sabato 28 settembre 2013

VOTARE E’ MEGLIO CHE FARSI FOTTERE. LETTA ESPERTO A NON TAGLIARE LE SPESE O AUMENTARLE E RINVIARE


 “Votare la fiducia al governo Letta? E perché dovremmo, qual è la logica? Quale la coerenza?”, si chiede Giancarlo Galan, l’ex governatore del Veneto, manager di Publitalia 80, uno della vecchia guardia. “Stiamo solo perdendo tempo, andremo comunque alle elezioni”, dice, “la grande coalizione non funziona, non soltanto non serve a Berlusconi, ma non serve all’Italia. Il presidente della Repubblica dovrebbe essere più elastico, sciogliere le Camere sarebbe liberatorio per tutti”. L’andatura dei falchi non ha nulla di ozioso e dilatorio, e così, dentro l’agitato partito di Silvio Berlusconi, serpeggia un conflitto che non ha più soltanto a che vedere con la linea politica, non è soltanto la complicata dialettica interna che ormai separa persino Renato Brunetta (“votare ‘sì’ alla fiducia non è un problema”) dal resto dei duri. Ma tra governisti e crisaioli la distanza è persino estetica. “Noi siamo veloci, non vogliamo perdere tempo”, dice Daniela Santanchè, la Pitonessa che pone una distanza tra sé e Angelino Alfano, Gianni Letta, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi: “Vogliamo le elezioni, subito”, dice lei. Da una parte, dunque, quel riserbo, quel gioco obbligato di futilità introduttive, cortesi temporeggiamenti e garbo istituzionale che sono il mestiere di Gianni Letta e della diplomazia, da sempre, quegli strumenti che ieri il gran visir del berlusconismo ha estratto forse per l’ultima volta – ma chissà – in una giostra di telefonate e di incontri per rimpannucciare un contesto esplosivo (o forse già esploso). Dall’altra il fare lupesco, spiccio, pragmatico, funzionalista, e in definitiva molto, molto, berlusconiano di Santanchè, di Galan, di Denis

Verdini. Enrico Letta ha incontrato Giorgio Napolitano al Quirinale, si va verso una parlamentarizzazione della crisi. Ma il Pdl come si comporterà? “La stabilità non è un dogma”, dice la Pitonessa. “Se il governo fosse capace di governare sarebbe davvero un peccato farlo cadere, ma siccome con il Pd non riusciamo ad andare d’accordo, e poiché questo governo galleggia e basta (ma avete visto cosa succede con l’Iva?) allora tanto vale andare alle elezioni”. Ma ieri Angelino Alfano ha provato a mediare con i Letta, Gianni ed Enrico, zio e nipote. E il Cavaliere ieri sera, a un certo punto, sembrava avanzare dubitoso verso i miraggi di accordo, le ipotesi di ricomposizione, le profferte che gli venivano rappresentate dai suoi legati, malgrado lui sia ancora trattenuto dal molle e tenace vischio d’innumerevoli delusioni. “Ci prendono in giro”. Santanchè, come Galan, scuote la testa. “Non c’è mediazione, perché Napolitano non vuole cedere nulla. In questi mesi molti dei nostri sono andati da Berlusconi raccontandogli fantasie sulla grazia, sulla revisione della legge Severino, su ipotesi di accomodamento e di pacificazione. Balle. Gli hanno raccontato una montagna di balle, come se Napolitano fosse disponibile. Ma non è vero, non è mai stato vero”. Allora Alfano mentiva al Cavaliere? Sorriso pitonesco: “Il presidente della Repubblica è coerente, lui. Non ha mai fatto un solo cenno di disponibilità. Mai”. E insomma quello che per Alfano e Gianni Letta è riserbo, per Santanchè e Galan è losca elusività; quella che per Alfano e Letta è cortesia, per Santanchè e Galan è falsa adulazione.

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