mercoledì 10 ottobre 2012

ILVA: SCONGIURARE MONOPOLIO TEDESCO


Inaccettabile la scelta di spegnere l’altoforno dell’Ilva, non sarà certamente una cosa breve: serviranno dai sette ai dodici mesi. I rischi sono elevatissimi. La vita media di un impianto come quello di Taranto è di 15 anni, lavorando a ciclo continuo. Spegnere gli altoforni significa chiudere per sempre l’azienda e licenziare migliaia di lavoratori. Una catastrofe per la già sofferente economia italiana. Lo stabilimento pugliese, il più grande d’Europa, ha cinque altoforni, dei quali, attualmente, quattro in funzione. Il blocco dell’attività produrrà danni enormi a tutta la filiera siderurgica italiana e, in particolare, alla regione Puglia guidata da un fabulatore. L’impianto più complesso da fermare è la cokeria, formata da una serie di circa 200 forni in sequenza. In questo caso il timore è che si attivino esplosioni a catena. Anche per lo spegnimento degli altoforni i rischi sono elevatissimi, il minimo errore può provocare il cedimento interno del materiale refrattario. L’Italia produce 29 milioni di tonnellate di acciaio l’anno, e oltre un terzo provengono proprio dall’Ilva di Taranto. Con lo stop inevitabilmente ne risentiranno anche tutte quelle aziende nazionali ed europee che usano il prodotto finito. E il governo che fa? Sta a guardare? Non fa nulla per difendere un settore fondamentale per la nostra economia. E i tanti lavoratori che perderanno il posto di lavoro chi li sfamerà? Le loro famiglie di cosa vivranno una volta terminata la cassa integrazione? Evidentemente a Monti e ai suoi ministri questo interessa poco. Forse con la chiusura dell’Ilava si è deciso di fare un altro regalo alla Germania, già pronta ad assorbire questa fetta di mercato in un settore strategico dell’economia vera, quella produttiva. Mi appello al primo ministro Monti e al suo esecutivo, salviamo l’Ilva, conserviamo i posti di lavoro, salviamo le famiglie dei lavoratori italiani. I giudici non possono contribuire ad acuire la crisi. Anche il santo padre Benedetto XVI,




durante l’Angelus di Piazza San Pietro, ha rivolto un invito affinché si trovi una soluzione per la fabbrica tarantina: “Mentre assicuro la mia preghiera e il sostegno della Chiesa, esorto tutti al senso di responsabilità e incoraggio le Istituzioni nazionali e locali a compiere ogni sforzo per giungere ad una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro, soprattutto in questi tempi di crisi economica”. Il problema riguarda tutti i settori dell’industria metalmeccanica italiana. Se non si interverrà in tempi rapidi, le ricadute  sull’economia italiana saranno catastrofiche.
Diamo all’Ilva il tempo necessario (anni e non mesi) per ristrutturarsi, per adeguare alle regole sull’ambiente, non possiamo strangolare l’economia in nome di un ambientalismo straccione. La pezza sarebbe certamente peggiore del buco. Fabio FILIPPI Consigliere Regionale PDL

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