La sola prospettiva di
trasformare la nostra Repubblica parlamentare in Repubblica presidenziale era
stata respinta in passato, soprattutto da parte della sinistra comunista e postcomunista, come un pericolo di dittatura,
se non, addirittura, di ritorno al fascismo. Persino un antifascista storico
come Randolfo Pacciardi, già combattente in Spagna per la Repubblica dopo il
golpe franchista e l'intervento dell'Italia fascista a fianco di Franco, era
stato bollato come un pericoloso estremista di destra, sovversivo dell'Ordine
costituito, garantito dalla «più bella Costituzione del mondo», solo per aver
accennato alla opportunità del cambiamento. Dopo che l'esperienza ha mostrato
che quello non era stato solo un
pregiudizio ideologico, bensì, anche e soprattutto, un abbaglio
istituzionale; e dopo che a «smuovere le acque» è stata addirittura la
sinistra, la prospettiva pare, ora, tutt'altro che irreale… Corriere della Sera (Piero
Ostellino) - …
C'è
purtroppo in giro troppo pressapochismo istituzionale (mescolato a malafede).
C'è, in primo luogo, in settori dell'opinione pubblica, una diffusa
incomprensione dell'abc della democrazia. La presidenza politica è
incompatibile con il parlamentarismo. E' però in qualche modo tragico il fatto
che proprio coloro che sembrano tuttora orientati a favore di di una scelta
partigiana siano gli stessi che più si oppongono all'elezione diretta del
presidente. Angelo Panebianco, Corriere
della Sera,
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