Era il lontano sabato 13 agosto 1994 e La Stampa
intervistò il futuro premier tecnico. Erano gli anni in cui l’appena nato
berlusconismo sfornava i suoi sorrisi e le sue promesse di un milione di posti
di lavoro subito. Mario Monti allora era un economista puro ed essendo tale si
permetteva di dare anche consigli politici a Berlusconi. Di che tipo fossero lo
vediamo subito. Il titolo centrale del paginone lascia intuire con che toni
Mario Monti si rivolgeva a Silvio Berlusconi. Gli diceva chiaramente: “ Basta
con i sorrisi adesso è l’ora di sacrifici”. Sacrifici, sacrifici e
ancora sacrifici. Una parola che non ha avuto il timore di ripetere
diciassette anni dopo da premier tecnico quando ha annunciato una manovra
“lacrime e sangue” ma che non osa ripetere oggi, quando è proprio il suo
operato a finire davanti alla Corte del Popolo che esprime il suo verdetto con
il voto. Monti parlò chiaro. Secondo lui Berlusconi avrebbe dovuto
approfittare dei primi giorni di luna di miele tra il suo governo e il popolo
per varare le misure più scomode che erano niente altro che le parti più dure
del piano economico.
“Il governo- dichiarò l’allora economista Mario Monti – alla sua nascita aveva di fronte due strade. La prima quella thatcheriana della politica aspra e dura annunciata prima e poi seguita. E quella del “consapevole tradimento” delle promesse elettorali del presidente argentino Carlos Menem eletto su una piattaforma peronista che successivamente ha capito che era nell’interesse del Paese fare una politica diversa. L’ha spiegato agli argentini e ha avuto nel ministro Cavallo un notevole ministro dell’economia e credo che oggi i cittadini siano quasi contenti di quel tradimento”. Parole forti quelle di Monti che ci lasciano capire quali potrebbero essere le sue intenzioni anche adesso. Annunciare tagli delle tasse a destra e manca per ottenere voti e poi cambiare la sua politica in corso d’opera. Non certo un buon biglietto da visita per un tecnico che improvvisamente si è trasformato in un politico.
“Il governo- dichiarò l’allora economista Mario Monti – alla sua nascita aveva di fronte due strade. La prima quella thatcheriana della politica aspra e dura annunciata prima e poi seguita. E quella del “consapevole tradimento” delle promesse elettorali del presidente argentino Carlos Menem eletto su una piattaforma peronista che successivamente ha capito che era nell’interesse del Paese fare una politica diversa. L’ha spiegato agli argentini e ha avuto nel ministro Cavallo un notevole ministro dell’economia e credo che oggi i cittadini siano quasi contenti di quel tradimento”. Parole forti quelle di Monti che ci lasciano capire quali potrebbero essere le sue intenzioni anche adesso. Annunciare tagli delle tasse a destra e manca per ottenere voti e poi cambiare la sua politica in corso d’opera. Non certo un buon biglietto da visita per un tecnico che improvvisamente si è trasformato in un politico.
PERCHÈ
MONTI PROMETTE? OBIETTIVO UNICO: IL POTERE
Perché andare al governo? Per
continuare a garantire il proprio appoggio ai signori delle banche, gli stessi
di cui hanno lui e il governo tecnico ha fatto gli interessi per tredici mesi e
accontentare i 130 potenti del Bilderberg che nel novembre scorso a Roma gli
hanno chiesto di scendere in campo politicamente per continuare a tutelare i
propri interessi.
I voti delle liste, almeno stando
ai numeri delle scorse settimane, non gli permettono di ottenere nessuna
maggioranza. Allora che pensa di fare? Assicurarsi un’alleanza con la
coalizione Pd- Sel che gli permetta di ottenere quegli incarichi di prestigio
ai quali aspira.
Per convincere gli italiani quale
strategia migliore se non quella di promettere cose che poi non manterrà?
Peccato però che Carnevale è appena finito e le strategie politiche stanno per
uscire fuori con il loro vero volto.
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