Con il decreto legge sulla trasparenza si
pensava di aver risolto il problema. E invece la classe politica italiana
continua a essere reticente sul proprio stato patrimoniale. Mantenendo una
sorta di nebbia sugli introiti. Secondo uno studio realizzato da Open Polis (che ha preso
in esame parlamentari e membri del governo), il 72,3% degli esponenti politici
pubblica informazioni
incomplete,
il 21,4% dichiara i propri redditi in maniera sufficiente, mentre solo il 6,3 fornisce
informazioni totalmente complete.
Inoltre, appena il 28% presenta una dichiarazione in tutte le sue parti.
Sempre secondo la ricerca,
la maglia nera spetta alla Camera: qui il livello di opacità arriva al 76%, contro il
73,3 del Senato. Un po’ meglio va sul fronte
governativo, dove l’opacità si riduce al 23,2%, il 44,6
pubblica informazioni complete e il 32,1 indica tutto. Se poi si dividono i
dati per i partiti, il record della poca trasparenza va ai Conservatori e riformisti di Fitto
(100%), seguiti da Forza Italia (92,8) e Lega (89,2). Più virtuoso è invece
l’M5S (55,1), seguito da Aut-Psi (66,6) e Pd
(72,5).
Questi risultati segnano
una sconfitta
per il decreto sulla trasparenza, approvato in pompa magna nel febbraio 2013
dal governo di Mario
Monti, con
tanto di conferenza stampa e firma dell’allora ministro per la PA, Filippo Patroni Griffi. “A
chi non pubblicherà la propria situazione patrimoniale complessiva sarà
corrisposta una sanzione
amministrativa
pecuniaria da
500 a 10 mila euro”, recitava la circolare che ancora si trova sul sito di
Palazzo Chigi. Doveva essere uno dei fiori all’occhiello del governo dei
tecnici e invece non è andata
così.
Tra i bocciati, per indice di
trasparenza, compaiono anche nomi eccellenti. Come i presidenti di Camera e Senato
Laura Boldrini e Pietro Grasso. Con informazioni
definite “scarse”
e “parziali”.
Se vogliamo è ancora più clamoroso che l’opacità riguardi pure colei che
dovrebbe essere la paladina della trasparenza nella PA, ovvero il ministro Marianna Madia: scarsa pure lei.
Secondo la ricerca di Open
Polis, uno degli aspetti di maggiore opacità riguarda i contributi e le spese elettorali. Solo il 40,4%
della classe politica, infatti, presenta un rendiconto economico tra i contributi ricevuti
dal partito e le spese sostenute per la campagna. Per tutti gli altri, la
politica sembra essere a costo zero.
Altro dato significativo
sono le partecipazioni
e gli incarichi
societari.
Nel 2014, infatti, risulta che il 31% dei politici possegga azioni o partecipazioni
in società, quota che sale al 40 se si prende in considerazione solo il
governo. Sono poi 138 gli esponenti politici che, oltre al loro ruolo
istituzionale, ricoprono
almeno un altro incarico. E fra questi, 52 ne svolgono contemporaneamente più di uno.
Tra i deputati, per esempio, troviamo 45 presidenti, 30 ad e 37 consiglieri di
amministrazione di enti o società. I numeri scendono in Senato ma solo per ovvi motivi
numerici. Mentre nella compagine di governo ci sono 9 membri di cda, 2 vicepresidenti e un amministratore delegato.
Da Il Fatto Quotidiano del
23/01/2016
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