La vittoria del Fronte nazionale alle regionali in
Francia profetizza la sconfitta della sinistra anche in Italia. Abbiamo un
vantaggio: il centrodestra è unito, c'è Berlusconi. E uno svantaggio: la
pulsione contro le ideologie novecentesche premia anche i 5 Stelle. La
prospettiva per la vittoria è solo lo spostamento verso il centro del
baricentro della coalizione, senza annacquare l'identità di Lega e FdI, ma
accettando la lezione francese ed evitando di rinchiuderci in una splendida
minoranza
È CAMBIATO IL VENTO IN EUROPA. SONO
FINITE LE CATEGORIE NOVENCENTESCHE E LE BASI SOCIALI DEI PARTITI. NON È UN VOTO
DI TERRORE, MA DI PAURA RAGIONEVOLE CHE UNISCE CONTRO IL PERICOLO COMUNE
In Francia alle Regionali ha vinto la destra della
Le Pen, il Fronte nazionale. Questo risultato viene dopo le elezioni polacche e
quelle spagnole. E' finita in Europa la pulsione irresistibile verso la
sinistra, nonostante essa sia ancora dotata delle trombe e dei tromboni di mass
media e intellettuali à la page. E – sia chiaro – non ha vinto il panico, il
si-salvi-chi-può, ma una sana paura, un sacrosanto timore che l'Europa
multiculturale e mono-tedesca, dominata dalla cultura della resa, ci consegni
all'invasione e alla miseria. Soprattutto faccia sparire quella cosa invisibile
e potente che è il sentimento di appartenenza a qualche cosa che viene prima di
noi, è più grande dell'individuo, si chiama popolo, ed è un'appartenenza non
negoziabile. Usare la parola “destra” è
per molti versi riduttivo. Non perché questa categoria antica e novecentesca
generi in noi ripulsa: tutt'altro. Ma si stanno spostando i riferimenti sociali
dei partiti. In Francia giovani e ceto operaio hanno cambiato accampamento
ideale. Sono passati al Fronte nazionale.
I FRANCESI RIVOGLIONO INDIETRO IL
PROPRIO PAESE. ALTRIMENTI LO PERDEREBBERO. LA SINISTRA DERIDE QUESTO SENTIMENTO
IDENTITARIO? PEGGIO PER LEI
Come spiegarlo? Quanto accaduto in Francia è una
espressione della "saggezza dei popoli". Una paura ragionevole, i
francesi rivogliono indietro il proprio Paese, per intero. Perché hanno capito
che altrimenti rischiano di perderlo. E' un sentire collettivo, un senso di
pericolo comune.
Gli italiani avvertono lo stesso
pericolo e vogliono la stessa cosa: rivogliono indietro il proprio Paese.
Capire questo, interpretarlo, dargli voce e forma, tradurlo in atti politici
conseguenti, non consentire alla Sinistra di deriderlo, è il nostro atout
vincente per le prossime elezioni. E noi diciamo che questo è possibile solo
con l'unità di tutte le forze di centrodestra, e con la presenza indispensabile
e trainante della Forza Italia di Silvio Berlusconi.
IN ITALIA C'È UN GRILLO SUL
MERCATO POLITICO, PURTROPPO
L'Italia è differente dalla
Francia. Per certi versi, purtroppo, per altri, per fortuna. Nel nostro Paese,
a differenza che in Francia, questo tipo di percezione del disastro incombente,
la delusione verso un'Europa che si è allontanata di corsa dalla volontà
democratica dei suoi padri, è stata capitalizzata non solo da chi è
ufficialmente parente a Strasburgo della
Le Pen, vale a dire dalla destra
di Salvini e Meloni, ma anche e soprattutto da Grillo, che non a caso è
imparentato con l'omologo bruitannico della Le Pen, cioè Farage. E questo è il
purtroppo.
IN ITALIA NON C'È SARKOZY, MA
BERLUSCONI. PER FORTUNA. SOLO UNA PRESENZA TRAINANTE DEL LEADER DI FORZA ITALIA
PUÒ CONSENTIRE DI USCIRE DAL RECINTO DI UNA SPLENDIDA MINORANZA
Ma tocca ora al “per fortuna”. E
si riferisce alla impossibilità francese del radunarsi insieme delle forze di
centro-destra. Mentre da noi questo è non solo possibile, ma sicuro grazie
all'alleanza di cui da ventuno anni si fa promotore e garante un leader come
Berlusconi, non a caso per questo sistematicamente calunniato e oggetto di
sentenze infami e attacchi giudiziari per impedirgli di adempiere il suo ruolo
storico.
Più analiticamente. Il Fronte
nazionale ha vinto in Francia perché è il primo partito, è al 30 per cento. Ma
non necessariamente governerà nelle regioni dove pure è in testa: c'è ora la
sfida del ballottaggio. Il rischio è che nelle divisioni della destra si infili
il Partito socialista e la restante sinistra, che è sconfitta dalla storia, ma
incredibilmente rischia di essere tenuta in lizza da quello che dovrebbe essere
il leader dei moderati, Nicolas Sarkozy, che però è una personalità divisoria,
attenta a se stesso più che al destino dei francesi e dell'Europa. Così in
Francia la destra è divisa, e questo la indebolisce.
Se infatti si sommano al Fronte
nazionale, i Repubblicani di Sarkozy, che sono tutto meno che sinistra e le cui
parole d'ordine somigliano su immigrazione e islam a quella dell’“altra”
destra, si arriva al 58 per cento e più. E invece ecco che si realizza la
alleanza repubblicana, figlia di ideologie novecentesche, queste sì davvero
reazionarie, con la desistenza reciproca, a favore uno dell'altro, di Sarkozy e
Hollande. Dopo i decisi smarcamenti di Marine dagli accenti dei nostalgici di
Vichy e da un funesto antisemitismo predicato dal vecchio padre Jean Marie, non
dovrebbero esistere più pregiudiziali del Partito popolare europeo per alleanze
con una destra democratica, che tra l'altro ha attenuato anche i toni
antieuropeisti, proprio perché sarebbe assurdo spappolare ulteriormente
l'Europa nel momento della guerra contro l'Isis.
NON C'È SPAZIO PER I
MICRO-SARKOZY CHE PORTANO IL LORO MEZZO ATOMO A RENZI
In Italia abbiamo dei
micro-Sarkozy, che hanno nel loro dna la desistenza, la totale attitudine a
farsi tappetino della sinistra pur di accoccolarsi ai piedi del potere per
papparsi delle briciole, con la pretesa di trascinare dal sultano fiorentino un
atomo di moderati, anzi mezzo.
Ma in Italia abbiamo per fortuna
Silvio Berlusconi. In Italia abbiamo avuto Bologna, l'8 novembre, con
l'esibizione pubblica di una formidabile intesa tra i tre leader. E prima
ancora l'accordo parlamentare tra i gruppi di deputati e senatori di Forza
Italia, Lega e FdI. Il cantiere dei programmi e delle idee, una opposizione
comune e forte per l'alternativa, vincente sul serio, e dunque strategicamente
efficace. Questo implica un baricentro di questa alleanza spostata al centro,
senza in nulla contraddire o smussare l'identità dei nostri alleati, ma
aprendoci al civismo identitario e moderato, che senza bisogno di sposare la Le
Pen si riconosce in una tradizione cristiana e liberale, non sopporta più
cessioni di sovranità a un'Europa a traino tedesco dominante e perdente. Nulla
come soggetto di un politica estera globale, militarmente sfibrata e incapace
di essere ponte solido per un incontro tra America, Russia, Cina, Turchia per
una coalizione sotto l'egida Onu e con il comando americano (come offerto dallo
stesso Putin).
La Francia ci sia di lezione. E'
cambiato il paradigma europeo. La sinistra è minoranza dovunque. Ma da sola la
destra che in Francia è al 30 per cento non va da nessuna parte, purtroppo. In
Italia è al 20, mentre la coalizione del Quadrifoglio ha le potenzialità di
superare quel 40 per cento che solo è garanzia di superare le ambiguità del
ballottaggio, con alleanze innaturali e che potrebbero favorire
alternativamente Renzi o i Cinque Stelle, quella “banda di balordi guidati
ormai da due giovanotti che non hanno mai lavorato, ma efficaci in tivù”
(copyright Berlusconi).
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