Quando uno vede Napolitano, ossia
un signore che ha fatto e disfatto i governi e che è entrato in Parlamento
all'età di 27 anni per non uscirne più, si fa fatica a pensare che possa
rappresentare il nuovo, ma anzi è più facile ritenere che là dove si schiera
l'ex capo dello Stato non si possa schierare chi voglia cambiare le cose. Lo
stesso dicasi di Giovanni Bazoli, il professore che per 34 anni è stato al vertice
della più grande banca italiana, senza mai far mancare la sua influenza sulla politica
e senza mai rinunciare alle lezioni di
etica, salvo poi finire indagato per una vicenda di banca e di nomine. E che
dire di Carlo De Benedetti, prima tessera del Pd, ma anche uno dei primi a
patteggiare una condanna per una faccenda di falso in bilancio dell'Olivetti?
Insomma, l'argomento dell'accozzaglia è controproducente per chi lo usa. E allora
stiamo al merito, cioè a che cosa promette la riforma costituzionale e cosa
davvero mantiene. Si tagliano concretamente i costi della politica? La risposta
è no, perché i miseri risparmi usati per irretire l'elettore (la Ragioneria
generale dello Stato li quantifica fra i 50 e i 60 milioni l'anno) sono già
vanificati dalle spese per il referendum confermativo, senza contare poi che la
legge Boschi, non sfiorando le spese delle Regioni autonome, rappresenta la
pietra tombale sulla possibilità di ridurre gli sprechi di enti che non solo
costano pro capite più di altri, ma non restituiscono ai cittadini in termini
di efficienza ciò che dilapidano. Quanto all'altro argomento forte della
campagna del Sì, ovvero la velocizzazione dei provvedimenti legislativi, che
sarebbero troppo a lungo palleggiati dalle due Camere, se si guardano i dati si
scopre che essere rinviate sono solo le leggi che il Parlamento non vuole fare,
per esempio quelle riguardanti difesa dell'ambiente oppure il taglio degli
sprechi o ancora le norme che puniscono la frode o il depistaggio. Per tutte le
altre, a cominciare dalla legge Fornero sulle pensioni o il recepimento della
direttiva della Ue sul bailin o, ancora, la svuota carceri, sono bastate poche
settimane. Dunque, quando la maggioranza vuole, le leggi le fa, quando non
vuole e preferisce prendere in giro gli elettori, fa correre la palla senza
andare mai a rete. Eliminati dunque le tesi a favore del Sì (Casta, risparmi,
velocità dei processi decisionali), che cosa resta di un dibattito che ha
bloccato il Paese per almeno un anno e che di fatto ha sospeso l'attività di
governo per consentire a premier e ministri di fare campagna elettorale? Rimane
solo l'ambizione di un leader di mettere al proprio guinzaglio il Parlamento.
Dopo aver imbavagliato stampa e tv, il premier vuole imbavagliare anche le
Camere, piegandole ai suoi interessi. Non siamo alla deriva autoritaria, siamo
alla deriva e basta, perché mentre si certifica l'ennesimo rallentamento dell'economia
italiana, si discute solo di quanto potere dare al presidente del consiglio. Ùn'accozzaglia di chiacchiere.
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