venerdì 4 aprile 2014

L’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE E’ LEGGE. BRUNETTA “QUESTO E’ UN GOLPE” LE PROVINCE RIMANGONO, SONO TOLTI SOLO I CONSIGLIERI PROVINCIALI MA AUMENTANO DI 25.000 I CONSIGLIERI COMUNALI!!!


Con 260 sì, 150 no e 7 astenuti il ddl Delrio che abolisce le Province è stato approvato dalla Camera ed è legge. Contro la riforma hanno Fi, M5S, Lega Nord, Sel e Fdi. Dura la contestazione di Forza Italia: durante la votazione più volte Renato Brunetta ha urlato "Golpe! Questo è un golpe! Votiamo compatti no". Nel pomeriggio il gruppo ha indetto una conferenza per spiegare i "distorti effetti di questa incredibile riforma" e per illustrare le iniziative in merito. Tra le novità contenute nel testo l'istituzione di dieci Città metropolitane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria), che dal primo gennaio 2015 subentrano alle Province omonime e succedono ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi. Tempi diversi sono previsti per Reggio Calabria, commissariata dal 2012: la città metropolitana non entra in funzione prima del rinnovo degli organi del Comune ed è costituita alla scadenza naturale degli organi della Provincia. Le città metropolitane saranno enti di secondo grado e tra le loro funzioni avranno quelle legate a pianificazione territoriale generale, mobilità e viabilità, promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale e dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione. A capo della città metropolitana ci sarà il sindaco della città capoluogo a meno che lo statuto non ne decida l’elezione diretta. Gli altri organi della città metropolitana sono il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana.
Le Province resteranno enti di secondo grado fino al 31 dicembre 2014, mantenendo le funzioni di area vasta ed esercitando le funzioni di pianificazione riguardo a territorio, ambiente, trasporto, rete scolastica, gestione dell’edilizia scolastica e il controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale. Con la redistribuzione di funzioni e personale tra Regioni e Comuni, e solo in piccola parte alle Province, viene redistribuito sia il patrimonio, sia il personale con lo stesso compenso. I tagli alle Province di Matteo Renzi? Cancellano quelli - ben più significativi - che approvò il governo di Silvio Berlusconi. E il risultato è degno del miglior Tafazzi: venticinquemila poltrone in più. Il disegno di legge che porta la firma del già ministro renziano oggi promosso a "Gianni Letta" piddino Graziano Delrio prevede infatti dei tagli alle assemblee elettive per gli enti locali più piccoli. Delrio, però, che ai tempi del decreto faceva il sindaco e il presidente dell'Anci, non si è accorto che il taglio dei consiglieri comunali nei paesi con meno di diecimila abitanti che ha proposto qualche mese fa era già da anni una legge dello Stato. La sforbiciata, infatti, era stata promossa e approvata dell'esecutivo guidato dal leader di Forza Italia nel luglio del 2011 col decreto 138. Quel documento, che portava le firme tra gli altri del ministro dell'Economia


Giulio Tremonti, delle Riforme Roberto Calderoli e di quello degli Affari Regionali Raffaele Fitto, prevedeva che i membri dei consigli comunali scendessero da sedici a dieci sotto i diecimila abitanti e da dodici a sei sotto ai tremila. Considerato che in Italia su 8092, solo 500 Comuni superano i 15.000 abitanti, si trattava di una riduzione complessiva del personale eletto stimata nella relazione che accompagnava il decreto nel 40-50%. Quel documento introduceva anche regole sui compensi: i consiglieri non possono guadagnare più di un quinto dei sindaci, mentre gli eletti nei Comuni con meno di mille abitanti e i consiglieri circoscrizionali devono lavorare gratuitamente. Il nuovo testo rischia però di trasformarsi in un clamoroso autogol: i tagli già decisi e non ancora entrati in vigore vengono "superati", cioè cancellati. La nuova legge, che prevede la riforma delle Province e l'istituzione delle Città metropolitane, permette ai Comuni fino a 3mila abitanti di avere consigli di 10 membri e giunte di due assessori, cosa che prima era impossibile. Quando i residenti sono più di 3mila ma meno di 10mila, i consiglieri possono salire a quota 12 e gli assessori a quattro. Risultato? Venticinquemila posti in più, spacciati per tagli. Anche se almeno un'accortezza il governo ce l'ha avuta: per attuare questo ampliamento, i Comuni dovranno rivedere i costi di gettoni e indennità. L'aumento dei posti, infatti, non potrà comportare piu spese, dovrà essere finanziato con una diversa redistribuzione delle stesse risorse stanziate ora.

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