venerdì 27 settembre 2013

TUTTI UGUALI DA SANTORO A FLORIS. BALLARO’, LE BALLE DI FLORIS: BERLUSCONI COLPEVOLE ANCHE QUANDO LO ASSOLVONO


Su Raitre ricostruiscono la vicenda giudiziaria del Cav, ma negano i proscioglimenti in Cassazione per la vicenda Mediaset. In chiusura dell’ultima puntata di Ballarò, il direttore di Panorama Giorgio Mulè solleva una contraddizione sulla condanna subita da Silvio Berlusconi: com’è possibile che per lo stesso reato la Cassazione lo abbia assolto per due volte, mentre una volta l’ha condannato? «Il pubblico deve sapere - dice Mulè - che ci sono due sentenze della stessa Corte di Cassazione che prosciolgono Berlusconi per lo stesso identico reato». «No, non è vero! - ribatte Giovanni Floris - Andiamo oltre, lei dice una cosa che non interessa  a nessuno, ormai è condannato». Mulè chiede di controllare, sul finire della trasmissione il conduttore di Ballarò si fa passare un foglietto ed emette la  sentenza: «Oltre al processo Mediaset ci sono altri due processi Mediatrade su cui è intervenuta la prescrizione. Ci vediamo martedì, alè!». Mulè cerca di ribattere, dice che non è vero, ma scorrono i titoli di coda e cala il sipario. Chi dice la verità? Quali sono i fatti? I due procedimenti di cui si parla sono i processi Mediatrade - uno a Milano e uno a Roma - entrambi filoni del processo Mediaset (quello in cui Berlusconi è stato condannato). La sentenza definitiva sul procedimento milanese arriva il 18 maggio 2012: la seconda sezione penale della Cassazione conferma il proscioglimento di Berlusconi, confermando la decisione  del  Gup di Milano dell’ottobre 2011. Secondo la Corte «l’esame delle prove indicate dal pm a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio non consentiva di individuare alcun concreto elemento probatorio da cui poteva evincersi una partecipazione materiale o anche solo morale di Silvio Berlusconi ai reati contestati nel procedimento». Berlusconi viene prosciolto per frode fiscale, mentre la prescrizione riguarda solo l’appropriazione indebita. Floris quindi ha detto una bugia.


Il processo romano Mediatrade  si risolve invece il 6 marzo 2013:  la terza sezione penale della Cassazione conferma il proscioglimento del Cavaliere «perché il fatto non sussiste». Floris ha detto la seconda bugia. Ma ciò che è interessante, a parte le assoluzioni, le prescrizioni e le condanne, sono le motivazioni contraddittorie che hanno portato a giudizi opposti. Nei tre processi le stesse prove in due  casi dimostrano l’innocenza, nel terzo la colpevolezza. 
È la discordanza e il dubbio che vorrebbe sollevare Mulè di fronte alle certezze di Floris che ripete: «È condannato!». Per i giudici che lo hanno condannato  Berlusconi era il «dominus indiscusso del gruppo anche in mancanza di poteri gestori formali», mentre per i giudici che lo hanno assolto  non aveva poteri sulle società: «Non emergevano condotte concludenti ai fini di un concorso nei reati addebitati, neppure sotto il profilo della gestione di fatto». L’altra prova regina è la lettera di Frank Agrama - il presunto “socio occulto” del Cavaliere - attraverso cui chiede garanzie a Mediaset sul fatturato. Per la corte capeggiata da Esposito «è evidente  che questa lettera confessione costituisce  la migliore dimostrazione che la difesa dell’imputato si è riferita a un rapporto teorico, ben diverso da quello reale». Insomma è il papello che prova il patto col “socio occulto”. Mentre per la Corte che lo ha assolto il Cav non c’era alcun sovrapprezzo sulle compravendite e «se il rapporto tra gli imputati fosse stato realmente una società occulta o di fatto, non si comprende  perché Agrama dovesse insistere ripetutamente con la dirigenza Mediaset...Sarebbe bastato rivolgersi al proprio socio occulto, Silvio Berlusconi, per ottenere quanto richiesto».  
La contraddizione è evidente e dovrebbe interrogare anche i giustizialisti: a quale Cassazione credere? Quella che ritiene Berlusconi dominus del gruppo e socio occulto di Agrama, o quella che lo scagiona? 
Il grande pubblico non conosce questi particolari e non ha avuto la possibilità di conoscerli dalla televisione pubblica, perché Floris ha preferito inventare prescrizioni e non dare argomenti al “nemico”. «È il problema  del giornalismo fatto per tesi - commmenta Giorgio Mulè - è vietato pensare. Si va avanti con idee precostituite, ma senza coltivare il dubbio si perde l’essenza del giornalismo». Non considerare punti di vista diversi, non commentare nè le sentenze, non dare spazio ad argomenti sgraditi. «Non chiedevo  di sostenere una tesi innocentista - continua Mulè -  ma la buona fede di fornire un’informazione completa». Nell’ansia di dover supportare l’ipotesi di colpevolista Floris questa settimana ha detto un po’ di bugie. Ci vediamo martedì prossimo. Alè! di Luciano Capone

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