Mercoledì.
Lo sappiamo bene. È una data che abbiamo stampata
nella mente. Momento di suprema ingiustizia ma anche di sdegno e di affetto, di
protesta e di riscossa. Ma prima di mercoledì c’è stata la domenica.È stata la domenica del nostro sconcerto ma anche
della chiarezza. Si è alzato il velo sulle menzogne che sono state la
trama opaca del gioco politico di questi anni. Una trama, da ieri è evidente,
che ha avuto un protagonista verso cui abbiamo sempre portato rispetto, ed in
cambio ha risposto negando il ruolo di alta figura super-partes. Abbiamo usato
la parola “trama”. In senso neutro, come si dice di un tessuto. La sequenza
di date del “grande imbroglio” parla da sé. È una storia che abbiamo già
raccontata. Ora siamo in grado di dire che è stata una trama nel senso
negativo: ieri si è reso palese il regista del film. Il presidente
Napolitano ha dimostrato ieri di essere un uomo di parte. E non semplicemente
di una parte ideologica, come indicava peraltro la sua storia indimenticabile
(dal sostegno ai carri armati ungheresi nel 1956 al tardivo ripensamento senza
sanzione ma anzi con promozione, fino ai vertici dello Stato); non di una parte
ideologica, dicevamo, bensì di una fazione di potere politicamente e
giudiziariamente attiva, con un disegno sul Paese, che era ed è quello di
tenere lontano dalle leve di governo qualunque cosa odorasse di alternativa
autentica alla sinistra e al dominio tedesco dell’Europa. Cioè Berlusconi e
i suoi. Non ci stupisce la vocazione di Giorgio Napolitano. Il comunismo
italiano ha sempre avuto la sua capitale nella “Terza Roma”, come gli ortodossi
chiamano Mosca. Ora non è più l’Urss, ma un sistema di poteri forti che
passano da Bruxelles a Berlino fino a certi snodi del potere italiano con Banca
d’Italia e grandi banche insieme al loro quotidiano di riferimento, che
sappiamo tutti qual è.
Potete
leggere sul “Mattinale” la nota del Quirinale di ieri. Lo scopo trasparente
è quello di inibire la nostra volontà di manifestare, con dieci milioni di
elettori, la protesta per un’ingiustizia clamorosa e per la conseguente ferita
alla democrazia.
Dinanzi
alla proposta politica di Silvio Berlusconi da far valere nella pubblica
piazza, che è l’antica agorà ed è l’abc della libertà occidentale dai tempi di
Pericle, Napolitano mette in fila come piccoli carri armati le parole di
anatema, paventando una illegalità che è invece tutta nella decadenza del
leader di Forza Italia e traspare proprio nelle sue minacce flautate dal
linguaggio curiale, ma sotto cui si sente la durezza dell’acciaio che fu
sovietico.
Non ci facciamo intimidire. La nostra non
è una battaglia di parte, ma è per il bene comune, per l’interesse nazionale, e
perciò per ciascun singolo che viene oppresso da questa macchina
burocratico-giudiziaria che non ha nulla di democratico…
Con tutta la
stima che si merita
P.S. Non possiamo
tacere della nostra amarezza per l’atteggiamento di Angelino Alfano e di
quelli tra i suoi ministri che sono stati vicini a Berlusconi come dei
famigliari. La distanza tra le proclamazioni d’affetto e la realtà dei gesti, anzi
dei non gesti, è una lacerazione insopportabile.
Cari Amici, non c’è bisogno che condividiate parola per parola la nostra denuncia, ma
sapete benissimo che si sta commettendo contro Berlusconi e contro il popolo
che vi ha eletti un vero e proprio assassinio politico di un innocente.
E oggi nuove carte lo dimostreranno in maniera incontrovertibile. E allora
perché preferite rifugiarvi a palazzo Chigi e nella sede dei ministeri e del
Quirinale invece che mescolarvi alla nostra gente? Mercoledì vi aspettiamo,
a braccia aperte, nonostante tutto.
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