Dopo la strage di Milano parte il processo ad Alfano, ma lui e Renzi negano l'evidenza
Oggi si dirà che è stata una strage della follia. Certo, l'imprenditore che ieri dentro il tribunale di Milano ha ucciso tre persone - un magistrato, un avvocato e un socio - e ne ha ferite gravemente altre due, tanto sano non doveva essere. E infine oggi, alla luce di questa incredibile falla nella sicurezza, si ha paura per quello che potrebbe facilmente succedere se altri «folli» - dell'Isis o per conto proprio poco importa - volessero salire armati, per esempio, sul palcoscenico mondiale dell'Expo che aprirà a giorni. Gherardo Colombo, pm simbolo di Mani pulite con vocazione al vittimismo permanente, dice che tutto ciò è accaduto perché «c'è un brutto clima nei confronti della magistratura». Ma per favore. Ogni episodio ha un suo perché, spesso irripetibile nei moventi e nelle dinamiche. Ma tutte queste «follie» sono riconducibili al fatto che siamo un Paese che ha rinunciato a difendersi, che sull'onda del buonismo non sa più cosa siano regole, ordine e legalità. Abbiamo lasciato indifese le nostre frontiere di fronte all'immigrazione clandestina, indifese le città da zingari che rubano «mille euro al giorno a vecchiette, e che muoiano pure», indifesi i cittadini dalla microcriminalità che da pochi giorni ha ottenuto l'immunità grazie alla legge che depenalizza furti e scippi, indifesi sono i nostri ragazzi da spacciatori che per lo stesso motivo non finiranno più in galera. Siamo indifesi da quei delinquenti dei black bloc e no global perché la nostra polizia è fascista e torturatrice. Non difendiamo le nostre piccole e medie imprese da un fisco strozzino, la nostra storia da chi ci vuole proibire di esporne i simboli «per non disturbare sensibilità altrui». E ci meravigliamo ora che non sia difeso il tribunale di Milano?
Che senso ha allestire mille controlli sugli appalti di Expo e permettere che ci siano zero controlli là dove la gente vive e lavora, che sia una scuola, un tribunale, un quartiere? Se tolleranza zero deve essere - e ben venga - che parta dal basso. Vorrei un ministro degli Interni che si occupasse più dei suoi poliziotti e meno dei suoi sottosegretari. Vorrei un premier che proteggesse le nostre libertà quotidiane invece che vessarci con caterve di leggi che quando non sono dannose sono inutili. Vorrei dei procuratori generali che si occupassero meno di politica o di cene private e più di fare funzionare in sicurezza i tribunali che sono stati affidati loro. In altre parole, vorrei un Paese orgogliosamente conservatore. È chiedere troppo?
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