martedì 16 dicembre 2014

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE BERLUSCONI. LE RIFORME SONO LE NOSTRE? IO DICO DI NO. RENATO BRUNETTA


Caro Presidente e Amico,
rileggo le parole da Te pronunziate ieri per il raduno di Imola. Sei il più bravo. Legando – “come conseguenza logica” – il Patto del Nazareno alla scelta del successore di Napolitano, mostri come Tu intenda la democrazia. Per Te è limpidezza di rapporti tra le forze politiche, stima dell’altro, dialogo per il bene comune e l’interesse nazionale. Ti aspettavi davvero un sì? Io ero sicuro Ti avrebbero risposto con un no, per di più per bocca di luogotenenti del Capo: sono più malizioso di Te. Ma con la Tua dichiarazione così trasparente e fiduciosa, hai costretto Renzi a svelare il bluff di un Patto che, nella sua mente, era un azzardo morale sin dal principio.
Per lui era un accordo opportunistico, da usare come legame per trascinarci a un sistema politico su misura per garantire a se stesso e al Pd l’occupazione di ogni spazio di democrazia, per di più pretendendo il nostro assenso (e, magari neutralizzando così il suo dissenso interno).
Per noi il “Nazareno” ha avuto sempre il significato di metodo instaurato per rimediare con pragmatismo democratico alla presenza in Parlamento di una maggioranza incostituzionale, causa il premio di 148 deputati bocciato dalla Consulta. Un presupposto che motivava la parità tra i partner, tale per cui nessuno poteva spostare una virgola dei contenuti maturati insieme, senza il consenso dell’altro.
Per quanto detto, il metodo implica logicamente la scelta istituzionale del Quirinale. Invece, il Quirinale no, hanno detto i poveri vice segretari del Pd: ci consulteremo dentro il Pd, poi ne parleremo con tutti i partiti, ma il pallino è solo nostro. Insomma, hanno voluto far sapere che intendono capitalizzare per altri sette anni quel furto di democrazia denunciato dalla Corte Costituzionale. Inaccettabile. Il “cosiddetto Patto del Nazareno” ha spiegato Debora Serracchiani, serviva solo “per le riforme costituzionali e le riforme istituzionali (sic, forse voleva dire elettorali…)”. Il resto non c’entra.
I due vice di Renzi sbagliano due volte. La prima è quando escludono il Quirinale dal Nazareno. La seconda è quando includono nel Patto le riforme che io chiamo Renzicum e Senaticum. Non c’entrano nulla con quanto si stipulò il 18 gennaio scorso. Non era nato, quel Patto, per approdare a questi mediocri compromessi all’interno del Pd e all’interno della maggioranza di governo. Renzicum e Senaticum si sono invece sviluppati e configurati stravolgendo i contenuti inizialmente concordati e il metodo delle loro modifiche. Sono delle cattive riforme che, se dovessero andare in vigore, cannibalizzerebbero la democrazia.


Per questo credo che Tu, per la naturale predisposizione a dar fiducia all’interlocutore, sia stato troppo generoso nel valutare le riforme e il processo della loro (de)formazione. Te lo dico con la franchezza e la lealtà che ha sempre caratterizzato il mio rapporto con Te: non è così. Non è roba nostra, non sono le nostre riforme. Non possiamo permetterci di tradire le nostre convinzioni, trascinati dalle minacce leonine di Renzi che predica “dopo di me, la Troika”. Dovrebbe correggere: a causa mia, la Troika. Non possiamo continuare a sostenere uno che accompagna questo Paese verso una deriva negatrice della democrazia e delle riforme non solo da noi sognate, ma da noi anche definite e approvate dal Parlamento nel 2005. Furono bocciate, poi, per una vergognosa campagna di disinformazione condotta dalla sinistra e dai poteri forti, che non volevano avere a che fare con un’architettura istituzionale efficiente. Ragione di più, oggi, per non arrenderci a quegli stessi poteri.
Trascrivo le tue parole di ieri: “Abbiamo ritenuto di dover stipulare quel Patto del Nazareno che ci ha dato e ci dà tanto fastidio perché ci ha impedito una opposizione vera su tutto, ha creato delle difficoltà al nostro interno, ha confuso il nostro elettorato. Ma come facevamo a dire di no a delle riforme che erano e sono le nostre riforme?”.
Perfetto, meno l’ultima frase, se mi consenti. Chiarisco. Lo spirito con cui ti sei mosso, il modello che hai messo sul tavolo, erano certo le “nostre riforme”. Ed è stato giusto, in quel 18 gennaio e nelle ore immediatamente successive, accedere a dei compromessi che tenessero fermi i valori essenziali di una legge elettorale maggioritaria, senza il verme corrosivo delle preferenze, che premiasse le coalizioni, assicurando governabilità. Così pure è stato in piena coerenza con la nostra riforma costituzionale del 2005 rilanciare l’idea di superare il bicameralismo perfetto.
Questo all’origine, e fino all’approvazione dell’Italicum alla Camera il 12 marzo scorso, per cui tanto mi sono battuto. Ma il metodo era persino più importante dei contenuti. Consisteva in questo: si decide insieme, fino alla fine del percorso delle due riforme. Non è pensabile, come invece intende Renzi, che si possa essere d’accordo “fino a un certo punto”, poi il Pd va avanti da solo, blindando la legge elettorale, accelerando quella costituzionale per capovolgere a suo vantaggio il senso di quanto pattuito.
Renzi ha imposto diciassette cambiamenti alla legge elettorale e alle riforme costituzionali. L’Italicum si è trasformato in un Renzicum. Nel senso che ormai non solo è tutto opera del premier, ma lo fa essere un abito perfetto per il suo strapotere futuro.
Il Senaticum non ha nulla, proprio nulla della fragranza e limpidezza della nostra riforma costituzionale del 2005.
Per cui sono ancora una volta d’accordo con Te che solo un Presidente della Repubblica realmente condiviso, apra alle riforme, quelle buone, quelle vere, quelle utili, quelle scritte bene, quelle equilibrate nel senso dei pesi e dei contrappesi, realmente condivise e non subite. Siamo ancora in tempo. Se no, no.
Con l’affetto di sempre!
RENATO BRUNETTA

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