successive, accedere a dei compromessi che tenessero
fermi i valori essenziali di una legge elettorale maggioritaria, senza il verme
corrosivo delle preferenze, che premiasse le coalizioni, assicurando
governabilità. Così pure è stato in piena coerenza con la nostra riforma
costituzionale del 2005 rilanciare l’idea di superare il bicameralismo
perfetto.
Questo all’origine, e fino all’approvazione dell’Italicum
alla Camera il 12 marzo scorso, per cui tanto mi sono battuto. Ma il metodo era
persino più importante dei contenuti. Consisteva in questo: si decide insieme,
fino alla fine del percorso delle due riforme. Non è pensabile, come invece
intende Renzi, che si possa essere d’accordo “fino a un certo punto”, poi il Pd
va avanti da solo, blindando la legge elettorale, accelerando quella
costituzionale per capovolgere a suo vantaggio il senso di quanto pattuito.
Renzi ha imposto diciassette cambiamenti alla
legge elettorale e alle riforme costituzionali. L’Italicum si è trasformato in
un Renzicum. Nel senso che ormai non solo è tutto opera del premier, ma lo fa
essere un abito perfetto per il suo strapotere futuro.
Il Senaticum non ha nulla, proprio nulla della
fragranza e limpidezza della nostra riforma costituzionale del 2005.
Per cui sono ancora una volta d’accordo con Te che
solo un Presidente della Repubblica realmente condiviso, apra alle riforme,
quelle buone, quelle vere, quelle utili, quelle scritte bene, quelle
equilibrate nel senso dei pesi e dei contrappesi, realmente condivise e non
subite. Siamo ancora in tempo. Se no, no.
Con l’affetto di sempre!
RENATO BRUNETTA
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