martedì 24 giugno 2014

IMMUNO DEFICENZA


L’immunità parlamentare è cosa buona e giusta. Il Parlamento che vi rinunciò lo fece per salvare alcuni mandano al macello molti, ma ottenne il solo risultato di suicidarsi. Non c’è sistema democratico in cui tale istituto non esista, perché non è un privilegio dei parlamentari, ma una tutela avverso la sopraffazione della rappresentanza. L’immunità parlamentare, però, non può che riguardare gli eletti, mentre nel nuovo Senato, così come emendato da un presunto accordo fra Partito democratico, Forza Italia, Nuovo centro destra e Lega, coprirebbe anche i delegati delle regioni. Non ha senso. E’ bislacco e fuorviante. Un fritto misto di paranza condito con crema cacio e pepe, guarnito con panna montata e grattatina di rabarbaro. Un torcibudella. Una giusta guarentigia consiste nel fatto che nessuno deve essere perseguito per quel che dice o vota in un’Aula parlamentare. In generale in un’assemblea elettiva. Se offende o calunnia devono provvedere le norme regolamentari (interna corporis). Ma vi pare accettabile che un consigliere regionale, per il solo fatto d’essere stato delegato a rappresentare l’autonomia locale nell’ircocervico Senato del futuro, non può essere arrestato, intercettato, perquisito? Gli altri come lui sì, gli altri eletti sindaci o consiglieri regionali sì, ma lui (o lei) no, perché lo hanno mandato al Senato. E non voglio neanche immaginare quale tipo di selezione s’innescherà, se dovesse passare una simile corbelleria. Posto che nessuna regione potrà avere meno di tre senatori, c’è spazio perché ciascuno ci metta il proprio miglior delinquente, il proprio campione nell’esporsi al pericolo d’indagini. Se c’era un modo per umiliare e ridicolizzare il sano, giusto e necessario istituto dell’immunità, lo hanno trovato.


Che le riforme costituzionali si facciano in un clima di accordo, è encomiabile. Che l’accordo s’intitoli al Nazareno, si presta a una doppia lettura, non priva di beneagurante e altolocata protezione. Che la riscrittura della Costituzione, perché di questo si tratta, passi tutta per la cruna dell’articolo 138, senza esplicito mandato popolare, è ardito. Che i testi siano compitati da una compagnia di partitanti, taluni dipartenti, la cui sensibilità istituzionale è pari al delicato tocco con cui un rinoceronte suona l’arpa, ecco, questo è preoccupante.
Tanto più che all’interno del Pd, e in altri lidi partitici, c’è chi ancora pensa i parlamentari debbano essere eletti, così come, per altro verso, c’è ancora chi crede l’Italia sia uno Stato unitario. Anzi: la nuova generazione, che oggi guida la sinistra, ha, giustamente, condannato con durezza la distruttiva riforma costituzionale del titolo quinto, denominata federalista e voluta dalla passata generazione sinistra (quella, comunque, cui i rampolli devono l’essere stati variamente eletti). Ora, per quanto si voglia giocare a mosca cieca, è impossibile non vedere due imponenti colonne, verso le quali puntano decisi i crani giulivi dei costituenti domenicali: a. l’immunità è istituto degli eletti, perché si conservi la volontà degli elettori; b. le assemblee legislative con rappresentanze “regionali” sono tipiche degli stati federali, o il correttivo localistico dei regimi presidenziali (nel qual caso, come in Francia, si ripropone il bicameralismo tal quale qui lo si vorrebbe, a credere in quel che si dice, superare). Sicché, di grazia, la domanda è: vogliono una riforma per dire che s’è fatta la riforma o hanno in mente un modello che abbia una qualche forma. Fin qui è animale informe, affetto da immuno-deficienza.

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