Il governatore dell'Emilia-Romagna Errani ha chiesto
ai deputati Pd di far passare una legge che abolisca i controlli della Corte
dei Conti. «Così
fan tutti», diceva l'ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito,
apripista degli scandali dei rimborsi regionali. E pare proprio avesse ragione,
viste le inchieste aperte un po' ovunque, ultima quella nella rossa Emilia. Proprio da lì, dalla roccaforte
del Pd, dove i politici locali chiedevano di farsi ripagare qualsiasi spesa
fosse anche lontanamente riconducibile al loro lavoro - compresi i 50 centesimi per
l'ingresso in un bagno pubblico il cui scontrino è stato regolarmente
rendicontato - sta partendo in questi giorni, e in sordina, una controffensiva
per «salvare» i consiglieri spendaccioni da indebiti controlli. È Vasco Errani,
che governa la Regione da quasi 15 anni, a guidarla. A riportare nei dettagli
la notizia è il Fatto Quotidiano. Una vicenda scandalosa, che la dice lunga sul
modo in cui la sinistra sta cercando zitta zitta di salvare la bella vita dei
consiglieri a colpi di emendamenti, cercando appigli tra un codice e l'altro. I
giudici contabili devono verificare se le spese sostenute dai vari consiglieri
regionali avessero davvero a che fare con l'attività istituzionale. Gli
emendamenti, presentati da Errani «come iniziativa dei presidenti delle
conferenze delle Regioni e dei presidenti dei Consigli regionali», vorrebbero
invece legargli le mani, facendo decorrere la normativa
solo
dal 2013, mentre le spese pazze risalgono per lo più agli anni precedenti. Un
vero e proprio colpo di spugna, dunque. L'aggancio naturalmente c'è: è quello
dell'«interpretazione autentica» di alcuni articoli del decreto legge 174
affinché vengano «chiariti i numerosi dubbi che la prima giurisprudenza della
Corte dei conti, con pronunce anche radicalmente contraddittorie tra loro, ha
evidenziato in relazione alla portata della nuova disciplina dei controlli sui
rendiconti dei gruppi consiliari». Una questione di chiarezza, insomma. Ma non
solo. Nel secondo emendamento c'è la stoccata finale a difesa dei privilegi.
Scomodando anche l'articolo 103 della Costituzione, Errani arriva a sostenere
che «i rendiconti dei gruppi consiliari hanno natura meramente amministrativa
e, come tali, non sono assoggettabili al giudizio di conto davanti alla Corte
dei conti».Il presidente dell'Emilia-Romagna ci aveva già provato a difendere i
suoi consiglieri percorrendo un'altra strada e arrivando fino alla Corte
costituzionale. Nel ricorso, deciso dall'intera giunta emiliana, si
contestavano i rilievi della Corte dei conti come «lesivi dell'autonomia e
delle competenze costituzionali della Regione».
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