Clamoroso restroscena de “Il Foglio”: Letta, Prodi e D’Alema stanno lavorando per insediare un tecnico alla guida del governo
Ci sta che Matteo Renzi possa essere preoccupato dopo i tanti e ripetuti segnali di queste ultime settimane. A partire da Giorgio Napolitano che, ha sollecitato il premier a una maggiore «accortezza» con l’Europa e con Angela Merkel, invitando però a non fare «analogie» tra il Berlusconi del 2011 e il Renzi di oggi. L’ex capo dello Stato, insomma, ha voluto smentire i timori di chi pensa che sia in atto un’operazione per far saltare il governo Renzi. D’altra parte, è proprio questo il sospetto che ieri campeggiava sulla prima pagina del Foglio, quotidiano solitamente informatissimo sulle cronache renziane, al punto che più d’una volta ne ha anticipato le mosse . Si racconta di un forte pressing presso l’establishment europeo da parte dei tre ex premier Romano Prodi, Massimo D’Alema e Enrico Letta, uniti dall’obiettivo comune di voler commissariare Renzi e sostituirlo con un tecnico alla Mario Monti (il nome che rilancia Il Foglio è quello dell’attuale presidente dell’Inps, Tito Boeri). Uno scenario non nuovissimo, ma ora avvalorato anche dall’inner circle del premier. E di segnali, in questo senso, ce ne sono stati. Dalle brusche oscillazioni dei mercati e di Piazza Affari fino al sali e scendi dello spread tra titoli di Stato italiani e tedeschi, uno dei principali indicatori per capire i segnali che arrivano dalla burocrazia (…)(…) di Bruxelles. Ma la tempesta potrebbe essere perfetta anche per l’imminenza di una
tornata amministrativa delicatissima, con la minoranza del Pd che sta lavorando alacremente per mettere i bastoni tra le ruote a Renzi. A Roma in particolare, dove a sostenere Roberto Morassut alle primarie del Pd contro il renzianissimo Roberto Giachetti ci sono Walter Veltroni, Massimo D’Alema, Goffredo Bettini e Pierluigi Bersani. A cui, pare, potrebbe aggiungersi la sponda silenziosa del defilato governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Giachetti, insomma, rischia non poco. E per Renzi la sconfitta potrebbe essere ancora più sonora se, oltre a «perdere» le primarie di Roma, il Campidoglio dovesse poi finire ai Cinque stelle. Una notizia che farebbe il giro del mondo in pochi minuti e che avrebbe ripercussioni non solo d’immagine per il premier, ma anche nei suoi rapporti con Bruxelles. Potrebbe essere questo, insomma, l’ultimo tassello dell’operazione anti-Renzi. Che, non a caso, racconta chi è di casa a Palazzo Chigi e molto vicino al leader del Pd, starebbe già ragionando su cosa fare da grande. Dietro agli affondi all’Europa e i botta e risposta con il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, infatti, potrebbe esserci la volontà di prepararsi il terreno per un’eventuale corsa proprio alla sua successione. È uno scenario a lungo termine, perché il mandato di Juncker scade nel 2019. Ma che torna non solo con la scelta di attaccare frontalmente la Merkel, che dal versante Ppe ambirebbe anche lei a quella poltrona, ma pure con una proposta lanciata qualche giorno fa dallo stesso Renzi. Quella di fare delle primarie del Pse per scegliere il prossimo candidato alla presidenza della Commissione Ue.
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