L’automazione, industriale e dei servizi, da tecnologici macchinari per le produzioni, fino alle casse automatiche che ormai troviamo ai caselli autostradali e nei supermercati, hanno certamente sottratto alla collettività numerosi posti di lavoro. E di questo, ne hanno beneficiato in pochi, ovvero i grandi gruppi industriali, che grazie all’automazione hanno triplicato, quintuplicato, decuplicato – in alcuni settori anche di più – la produttività, riducendo i costi, mentre per i lavoratori le condizioni di lavoro non sono migliorate, e l’orario di lavoro non è diminuito.
Ma il problema non è solo questo. Le grandi aziende hanno spostato le produzioni laddove il costo del lavoro è basso, fenomeno che riguarda non solo le fabbriche, ma un numero sempre più ampio di servizi, per esempio i call center, spostati in nord Africa ed in Albania.
Le aziende che hanno delocalizzato, oltre ad avere lasciato persone senza lavoro, hanno posto fuori mercato le aziende rimaste, che non possono competere con chi produce dove il costo del lavoro e le tasse sono tre/quattro volte inferiori. Molte piccole aziende, quelle che da sempre hanno costituito l’ossatura dell’economia italiana, sono chiuse, o stanno chiudendo. Ed il fenomeno delle delocalizzazioni non è cessato: quasi ogni settimana apprendiamo di qualche azienda che lascia a casa decine, centinaia, talvolta migliaia di lavoratori per andarsene verso altri lidi, dove aumentare i margini di guadagno. Come hanno dimostrato alcune inchieste – per esempio anche di Report – delocalizzano
o acquistano merci nel mercato asiatico anche i grandi marchi, che vendono i propri capi a prezzi nell’ordine delle varie centinaia di euro, se non migliaia.
Infine, la grande distribuzione: il commercio ormai è nelle mani dei grandi gruppi, i commercianti hanno chiuso, uno dopo l’altro. Ne sono rimasti pochissimi. Centri commerciali che vendono le sopracitate merci prodotte nel terzo mondo, e che spesso hanno le sedi centrali nei paradisi fiscali.
A quanto descritto sopra, dobbiamo sommare la spirale del debito pubblico, che si aggrava di anno in anno, attualmente ammonta a circa 2.150 miliardi, e sottrae alla nostra economia qualcosa come 100 miliardi di euro solo a titolo di interessi.
Chi conosce la questione signoraggio bancario e sovranità monetaria sa bene a cosa mi riferisco. Chi non la conosce, si informi!
E’ senza dubbio la principale causa della crisi, ma media e politici non ne parlano, preferendo inveire contro il macellaio, che a causa alla concorrenza dei centri commerciali, che riescono a praticare prezzi più bassi, e alla crisi dei consumi, per sopravvivere è costretto, di fatto, ad elude qualche scontrino.
In un contesto come questo, pensare che la crisi sia “qualcosa di passeggero”, come una perturbazione meteorologica, è pura illusione.
O meglio, può essere ignoranza in materia (dovuta al fatto che di certi temi – come il funzionamento del sistema monetario – i libri scolastici, come media e politici, non ne parlano: un vero e proprio buco nero) oppure, nel caso delle persone informate sulla questione, parlare della crisi come qualcosa di passeggero significa disinformare e truffare il popolo.
Signori, come pensate che tutto possa tornare “a posto”, in un contesto come questo, dove le aziende delocalizzano o chiudono, una dopo l’altra? Pensate che tornino?
E’ chiaro che questi sconvolgimenti non sono facilmente reversibili. Ed è chiaro che non sono stati certo casuali, ma orchestrati da una regia sovranazionale che ha trovato facile sponda in una classe politica marcia e corrotta.
Gradualmente, anno dopo anno, ci hanno impoverito e ci stanno impoverendo sempre di più. Questa è la realtà dei fatti, evidente a chiunque analizzi la situazione in modo razionale, guardando i fatti ed i trend, non la propaganda.
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