giovedì 29 settembre 2016
giovedì 22 settembre 2016
martedì 20 settembre 2016
lunedì 19 settembre 2016
MORTO CIAMPI, L’UOMO CHE E INGUAIO’ IL PAESE
Ciampi ha
fatto parte di quel gruppo di tecnici e politici che l'Italia la disfò,
inseguendo la chimera europeista. È stato lui infatti, insieme a Prodi, a
gestire l'entrata dell'Italia nell'Euro accettando condizioni da strozzini sul
cambio Lira-Euro imposte dalla Germania
Alessandro
Sallusti - Carlo Azeglio Ciampi è morto ieri all'età di 95 anni. Tra gli anni
Ottanta e Duemila è stato praticamente tutto: Governatore della Banca d'Italia,
presidente del Consiglio, ministro del Tesoro con Prodi e, fino al 2006,
presidente della Repubblica, eletto alla prima votazione, su proposta di
D'Alema, anche con i voti del centrodestra. Non ha mai avuto tessere di
partito, pur essendo uomo di sinistra. Dal Quirinale ha sdoganato il tricolore,
l'inno di Mameli e la parola «Patria» che fino ad allora erano considerati
simboli della destra e non di tutta la nazione. Ma non è questo il principale,
se pur meritevole, motivo per cui sarà ricordato. Ciampi, pur non essendo stato
un costituente, appartiene alla generazione dei Padri della Patria. Cioè a
quegli uomini che l'Italia repubblicana l'hanno fatta e portata ad essere
l'ottava potenza mondiale. Ma, parlandone da vivo, ha fatto parte anche di quel
gruppo di tecnici e politici che l'Italia la disfò, inseguendo la chimera
europeista. È stato lui infatti, insieme a Prodi, a gestire l'entrata
dell'Italia nell'Euro accettando condizioni da strozzini sul cambio Lira-Euro
imposte dalla Germania. Fu quello infatti l'inizio di tutti i problemi che, a
distanza di sedici anni, ancora ci troviamo a scontare. Non si è mai pentito,
Carlo Azeglio Ciampi, di quella sciagurata scelta. Sbagliò visione e
previsione. Da scienziato dell'economia si fece prendere la mano dalla
politica, che poco masticava, e dall'ambizione di continuare a stare seduto al
tavolo dei potenti sia pubblicamente che, privatamente, in maniera riservata e
personale. Forse Ciampi credeva, come molti suoi coscritti, che l'interesse e
le ambizioni dello Stato coincidono sempre con quelli dei cittadini. Una
visione elitaria e tecnicistica della politica che ha provocato solo disastri.
È un fatto che dal giorno in cui Ciampi e Prodi misero la firma che ci faceva
entrare nell'Euro a quelle condizioni, l'Italia ha smesso di crescere e non si
è più ripresa. La sua presidenza della Repubblica fu tutto sommato scialba,
rivalutazione della Patria a parte. Non amò i governi Berlusconi e fece qualche
sgambetto al centrodestra. Ma se pensiamo che prima di lui c'era Oscar Luigi
Scalfaro e dopo di lui venne Giorgio Napolitano, possiamo parlare di un raggio
di sole al Quirinale. E di questo lo ringraziamo.
sabato 17 settembre 2016
I COMUNI E LE SCUOLE RICORDINO ORIANA FALLACI
“Sveglia, Occidente, sveglia! Ci hanno dichiarato la guerra, siamo in guerra! E alla guerra bisogna combattere” (Oriana Fallaci)
Rodolfo Ridolfi - Sono passati 11 anni dalla scomparsa di Oriana Fallaci ed in tutti questi anni la sua visione, la sua verità, la sua intransigenza ed il suo insegnamento profetico sono stati ricordati e rimpianti da un numero sempre maggiore di persone anche molte di quelle che con pregiudizio non l'amavano. Da tempo sostengo come sia giunto il momento che la politica, le istituzioni, soprattutto quelle scolastiche e culturali, promuovano momenti di riflessione,di celebrazione della memoria e delle profetiche testimonianze civili e politiche di respiro mondiale che Oriana Fallaci ci ha lasciato nei suoi scritti. Ricordare Oriana Fallaci per il suo contributo culturale e storico, e per il suo coraggioso impegno nell’affermare la necessità di tutelare la nostra civiltà cristiana ed occidentale può farci recuperare, se ancora siamo in tempo, il tempo perduto. Intitoliamole strade, vie e Piazze e soprattutto scuole in tutto il Paese. Oggi le condizioni dello scontro fra Islam ed Occidente hanno raggiunto livelli impensabili, la drammatica quotidiana attualità del terrore registra cristiani perseguitati in maniera sistematica, l'occidente devastato in una escalation di furia terroristica che non risparmia nessuno e nessun Paese è ora di ascoltare il monito di Oriana: “Sveglia, Occidente,sveglia! Siamo in Guerra…”
Io come ho sempre fatto anche quando andavano di moda le bandiere della pace che oggi evidentemente i catto-comunisti hanno riposto in naftalina, voglio aggiungere il mio omaggio ad Oriana, alla sua figura di donna, giornalista e scrittrice perché sto dalla parte di coloro che si sentono “ orfani”. Ho avuto il privilegio di conoscere Oriana, toscana purosangue, con la sua forte personalità e i suoi modi spicci, nel corso di una campagna elettorale a Firenze alla fine degli anni 70 quando fu candidata al Senato della Repubblica nel collegio di Greve in Chianti, per il PSI e conservo gelosamente una lettera che mi inviò, quando ero Sindaco di Marradi, lettera che accompagnava una copia del suo libro Insciallah, 1990, super premio Bancarella con la preghiera che Oriana mi rivolgeva di ringraziare mio
MALASCUOLA
La scuola riparte, ma restando ferma. Fra i banchi si specchia un’Italia in cui convivono qualità e sciatteria, con la colpa di non distinguere l’una dall’altra. La pretesa del tutto uguale uccide il valore del merito, esaltando il disvalore del rassegnato galleggiare. Ci riguarda tutti, più di quello che siamo disposti ad ammettere. La politica e l’informazione si occupano di scuola quando ballano gli interessi di chi ci lavora, disinteressandosi di quelli di chi ci studia. Il massimo del degrado lo si raggiunge all’università, con un sistema non selettivo che genera abbandoni e poche lauree. Non si fugge dalla difficoltà, ma dall’inutilità. Nel pieno di una grave e lunga crisi economica, accompagnata dall’incapacità di tagliare la spesa pubblica improduttiva e, conseguentemente, alleggerire il giogo fiscale, puntare sulla qualità della formazione sarebbe il minimo per non rassegnarsi al declino. Da cui, invece, si sembra affascinati. Chiamiamo “investimenti” nell’istruzione l’aumento della spesa per gli stipendi, continuando a rifiutarsi di usare la misurazione dei risultati quale unico metro per indirizzare soldi e studenti. L’accademia del burocrate autoreferente. Inventiamo “diritti” come quello di portare un panino da casa, senza avvertire l’orrore di bambini e ragazzi che vivono assieme e si separano per nutrirsi, impoverendo tutti in un solo colpo. Eppure la spesa per evitare questo scempio sarebbe modesta, se solo non ci si occupasse esclusivamente di personale docente e non docente. Fra questi ce ne sono di bravi e bravissimi, come di parassiti semianalfabeti che stanno lì (quando ci stanno) solo per la paga. Li trattiamo tutti allo stesso modo, nel timore che premiare i meritevoli sia un metodo capace di tracimare in tutti i campi. Colpa della politica? Certo, ma colpa anche nostra. Questo mesto spettacolo
giovedì 15 settembre 2016
OBAMA STAI SERENO, O SARA’ UN BOOMERANG
APRILE 2016, esattamente due mesi fa prima del referendum sulla Brexit, il presidente degli Stati Uniti Obama vola in Gran Bretagna esi getta apertamente nell'agone referendario: «L Unione europea non sminuisce l'influenza britannica, ma l'amplifica». E via di questo passo: appoggio deciso ai supporter del no-Brexit. Al pari di Obama, dalle vecchie colonie oltre Atlantico erano piovuti consigli, spinte, minacce agli inglesi nel caso avessero lasciato la Ue. Banche d'affari giuravano che avrebbero detto bye bye a Londra, ci fu persino una di loro che linciò nell'intranet aziendale la canzone dei Clash «Should I stay or should I go», per spingere ovviamente sulla prima parte della strofa: dovrei restare. Insomma, l amico americano non si era tirato indietro. Come sia finita, poi si è visto. La gravosa macchina da guerra per il «remain» è affondata nell'Atlantico. ORA ci risiamo. ambasciatore Usa minaccia di tagliare gli investimenti a stelle e strisce in Italia in caso di vittoria del No. E questo dopo che i giornali economici internazionali hanno definito il referendum sulla riforma costituzionale più importante della Brexit per la stabilità europea. Sicuramente l’Italia è un osservato speciale, il cammino delle riforme che sta cercando di rimettere in piedi il Paese è lento, faticoso, incerto, ma proprio per questo ci vuole sangue freddo e rispetto per la maturità degli italiani. La drammatizzazione dell'esito del referendum - soprattutto se arriva dall’ estero - ma fa bene soprattutto a chi sta con il Sì in piena libertà di coscienza. Dipingere il referendum come fosse l’ora delle decisioni irrevocabili rischia di trasformare l'endorsment in un doloroso boomerang. Stay calmo e lasciaci votare, America.
FINALMENTE A SCUOLA SI POSSONO CONSUMARE I PASTI PORTATI DA CASA. CONTRO L’AUMENTO DEI COSTI E CONTRARI ALLA MENSA MASSIFICATA E I MENU’ PROPOSTI!
Class action Un giudice aveva autorizzato l'azione legale di 58 famiglie che chiedevano di concedere ai loro figli la possibilità, finora negata, di consumare a scuola pasti portati da casa . La decisione arriva da Torino. Qualcuno nella Torino post industriale lo chiama ancora il baracchino, come il pasto operaio del tempo che fu. A Milano è la schiscotta. Per i soldati e per sempre è la gavetta. Cibo cucinato a casa e portato al lavoro, fra i banchi, in trincea. Magari anche solo un panino, ma capace di scatenare la guerra. Da ieri è tregua: consumarlo a scuola è un diritto di tutti. Al Miur l'idea non piaceva, e in- fatti aveva presentato reclamo contro la decisione di un giudice che autorizzava 58 famiglie a non mandare i figli in mensa, o meglio a mandarceli ma con il pasto preparato dalla mamma. Secondo i giudici del Tribunale di Torino quel reclamo è infondato e anche anti costituzionale. L'ordinanza cita espressamente l'art. 34 sul diritto allo studio .- LA MOTIVAZIONE «Il pranzo è un momento formativo: nessun bambino può essere discriminato» inteso come obbligatorio e gratuito per almeno 8 anni -scuola materna-elementare-: subordinarlo a servizi a pagamento, come appunta la mensa, «viola il dettato costituzionale». Insomma, la guerra del panino approda a. questa conclusione: chi lo desidera può andare a magiare a casa e tornare, nel pomeriggio, ma chi sceglie il tempo pieno ha il diritto di partecipare al «tempo mensa e post mensa» anche senza pagare per la medesima. Per i giudici, l'unica scelta ragionevole per costoro è portarsi il cibo da casa e consumarlo con gli altri nello stesso refettorio, anche se «può essere opportuna stabilire regole di coesistenza». Le scuole dovranno fare in fretta a organizzarsi perché Ordinanza è subito attiva. Un'ordinanza del tribunale di Torino ha ribadito che la Costituzione garantisce la libertà di scelta dei pasti l’effetto panino è destinato a propagarsi in tutta Italia, soprattutto nelle città dove infuria il caro-mensa come a Ravenna o nei comuni medi (Faenza- Lugo9 e i piccoli della collina ravennate come Brisighella,Riolo Terme. La sentenza dice chiaramente che trattandosi di momento formativo, i bambini non possono essere discriminati e isolati dai compagni. L'assistenza deve essere gratuita e fornita dal corpo docente e iniziale di mandare a scuola il figlio con un pasto preparato a casa anziché avvalersi del servizio comunale. IL MIUR si è sempre opposto a questa possibilità perché sorvegliare i ragazzi che non mangiano in mensa e garantire le condizioni igienico sanitarie del pasto non sarebbe così semplice. A quel punto i genitori, esasperati dall'aumento dei costi e contrari alla mensa massificata, hanno deciso di far valere le proprie ragioni in tribunale. Inizialmente la risposta era stata no, poi la Corte d'Appello aveva ribaltato il giudizio. Ora arriva la scelta che estende a tutti.
Vedremo se questa tesi sarà utilizzata, in Emilia Romagna il prezzo più alto (6,22 euro contro una tariffa media nazionale di 5,46 euro), nella provincia di Ravenna per i genitori un risparmio nel costo giornaliero del pasto per i figli, un aiuto contro la crisi economica delle famiglie e la scelta di un menù che soddisfa le esigenze dei genitori. Vincenzo Galassini Forza Italia Ravenna
martedì 13 settembre 2016
VERGOGNA: “ALLO STATO 145 MILIARDI DI ACCISE (BENZINA) PER I TERREMOTI, MA HA SPESO SOLO LA META’ (72 MILIARDI). VERGOGNA
L'Associazione degli Artigiani di Mestre critica il Fisco che in quasi
50 anni ha prelevato con le imposte sulla benzina i soldi necessari alla
ricostruzione delle zone terremotate, ma non li ha utilizzati tutti. MILANO
- Gli italiani hanno versato con le accise più del doppio (145 miliardi)
rispetto a quanto speso, 70,4 miliardi di euro, per ricostruire tutte e sette
le aree duramente colpite dai terremoti che si sono succeduti in questi ultimi
decenni (Valle del Belice, Friuli, Irpinia, Marche-Umbria, Molise-Puglia,
Abruzzo ed Emilia Romagna). Lo sostiene la Cgia di Mestre, ricordando che sono
cinque gli incrementi delle accise sui carburanti introdotti in questi ultimi
48 anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone
colpite dal terremoto. Dal 1970 (primo anno in cui sono disponibili i dati sui
consumi dei carburanti) al 2015 gli italiani hanno versato nelle casse dello
Stato 145 miliardi di euro nominali (261 miliardi di euro se attualizzati). Se
si tiene conto che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri stima in 70,4
miliardi di euro nominali (121,6 se attualizzati) il costo complessivo resosi
necessario per ricostruire tutte e sette le aree fortemente danneggiate dal
terremoto, gli Artigiani di Mestre dicono che in quasi 50 anni in entrambi i
casi (sia in termini nominali sia con valori attualizzati) abbiamo versato più
del doppio rispetto alle spese sostenute. Solo i più recenti, i terremoti
dell'Aquila e dell'Emilia Romagna, presentano dei costi nettamente superiori a
quanto fino ad ora è stato incassato con l'applicazione delle rispettive
accise. "Ogni qual volta ci rechiamo presso un'area di servizio a fare il
pieno alla nostra autovettura - sottolinea il coordinatore dell'Ufficio studi
della Cgia Paolo Zabeo - 11 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati per
finanziare la ricostruzione delle zone che sono state devastate negli ultimi
decenni da questi eventi sismici. Con questa destinazione d'uso gli italiani
continuano a versare all'erario circa 4 miliardi di euro all'anno. Se, come
dicono gli esperti, questi fenomeni distruttivi avvengono mediamente ogni 5
anni, è necessario che queste risorse siano impiegate in particolar modo per
realizzare gli interventi di prevenzione nelle zone a più alto rischio sismico
e non per altre finalità". Gli Artigiani
ricordano che con la Finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso permanenti le
accise introdotte per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione
delle zone colpite dal terremoto. Per il terremoto delle Marche e dell'Umbria
(1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è stata introdotta
nessuna accisa.
lunedì 12 settembre 2016
TASSE IN PROVINCIA DI RAVENNA: A CASTEL BOLOGNESE PESANO MENO”
Tratto da BuonSenso- Quanto
pesano le tasse sui portafogli dei cittadini? In provincia di
Ravenna in media 718 euro, ma con profonde differenze tra i vari Comuni,
tanto che tra un cittadino di
Castel Bolognese e uno di Cervia la forbice a favore del primo è di 715 euro:
se un castellano versa in tasse “solo” 507 euro (la media meno alta
in provincia) sul bilancio del secondo pesa 1.222 euro. Una differenza
che, per quanto molto ampia, ha però le sue motivazioni. I dati
provenienti dal progetto
Finanza del territorio della Regione Emilia-Romagna
ci consentono di confrontare il carico di tasse ed imposte pagate dai cittadini
dei Comuni della Regione (dati dei bilanci consuntivi 2015). Se la provincia di Ravenna
complessivamente si colloca con i suoi 718 euro ad abitante praticamente allo
stesso livello della media regionale (722 euro), fra i 19 Comuni le situazioni
sono molto differenti.
L’indicatore utilizzato è
quello della pressione
tributaria (il totale delle entrate tributarie diviso il numero
di abitanti): quindi ci dà l’ammontare di tutti i contributi versati pro capite
per IMU, TARI, TASI, addizionale comunale IRPEF e tutte le altre imposte decise
da ciascun Comune.
Tasse: a Faenza si pagano
in media 644 euro
Al primo posto fra i
Comuni “meno esosi” troviamo Castel
Bolognese, seguito da Fusignano e Bagnacavallo, tutti e tre con
una pressione tributaria fra i 500 e i 600 euro per abitante. In particolare se
si guarda ai 507 euro ad abitante per Castello sono solo dieci i Comuni in
tutta la Romagna che gravano meno a livello pro capite fra i cittadini, su un
totale di 84 Comuni.
Per gli altri Comuni della
Romagna Faentina (in giallo nel grafico) seguono Brisighella (588 euro), Riolo Terme (599 euro) e Solarolo (604),
mentre pesano un po’ di più sui portafogli dei cittadini i Comuni di Faenza (644 euro) e di Casola Valsenio (con ben 747 euro). Il
dato di Casola – così come quello di Sant’Agata sul Santerno – non deve
stupire: sono proprio i
Comuni con meno di duemila e di tremila abitanti che a livello regionale
presentano il livello di tassazione più elevato,
rispettivamente a 840 e 746 euro a residente. Questo perché spesso l’erogazione
di servizi in realtà di piccole dimensioni, con strutture amministrative
ridotte e in un contesto spesso montano comporta costi più elevati, che
PAGELLA FISCALE
Vuol dare la pagella ai contribuenti, ma il
somaro è lo Stato. Con l’aggravante che si pretende di dare in “premio” quel
che è un diritto. Gli studi di settore, nati nel 1993, sarebbero dovuti servire
a stimare il reddito presunto dei lavoratori autonomi, in modo da confrontare a
quello le dichiarazioni fiscali da ciascuno presentate. Avrebbero avuto un
senso, se non fosse che un fisco arraffone e sbruffone li ha usati per dire al
contribuente: se ti adegui alla mia stima sei in regola, altrimenti sei passibile
di accertamenti che, per modalità, durata e costi, sono delle torture fiscali.
Impostazione non solo inaccettabile, ma truffaldina. Si poteva essere in regola
con la coerenza e la congruità, rispetto agli studi di settori, ma essere anche
degli evasori fiscali. Si poteva essere né coerenti né congrui, ma
impeccabilmente onesti (basti pensare che c’è chi ha avuto accertamenti perché
dichiara troppo). I primi passavano indenni, i secondi passavano i guai. Bella
roba. Ora si cambia. Bene. Forse. Molto forse.
domenica 11 settembre 2016
E’ MORTO ANTONIO NERVEGNA: IL CORDOGLIO DI FORZA ITALIA RAVENNA
Aveva 65 anni. Consigliere regionale per due legislature, è stato il massimo esponente di Forza Italia a Forlì per almeno
Forlì, 9 settembre 2016 - Aveva combattuto tante battaglie politiche e amministrative, ha perso purtroppo quella con la malattia. E’ morto ieri, all’età di 65 anni, Antonio Nervegna, per lunghi anni esponente di primo piano a Forlì e in Romagna diForza Italia, che contribuì a fondare in Romagna, e del Popolo delle Libertà. Affetto da un tumore, si è spento stanotte nella sua abitazione. Nervegna era nato in Libia, a Tripoli nel marzo del 1951 e lì era vissuto fino al 1970, quando poi la sua famiglia dovette lasciare il Paese a causa degli stravolgimenti politici e militari. Si era così trasferito in Italia completando gli studi a Forlì cll diploma di geometri al Saffi-Alberti. Quindi dal 1972 al 2000 era stato funzionario del Comune di Forlì nel settore delle opere pubbliche, poi libero professionista e consulente. A livello politico, dopo una lunga trafila nel Pri, era entrato in Forza Italia nel 1994 di cui divenne subito coordinatore provinciale, carica rivestita per più mandati, assieme a quella di membro della direzione regionale e di quella nazionale anche del Pdl. A livello istituzionale era stato prima assessore Meldola, quindi consigliere provinciale della Casa delle Libertà e di Forza Italia, dopo essere stato candidato alla presidenza della stessa Provincia. Quindi è stato consigliere regionale per dieci anni, dal 2000 al 2010, e infine consigliere comunale a Forlì. I funerali, che si terranno in forma privata. Lascia la moglie, una figlia e un figlio, un pensiero alla sua famiglia per questa dura perdita per la quale esprimo loro le mie più sentite condoglianze. Vincenzo Galassini.
sabato 10 settembre 2016
PARISI: ‘NO’ CONTRO ‘SI’ DELLA PAURA
"Festa del No" a Matera. Per cambiare il Paese, occorre fare cose mai fatte: questo il ragionamento da seguire”. Lo ha detto in serata, a Matera, Stefano Parisi, che ha spiegato il suo “No” al referendum in un’intervista al giornalista Nicola Porro, durante la prima giornata della “Festa del No”, che sar conclusa domani sera dall’intervento di Gaetano Quagliariello. “Il mio – ha evidenziato Parisi – un “No” per le riforme, altrimenti vince un “S” della paura'”. Secondo Parisi, “il nostro Paese ha delle patologie, con un governo debole e instabile, sia che ci sia Berlusconi sia che ci sia Renzi, sia con il centrodestra sia con il centrosinistra: in Parlamento abbiamo delle maggioranze che non rispecchiano il Paese e questo crea disaffezione”. “Occorre quindi – ha aggiunto – velocizzare il tempo di esame delle leggi e una forma di governo pi forte, ad esempio con un Primo Ministro. Si dovrebbe anche introdurre la sfiducia costruttiva”. “E’ opportuno – ha continuato – che ci sia una discussione popolare sulle diverse forme di governo e giungere a un’assemblea costituente”. Rispondendo alle domande, Parisi ha criticato la scelta del governo di non comunicare la data del referendum: “Era gi successo con le amministrative: Renzi – ha continuato – non dice quando si vota. E’ una vergogna, ci vuole pi rispetto. Chiss, forse lo facciamo il 24 dicembre?”. “Penso – ha concluso Parisi – che troveremo un Paese spaccato e questo non va bene”. (ANSA).© 2006-2016 TRM Network
BOERI PRESIDENTE DELL’ INPS: “SPIEGHI AI PENSIONATI DOVE SONO I LORO SOLDI”
Sappiamo che Tito Boeri,
presidente della Previdenza sociale, ce l' ha con Libero perché gli fa le
pulci. Ciò che lo ha mandato su tutte le furie è il fatto che abbiamo svelato
le magagne dell' ente, tra cui il particolare che egli si è preso 500 metri
quadrati in piazza Colonna a Roma per crearsi il proprio ufficio (il cui
affitto varrebbe 500 mila euro all' anno, circa). Non è il caso che egli si
irriti. Noi descriviamo la realtà che non è mai offensiva. Se, eventualmente,
le cronache e le inchieste di Libero fossero lacunose, dato che l' esattezza è
divina e non di questo mondo, sarebbe diritto di Boeri fornire delle
precisazioni che finora però non ci sono pervenute. Non vorremmo che egli, per
ritorsione, minacciasse di sfrattare il quotidiano Il Tempo dallo stesso
edificio di piazza Colonna, sede della redazione. Sarebbe meschino che ciò
avvenisse per iniziativa del capo dell' Inps, i cui problemi sono assai più
gravi di questo. Boeri deve spiegare non a noi ma agli italiani, per quale
motivo ogni due per tre annuncia di dover tagliare le pensioni, quando è noto
che i soldi non mancherebbero se non fossero sprecati dall' Istituto per
finalità diverse da quelle che gli competono. Questo giornale ha denunciato che
l' Inps possiede un patrimonio immobiliare mostruoso (valore parecchi miliardi)
gestito da cani: appartamenti occupati abusivamente da gente che non salda la
pigione, altri appartamenti vuoti o dati in locazione (presumibilmente a raccomandati
o amici degli amici) a prezzi stracciati. Il Presidente non ha sentito l'
esigenza di rendere conto di questo scandalo, visto che gli edifici in
questione sono stati acquistati con i soldi dei pensionati a cui ora si
pretende di decurtare l' assegno mensile. Dottor Boeri, le sembra giusto
trattare i quattrini dei lavoratori di ieri e di oggi in questo modo, come se
fossero quelli delle prostitute? Non è finita. Attingendo alle casse
previdenziali, lei concede oboli sociali a chi non ha mai versato contributi;
regala pensioni minime ai familiari ricongiunti degli extracomunitari, i quali
familiari
giovedì 8 settembre 2016
POTERI FORTI VOTERANNO SI, UN MOTIVO IN PIU’ PER VOTARE NO
Dopo Jp Morgan anche i super banchieri di Goldman Sachs fanno il tifo
per il 'sì'; motivo in più per milioni di comuni cittadini per votare 'no'.
La vittoria del 'no' non metterebbe a repentaglio Monte dei Paschi
(come afferma Goldman), che a repentaglio già lo è grazie alla dissennata
gestione del partito del premier, il Pd.
La vittoria del 'no', cara Goldman, metterebbe a repentaglio solamente
la poltrona di Matteo Renzi!
PARISI, MISSIONE ECONOMIA:”MENO STATO, PIU’ FAMIGLIA”
La ricetta del
manager per lo sviluppo: giustizia certa per le imprese e benefici fiscali sul
welfare
È l'economia secondo
Parisi, in trasferta a Lodi lunedì, subito dopo l'incontro a Villa Certosa con
Silvio Berlusconi. Cena in piazza con Franco Debenedetti, autore di Scegliere i
vincitori, salvare i perdenti, poi la presentazione del libro organizzata da
Lodi liberale in un'aula della biblioteca ristrutturata di fresco da Michele De
Lucchi. All'ingresso, applausi al fondatore di Chili (così recita il cartellino
sul palco dei relatori), poi si parte e l'attenzione sale. Leit-motiv della
serata è un'orgogliosa rivendicazione del liberalismo popolare del 1994 di
Berlusconi, ma non «delle grandi imprese che chiedono di non avere vincoli» né
dell'«Europa, che è liberale ma viene respinta perché fatta da élites». Un
liberalismo di popolo da attualizzare alle nuove frontiere: welfare, famiglie e
privato sociale, concorrenza tra Stato e imprese nell'offrire servizi pubblici.
«C'è una cultura ipocrita, che non prende atto che nel welfare un ruolo
fondamentale ce l'hanno le famiglie con un anziano, un disabile, un
disoccupato. Vogliamo riconoscere a queste famiglie benefici fiscali?». Un po'
la ragione per cui in tanti dicono che le parole di Parisi sono già sentite e
le facce già viste, che gli italiani non sono liberali, il liberalismo non può
attecchire e lui non può farcela. Lui replica che non è la teoria del '94
l'errore, ma ciò in cui è degenerata: «Nel '94 Berlusconi fece passare il
messaggio di un liberalismo non elitario, come libertà per tutti, che si radicò
nella cultura. Adesso mandiamo messaggi troppo confusi e statalisti». Come la
difesa della regolarizzazione dei precari della scuola, che avviene anche nel
centrodestra, o articolo 18 e lavoratori pubblici. O un certo filo renzismo sul
Job Act. Invece, sostiene, «il governo non ha liberalizzato per nulla il
mercato del lavoro: siamo uno dei pochi Paesi europei in cui se un'azienda
vuole licenziare per giusta causa deve andare dal giudice». Gli attacchi a
Renzi non finiscono qui. «La riforma istituzionale non ha coraggio, il coraggio
è porre le questioni in modo semplice. Se invece di cincischiare e rompere con
Berlusconi su una stupidata, perché se sapessimo su cosa hanno rotto... Adesso
avremmo una riforma». Così non pare. E il suo «No» al referendum è ancora più
forte è chiaro.
mercoledì 7 settembre 2016
martedì 6 settembre 2016
PARISI A CACCIA DI ”ENERGIE POSITIVE”
L’ex candidato sindaco di Milano assicura:
"Nessun inciucio"
Tra polemiche, discussioni
e ripensamenti alla fine Stefano Parisi, ex candidato sindaco di Milano,
possibile prosecutore dell’opera di un politico e imprenditore unico come
Silvio Berlusconi, ha iniziato il suo cammino. Il primo passo si chiamerà «Per»
e sarà una convention al MegaWatt Court di via Watt, naturalmente a Milano.
Sarà una «conferenza programmatica», il 16 e il 17 settembre. L’obiettivo:
rigenerare «energie per l’Italia». «Vogliamo creare - ha spiegato Parisi - una
piattaforma liberale, popolare positiva, non contro qualcuno o qualcosa,
vogliamo creare qualcosa che generi energia positiva per riportare le persone
ad avere fiducia nella politica». I lavori inizieranno venerdì 16 dalle 14,30
alle 19,30, per poi continuare sabato dalle 9,30 alle 13. «Noi non siamo un
nuovo soggetto politico, non siamo contro i partiti che ci sono né vogliamo
rubare spazio ai partiti che esistono. Noi vogliamo dare un contributo di cui
la politica non deve avere paura. Io non credo nelle forze politiche che
nascono perché magari hanno il consenso della stampa, ma non della gente. Noi
non facciamo Scelta Civica. Crediamo serva una nuova stagione che riparta dalle
idee di Berlusconi del 1994, che devono essere rafforzate e aggiornate in
chiave attuale». Insomma, una piattaforma liberale «alternativa al centrosinistra».
Nessuno inciucio e nessun nuovo patto del Nazareno: «Sono tutte stupidaggini.
Abbiamo una logica di contenuto». «Ho pensato che fosse giusto ripartire da
Milano - ha detto Parisi - perché è qui che il 28 giugno, dopo l’esperienza
delle amministrative, è ricominciato il nostro progetto per rigenerare la
politica e risolvere i problemi del Paese». Parlando alle circa 300 persone
presenti alla pre-convention, tra cui l’ex soprintendente per i beni
architettonici e paesaggistici della Lombardia Alberto Artioli, l’ex calciatore
del Milan Daniele Massaro, Carmine Abagnale, consigliere uscente a Palazzo
Marino e candidato alle scorse amministrative, Tiziana Maiolo, ex assessore
alle politiche sociali della giunta Albertini e i due ex assessori della giunta
Moratti, Stefano Pillitteri e Carlo Masseroli, Parisi spiega che l’evento sarà
«un lavoro di programma importante», che sia «credibile e in grado di riportare
le persone ad avere fiducia nella politica». Ecco perché, sottolinea ancora
l’ex manager di Chili tv, «quello di oggi vuole essere un incontro soprattutto
di tipo organizzativo, per spiegare che cosa abbiamo pensato di fare nelle
prossime settimane e per raccogliere la collaborazione di tutti in chiave di
militanza e organizzazione». «Molti mi accusano di non aver espresso una
posizione chiara sul referendum costituzionale; lo dico chiaramente, io voterò
"no" e non per cacciare Renzi, ma per l’argomento che Renzi sta
utilizzando, "o vinco io o c’è il caos"». «Io - conclude - credo che
occorra istituire una assemblea costituente fatta di persone che lavorino solo
a quello». Antonio Angeli
lunedì 5 settembre 2016
GOVERNO, “RENZI A CERNOBBIO OSANNATO DA POTERI FORTI, C’E’ DA RIFLETTERE
“#Renzi #Cernobbio #governo
Impressiona, fa specie vedere i bravissimi e autorevolissimi rappresentanti
della finanza, dei poteri forti, delle banche, degli interessi che contano, i
grand commis dello Stato, assistere, a Cernobbio, all’intervento del presidente
del Consiglio, Matteo Renzi, e poi spellarsi le mani in un applauso coreano
(definizione scherzosa del moderatore Riotta)”.
Lo scrive su Facebook
Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.
“Il premier questa mattina
ha parlato per quasi due ore, a ruota libera e senza alcun contraddittorio,
raccontando, come al solito, una storia parziale e falsificata rispetto a
questi suoi 30 mesi al Palazzo Chigi e rispetto a quello che sta succedendo in
Italia, in Europa e nel mondo.
Fa specie, turba vedere il
segretario del Pci-Pds-Ds-Pd, mai eletto, giunto al potere con un colpo di
Palazzo, che tiene a galla il suo governo solo grazie a transfughi eletti con
lo schieramento opposto, osannato dai migliori poteri forti di questo Paese.
C’è davvero di cui riflettere…
Che sia una gioiosa e più
o meno inconsapevole prova generale di regime?”, si chiede Brunetta.
giovedì 1 settembre 2016
ERRANI, DAL SISMA 2012 A QUELLO DEL CENTRO ITALIA. IN EMILIA TRA SOLDI OTTENUTI E PROMESSE MANCATE. ANNI DI NULLA
L'ex governatore
dell'Emilia-Romagna fu responsabile della ricostruzione post terremoto fino al
luglio 2014. C'è chi vede nella nomina per la ricostruzione delle zone colpite
il 24 agosto solo una mossa politica di Matteo Renzi. Altri dicono che il suo
ruolo è stato invece decisivo. Dai Moduli abitativi provvisori (che nel
modenese, 4 anni dopo, ci sono ancora) alle soluzioni trovate per far arrivare
fondi alle persone colpite, ecco dati e testimonianze del lavoro svolto dopo il
20 maggio 2012
Il risultato che tutti gli
riconoscono è l’invenzione della cosiddetta “Cambiale Errani”: un finanziamento
della Cassa depositi e prestiti grazie al quale i terremotati dell’Emilia
hanno ottenuto sei miliardi per la ricostruzione. La promessa mancata sta
invece tutta in una frase pronunciata nel maggio del 2014: “Entro
la fine del 2015 gli sfollati che abitano nei container avranno una casa”.
In realtà mancano all’appello ancora 335 famiglie. La ricetta di Vasco Errani (che
giovedì mattina riceverà ufficialmente la nomina a Commissario per la
ricostruzione post-sisma) può funzionare anche nei paesi terremotati del
Centro Italia? C’è chi vede nella nomina dell’uomo che per 16 anni ha
guidato la Regione Emilia Romagna solo una mossa politica di Matteo Renzi per ricucire
con la minoranza Pd (Errani è sempre stato fedelissimo di Pier Luigi Bersani). Altri
dicono che il suo ruolo è stato invece decisivo. Come stanno le cose? Partiamo
dai dati. Stando ai numeri forniti dalla stessa Regione in occasione del quarto
anniversario delle scosse, ci sono quasi 10mila persone, pari a 3mila famiglie (nel 2012 le
famiglie erano 16.547) ancora fuori dalle loro case. Oggi di queste 3mila
famiglie, 135 sono ancora nei Map (moduli abitativi provvisori) ‘urbani’,
mentre circa 200 si trovano in quelli di campagna. Le casette, che dovevano
essere provvisorie, sono a Novi di Modena (37), a Mirandola (30), a San Felice
sul Panaro (22), a Cento, Cavezzo, San Possidonio (12 a testa), a Concordia
(10). Colpisce in particolare il dato di Novi che ha più Map di Mirandola,
nonostante quest’ultima abbia il doppio degli abitanti. Tra le persone ancora
senza casa c’è poi chi prende dei contributi per pagarsi un affitto o una
diversa ospitalità. “Spero che gli sfollati del Centro Italia non vengano
sistemati nel container, come fu fatto con noi: tra le lamiere è impossibile
vivere”. Lorena Bonfatti
da quattro anni vive in un Map a Novi di Modena, uno
dei paesi più colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 che mise
in ginocchio la Bassa modenese.
IL COMUNE DI SCORZE’ MANDA AL DIAVOLO RENZI E LA SCIAGURA CHIAMATA MARE NOSTRUM!
Probabilmente nessuno ha mai sentito parlare di Giovanni Battista Mestriner
ed e’ un vero peccato perche’ e’ una delle pochissime persone che merita
rispetto per il suo coraggio e buon senso. Infatti questo signore e’ il sindaco
di Scorze’, un piccolo comune in provincia di Venezia, il quale come
moltissimi altri comuni e’ stato scelto dal governo per ospitare gli immigranti
arrivati in Italia con Mare Nostrum ma a differenza di tantissimi altri
sindaci il primo cittadino di Scorze’ ha deciso di chiudere le porte agli
immigrati. «Non ci sono locali che soddisfano le richieste da lei
evidenziate», scrive il sindaco Giovanni Battista Mestriner in una lettera
in risposta a quella del prefetto di Venezia Domenico Cuttaia dove chiedeva
collaborazione ma Mestriner ha detto no, anche per via dell’ordine del giorno
votato dal consiglio comunale in febbraio, anche se la minoranza si disse
contraria. E il sindaco non risparmia una stoccata al governo di Matteo Renzi. «La
sua politica sugli immigrati», attacca, «è ipocrita, pericolosa e deleteria,
ipocrita perché le porte aperte a tutti faranno aumentare il flusso di questi
disperati, pericolosa perché non ci sarà alcuna vera integrazione visto
non potremmo garantire loro posti di lavoro che mancano pure gli italiani e
infine deleteria perche’ spendiamo milioni di euro sia per andarli a prendere
sia per mantenere le strutture di accoglienza in un momento di grave crisi».
Per Mestriner, in questo modo si “alimentano” poche organizzazioni le
quali s’inseriscono in questa situazione», osserva, «per ricevere ingenti finanziamenti
pubblici per approntare la falsa accoglienza».
Ovviamente e’ difficile non essere d’accordo col sindaco di Scorze’
perche’ le sue affermazioni lungi dall’essere razziste, sono piene di buonsenso
non fosse altro che come cittadino di un piccolo comune sicuramente avra’
conosciuto tante famiglie che stanno soffrendo per via di questa recessione e non
e’ un caso che tutti i giornali di regime e i telegiornali abbiano censurato
questa storia perche’ sanno benissimo che la gente avrebbe sicuramente chiesto
ad altri sindaci di seguire l’esempio di Mestriner.
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