L'INTERVISTA - Ex membro della commissione Trasporti
Bergamini (pdl), la candidata berlusconiana alla Camera dei deputati non punta
solo sulla grande opera siciliana. "No al Tav? Saremmo fuori dall'Europa.
Ciclisti? C'è un problema culturale, siamo un Paese di automobilisti"
Deborah Bergamini è
candidata al quarto posto in Emilia Romagna, alla Camera, per il Pdl. Di
mobilità se ne è occupata personalmente, da membro della commissione Trasporti
della Camera e come relatrice di un progetto di legge sulla mobilità
sostenibile (a partire dalle auto elettriche) che, inserito nel primo
decreto Sviluppo del governo Monti, è diventato poi legge. Nel programma del
Pdl si parla specificatamente, oltre che di Tav, di un piano generale per la
mobilità urbana sostenibile e di potenziamento della rete ferroviaria nazionale.
Il Ponte sullo Stretto è così
necessario? Basterebbe prendere il traghetto per andare da una parte
all’altra per comprenderlo. La Sicilia, che pure è una regione chiave, sconta
questa lontananza dal resto dell’Italia. Il Ponte avrebbe consentito alla
Sicilia di svolgere meglio il suo ruolo per lo sviluppo del Mediterraneo. E perché non siete riusciti a realizzarlo?
Ci abbiamo puntato fortemente, ma appena il governo è caduto si è deciso di
disinvestire su questo progetto. E’ un male tutto italiano: i politici, che
sono quelli che dovrebbero avere maggiore senso di responsabilità, una volta al
governo smantellano le progettualità messe in campo dal governo precedente. E’
successo più volte con i governi di sinistra, e ora con il governo tecnico. La situazione infrastrutturale interna della
Sicilia è deficitaria. Che senso ha fare il ponte se poi mancano i collegamenti
all’interno? Per queste cose bisognerebbe parlare con Moretti (Mauro,
ad Trenitalia; ndr) e con il ministero delle Infrastrutture. Sappiamo bene che
sotto Napoli non si investe in infrastrutture e in commissione abbiamo lavorato
molto su queste cose. Noi diciamo con forza che stiamo investendo in
infrastrutture in modo sbilanciato. Le tratte più convenienti, quelle del Nord,
sono oggetto di investimenti, quelle del Sud no: in questo senso il ponte era
un segnale di sviluppo infrastrutturale nel Sud, di cui c’è bisogno come del
pane. La Tav è l’altra grande
questione. Perché è necessaria? Noi abbiamo un piano europeo Ten-T
(Trans-European Networks – Transport; ndr) per lo sviluppo della mobilità, e
l’obiettivo è quello di arrivare nel 2050 allo spazio unico europeo dei
trasporti. Dobbiamo decidere se vogliamo rimanere in Europa oppure no. Per
questo il nostro programma prevede la realizzazione nei tempi previsti
dall’Europa delle linee ferroviarie ad alta velocità a cominciare dalla
Torino-Lione.
I No Tav sono stati sufficientemente ascoltati? E’
chiaro che quando si fanno opere profondamente invasive come la Tav provocano
disagio. Ha riguardato anche lo sviluppo dell’alta velocità tra Firenze e
Bologna (Bergamini è toscana; ndr): però noi oggi riusciamo ad andare da Roma a
Milano in tre ore grazie anche a quella tratta. Capisco che quando si
interviene in maniera strutturale sul territorio si generano ferite anche
sociali, ma bisogna essere capaci di capire che poi ci saranno benefici.
Le nostre città, soprattutto da Roma in giù (capitale
inclusa), sono sprovviste di piste ciclabili serie. Cosa farete per migliorare
la viabilità alternativa? Noi abbiamo fatto già molto, io ero
relatrice di una proposta di legge sulla mobilità sostenibile, poi finita nel
decreto Sviluppo. Capiamo benissimo che anche in questo campo c’è un forte
scollamento tra Nord e Sud del Paese. Su questo scontiamo un ritardo culturale,
non soltanto perché nelle nostre città la bicicletta rappresenta un’alternativa
validissima, con questa crisi ancora di più, ma anche perché la convivenza tra
auto, camion e biciclette è pericolosissima nelle nostre città. Dunque ci
vogliono più piste ciclabili e più dispositivi per garantire la sicurezza di
chi va in bicicletta.
Perché parla di ‘ritardo culturale’? Da cosa deriverebbe?
Siamo un paese di automobilisti, e l’anomalia è che
anche il nostro trasporto merci per il 90% va su gomma: un numero spropositato
rispetto alla media europea. E poi siamo stati contraddistinti dalla storia
della Fiat, e quindi abbiamo sempre acquistato e utilizzato automobili. (GAV)
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