DI ERNESTO CERNEAZ .Nei loro due articoli di ieri,
sia Facco che Cagliani hanno messo in chiaro due aspetti – tasse e pensioni –
della manovra ferragostana. Ma i 45 miliardi e mezzo di euro che il governo s’è
imposto di raggranellare, toccano molti altri aspetti che meritano
l’attenzione, uno di questi è quello relativo ai tagli della politica. L’annuncio
fragoroso è stato: “Aboliremo 36 province, accorperemo oltre 1400 comuni,
taglieremo 54.000 poltrone”! La domanda è: secondo voi lo faranno? Basta
leggere i quotidiani di oggi e vi accorgerete che è scoppiata la rivolta dei
parassiti, fra i quali emergono a gran voce i leghisti, più parassiti degli
altri e, soprattutto, più affamati degli altri di soldi pubblici. A Lodi il
presidente in camicia verde della provincia a proposto una manifestazione di
piazza in difesa del “suo” ente; a Sondrio, un altro legaiolo, ha lanciato
l’idea di un referendum, in Toscana vogliono dar vita ad una nuova provincia
addirittura da chiamarsi “Apuania”. Stessa solfa tra i consiglieri comunali in
vista di taglio e – ancor di più – tra quelli regionali, che si intascano
migliaia e migliaia di euro a babbo morto, quando non per fare danni. Tornando
alle Province, i dati sono chiari: Allo Stato costano 14 miliardi di euro
all’anno, ai cittadini circa 160 euro pro-capite ogni dodici mesi: le Province
“sprecone” in Italia sono 110 in tutto. Danno da mangiare a 61 mila dipendenti
e, invece di essere ridotte, sono aumentate: negli ultimi sette anni ne sono
nate sette. Poi ci sono quelle in versione mini, ovvero con meno di 200 mila
abitanti, che sono 19 in tutto, il 17 % del
totale. A detenere il primato del gruppo “piccolissime” è la Sardegna, che ha 8
Province su 1 milione e 600 mila abitanti, di cui quattro davvero striminzite:
Medio Campidano (105.400 abitanti), Carbonia Iglesias (131.890 abitanti), Olbia
Tempio (138.334 abitanti) nella provincia di Cagliari e quella di Ogliastra
(solo 58.389 abitanti) nella provincia di Nuoro. Gli enti intermedi tra Regioni
e Comuni gestiscono scuole e strade, promuovono i prodotti locali, ma costano
allo Stato che spesso deve pagare viaggi, vizi e complementi d’arredo
praticamente inutili. Un vecchio esempio? La provincia di Venezia ha speso
9.240 euro per il lampadario in vetro di Murano del Palazzo (sede dell’ente) di
Cà Corner e 28 mila euro per le trasferte della giunta della leghista Francesca
Zaccariotto. Infine, ammettendo che sia giusto abolirle, delle due l’una: o le
province sono un ente del tutto inutile, le cui funzioni possono essere svolte
da altri (tra cui il mercato), oppure sono preziosissime ed insostituibili. Da
ciò si deduce che non c’è alcuna logica nel pensare di abolirne solo 36. Non si
capisce per quale motivo un triestino può farne a meno, mentre un trevigiano
no. Ora, dato che in Italia nulla è più definitivo di ciò che è provvisorio,
aspettatevi qualche sorpresa dal voto e dagli emendamenti a questa manovra in
parlamento. E non dimenticate che tutti i dipendenti delle
Province verranno riassorbiti dallo Stato. Charles Bukowski diceva: “La
differenza tra una democrazia e una dittatura è che in una democrazia prima
voti e poi prendi ordini; in una dittatura non devi perdere tempo a votare”. A
torta finita, loro fanno quel che vogliono, almeno fino a quando non li si
prende a forconate e non li si obbliga a fare marcia indietro.
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