mercoledì 29 giugno 2016
lunedì 27 giugno 2016
PALMIZIO RISPONDE:
Dimissioni al volo ? .... Perchè come dice il Presidente l'amore vince sull'odio
N.d.R. IL CONTRARIO DI QUANTO FATTO DA LEI, CACCIANDO E NON INTERPELLANDO IL VECCHIO GRUPPO DIRIGENTE
BRUNETTA, CANTIERE PRIMA TAPPA. CE NE SARANNO ALTRE
"Ascolto, imparo: sono venuto qui ad imparare. Di mestiere faccio il professore, pro tempore faccio il capogruppo di Forza Italia, e sono venuto qui a fare l'allievo ": così Renato Brunetta sulla sua partecipazione al cantiere del Centrodestra a Parma. "Questa e' una tappa- ha spiegato Brunetta - ce ne saranno altre dieci di tappe come questa per costruire programmi, regole, contenuti, proposte, se pensiamo io la penso diversamente non si va da nessuna parte. Un cammino doverosamente lungo, attento, responsabile e serio". Interpellato sulla Brexit. Brunetta ha spiegato che "e' un grande segnale che il popolo inglese ci da'. Guai a minimizzare, a trattare gli inglesi come nemici- ha avvertito Brunetta - ma bisogna fare una riflessione e un'autocritica. Questa Europa tedesca del sangue sudore e lacrime voluta dalla Merkel non ci piace- ha ribadito l'esponente di Forza Italia - lo abbiamo detto sempre detto ,ma non vogliamo buttare via il bambino con l'acqua sporca. Vogliamo un'Europa che sia quella delle origini- ha concluso Brunetta - e per questo ci battiamo, per questo il centrodestra deve essere unito e chiedere una nuova Europa. In caso contrario - ha concluso - ognuno si assumerà le proprie responsabilità".
sabato 25 giugno 2016
FINALMENTE: ANCARANI E FANTINELLI SI RIBELLANO AL CORDINATORE REGIONALE PALMIZIO
GALASSINI SI ERA DISCATTATO
IL 17 NOVEMBRE 2015
Bocciato Palmizio e finita
la campagna elettorale "inizieremo pertanto da subito con un’opposizione
forte alla giunta De Pascale, coordinata con la coalizione che sosteneva e
sostiene Massimiliano Alberghini e proseguiremo con una capillare
organizzazione dei comitati del NO al referendum costituzionale e a quello
sull’Italicum"
Il Capogruppo di Forza
Italia in consiglio comunale a Ravenna, Alberto Ancarani, rieletto con 423
preferenze alle ultime elezioni, già coordinatore provinciale del Popolo della
libertà eletto dal congresso, consigliere nazionale ANCI e il responsabile
provinciale del partito azzurro, Bruno Fantinelli, punto di riferimento degli
eletti e dei dirigenti di Forza Italia di tutta la provincia, in accordo con
Fabrizio Dore coordinatore provinciale Forza Italia Giovani con eletti e
attivisti di Lugo, Cervia, Bagnacavallo, Casola Valsenio, Massa Lombarda,
Castel Bolognese, Russi, Alfonsine, Fusignano, Cotignola dichiarano guerra al
coordinatore regionale di Forza Italia Palmizio.
"Il coordinamento
regionale di Forza Italia è inadeguato e deve al più presto essere rinnovato in
quanto non sussiste più alcuna fiducia fra la persona del coordinatore e la
maggioranza dei militanti della regione. - In particolare la Romagna è stata
abbandonata a se stessa, senza un raccordo politico su temi fondamentali quali
Ausl Romagna (area vasta), “provincione” e temi fondamentali per il futuro
della Romagna stessa. Per quanto riguarda la provincia di Ravenna, in attesa
che vengano assunte le decisioni conseguenti da parte del Presidente Berlusconi
- cui auguriamo una pronta e gagliarda guarigione e a cui non abbiamo alcuna
intenzione di forzare la mano - da questo momento la stragrande maggioranza dei
dirigenti, degli eletti e dei militanti di Forza Italia della provincia di
Ravenna dichiara di non riconoscere più l’autorità del Coordinatore Regionale
Massimo Palmizio né della sua vice-coordinatrice assistente parlamentare.
Significa che qualunque nomina, provvedimento o attività che verrà promossa o
intrapresa da tale duo, per quanto riguarda la Provincia di Ravenna sarà
considerata come carta straccia."
"Abbiamo più volte
chiesto a gran voce un moto di democrazia interna che desse a Forza Italia quel
respiro di innovazione che gli elettori, anche punendoci elettoralmente, da
tempo chiedono. - continuano
gli azzurri ravennati - La risposta del coordinatore regionale
è stata solo quella di dividere, mettere zizzania, punire i coordinatori
inizialmente nominati da lui ma troppo autonomi nominandone altri che gli
rispondessero come soldati, pena la loro defenestrazione. A questo punto
abbiamo deciso di dare una
PARERE DI BERLUSCONI SUL REFERENDUM INGLESE
: Berlusconi: "La decisione del popolo
britannico conferma le ragioni del grido d'allarme che per primi avevamo
lanciato fin dal 2011, nell'incomprensione generale, sul progressivo distacco
fra questa Unione Europea e le ragioni, gli interessi, le passioni dei popoli
che la compongono. Il più bel sogno della nostra generazione sta fallendo sotto i nostri occhi".
"Proporrò quindi al PPE un congresso straordinario per lanciare un
manifesto di rifondazione dell'Unione
Europea, fondata su un metodo nuovo, che parta dal basso, dalla
condivisione, dalla partecipazione, dalla sussidiarietà."
ECCO PERCHE’ L’ITALIA NON VOTERA’ MAI UN REFERENDUM SULL’USCITA DALL’UE
Più volte si è chiesta una consultazione
sull'Euro e sull'Europa simile a quello sulla Brexit. Ma un cavillo
costituzionale ci impedisce di votare
Al di là del risultato,
che può piacere o meno, c'è un fatto incontrovertibile: nel Regno Unito hanno
aperto le urne. E questo in Italia non succederà mai. Napolitano, appena letto
il risultato del Brexit, si
è affrettato a dire che "è incauto proporre questo tipo di
referendum". Come a dire che far votare i cittadini è sbagliato quando c'è
il rischio che la propria idea ne esca sconfitta. Per carità, gli italiani sono
abituati a non recarsi alle urne, dopo tanti governi nominati senza passare dal
voto. Ma c'è un motivo (costituzonale) se l'Italia non sarà mai chiamata a votare
sull'uscita dall'Ue.
Il referendum vietato
dalla Costituzione: Tutto ruota attorno ad un cavillo giuridico che viene dal passato. L'articolo 75 della Costituzione,
infatti, vieta espressamente di svolgere un referendum che abbia come oggetto i
trattati internazionali. E visto che l'ingresso nell'Europa è stato decretato
proprio con un accordo tra gli Stati, la legge italiana rende vano ogni appello
al voto su un ipotetico "Ital-exit". ""E'
indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione totale o parziale, di
una legge o di un atto avente valore di legge - si legge nella Costituzione -
quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non
è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di
indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali".Qualcuno
ha provato a chiedere al governo di indire una consultazione "di
indirizzo", facendo leva su un caso che risale al 1989, quando gli
italiani furono chiamati al voto per un referendum consultivo sul "mandato
costituente al Parlamento Ue". Ma anche questa è una strada difficilmente
percorribile. La Costituzione infatti non lo prevede e nel 1989 il Parlamento
adottò una legge costituzionale a larga maggioranza per permettere la consultazione
popolare. Lo stesso dovrebbe ripetersi oggi, ma visto il livello di litigiosità
in Aula, l'ipotesi è probabilmente da scartare. Anche nel caso in cui i
cittadini presentassero una proposta di legge popolare per indire il
referendum, servirebbe comunque una maggioranza politica che
venerdì 24 giugno 2016
TERRORISMO, GOVERNO BATTUTO AL SENATO
L'esecutivo è
andato sotto al Senato su una ratifica che riguarda alcuni accordi
internazionali in materia di lotta al terrorismo
Forse è solo un caso o un
segnale, ma il governo è stato battuto al Senato. L'esecutivo infatti è andato
sotto al Senato su una ratifica che riguarda alcuni accordi internazionali in
materia di lotta al terrorismo. "Il
governo -spiega il senatore di Fi, Lucio Malan- è andato
sotto al Senato per la sua arroganza e incapacità. Voleva colpire con pene
ridicole il terrorismo nucleare. Solo da 6 a 12 anni di carcere per detenzione
di bomba nucleare e da 15 a 24 per farla esplodere". "Da più parti
era stata espressa l'inadeguatezza di questa norma ma i relatori del Pd e il
governo hanno dato parere contrario all'emendamento di Fi che alza le
pene". Anche i verdiniani e Ap, si apprende, hanno votato con le
opposizioni. E così a palazzo Madama il presidente del Senato, Pietro Grasso è
stato costretto a sospendere la seduta. Secondo quanto viene riferito, sia il
gruppo Ala di Denis Verdini che
Area Popolare, al governo con Matteo
Renzi, avrebbero votato con le opposizioni. Il governo è stato
battuto su un emendamento a firma del senatore azzurro Giacomo Caliendo. Sono
stati 9, secondo quanto si apprende, i senatori di Ap che hanno votato contro
il governo, 15 invece gli esponenti di Area Popolare assenti, e due gli
astenuti.
"Governo battuto in Aula Senato su un emendamento Forza
Italia.
Ala e parte Ncd votano con opposizione. Primo pizzino di Verdini
@matteorenzi?". Lo scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza
Italia alla Camera.
mercoledì 22 giugno 2016
ELEZIONI: SINTESI DEI BALLOTTAGGI
'Ottimi risultati : per il
centrodestra unito e per Forza Italia, disastro totale per il partito
democratico. "Prima di questa tornata di consultazioni il centrosinistra
governava 19 Comuni capoluogo - (Crotone, Benevento, Salerno, Bologna, Ravenna,
Rimini, Pordenone, Trieste, Roma, Savona, Milano, Isernia, Novara, Torino,
Brindisi, Cagliari, Carbonia, Olbia, Grosseto), il centrodestra 4 (Cosenza,
Latina, Varese, Caserta), e poi c'era Napoli con De Magistris". "Dopo
queste amministrative continua il capogruppo
azzurro alla Camera - il centrodestra governerà in 10 Comuni capoluogo
(Trieste, Savona, Benevento, Pordenone, Isernia, Novara, Brindisi, Grosseto,
Olbia e Cosenza, quest'ultima conquistata al primo turno), il centrosinistra ne
guiderà 8 (Milano, Bologna, Varese, Caserta, Ravenna, Salerno, Rimini e Cagliari,
queste ultime 3 vinte al primo turno), perdendone dunque ben 11, il Movimento 5
stelle vince in 3 realtà (Roma, Torino e Carbonia), mentre Napoli, Latina e
Crotone vanno ad altre componenti politiche di centrosinistra". "In
precedenza le giunte appoggiate dal Partito democratico governavano nei Comuni capoluogo 6.668.555 abitanti, ora ne
governano 2.319.906. Considerando i
Comuni capoluogo di Regione le giunte appoggiate del Pd governavano 5.607.000
abitanti ora ne governano 1.877.814 abitanti", conclude Brunetta.
SE LA SINISTRA ED IL PD VINCONO SOLO IN EMILIA ROMAGNA CI SARA' UN MOTIVO? E' ORA CHE IL CENTRODESTRA CAMBI ..
BOLOGNA
RAVENNA RIMINI (VINTA AL PRIMO TURNO) 3 su otto comuni capoluogo italiani di
questo turno elettorale che restano in mano al PD sono dell'Emilia Romagna. Un
vero peccato bisognerà cambiare, magari imparando dalla Toscana o dalla Liguria
dove la partecipazione dei militanti e la capacità dei dirigenti sembrano evidenti.
IL PD(di quelle ai
ballottaggi) AVEVA 21 SINDACI DELLE CITTA' CAPOLUOGO ed OGGI SOLO 8 IL CENTRO
DESTRA NE AVEVA 4 ED ORA MI PARE 10 I 5 STELLE 3 NEGLI 8 2 SONO
DELL'EMILIA-ROMAGNA BOLOGNA E RAVENNA al PRIMO TURNO RIMINI. IL PD CONQUISTA
ANCHE CESENATICO PER RESPONSABILITA' DI CHI HA VOLUTO DIVIDERE. FORZA ITALIA
BENISSIMO IN TOSCANA LIGURIA FRIULI SARDEGNA NEL SUD. MALISSIMO IN EMILIA ROMAGNA QUESTI SONO I NUMERI.
lunedì 20 giugno 2016
ELEZIONI IN EMILIA ROMAGNA: CONFERMATA LA SINISTRA A BOLOGNA E RAVENNA. NECESSARIA AUTOCRITICA DI FORZA ITALIA
Anche se il risultato non è definitivo a Ravenna e Bologna è confermata la sinistra, Cento e Cesenatico per le divisioni del “centro destra” ritornano alla sinistra; anche se Buda a Cesenatico aveva ben lavorato. I Grillini vincono a Cattolica. Il nuovo sindaco di Ravenna rappresenta il 25% degli elettori. C'era una volta il "modello emiliano", l'Emilia felix, la storica roccaforte della sinistra italiana. Cera, ma non c'è più. Fine della favola. Già il fatto che in due città simboliche e diversamente rilevanti come Bologna e Ravenna il candidato del Pd non abbia vinto al primo turno è indice di un malessere diffuso, anche se confermati per poco al ballottaggio. SE i due sindaci vincono con meno del 55% dei voti la lezione sarebbe duplice. Denuncerebbe la pochezza della classe di governo locale del Pd e la fine dell'inespugnabilità di un territorio tradizionalmente “rosso"; obbligherebbe i dirigenti di Forza Italia –Palmizio- a un'autocritica, perché se nulla si semina nulla si raccoglie. Il fatto poi che a Ravenna il Pd si sia sentito in dovere di promuovere imbarazzanti liste di supporto del candidato Michele De Pascale tra i più o meno illustri esponenti della cosiddetta società civile (alcuni dei quali hanno peraltro smentito il proprio coinvolgimento) è un inedito assoluto. Il segno che il partito, da solo, non basta. Non basta più. Insidiare il primato del Pd in Emilia Romagna sarebbe dunque utile alla sinistra come alle opposizioni. Una sonora sveglia per tutti. Un messaggio chiaro: basta con le rendite di posizione così come con lo sconfittismo; tutto è possibile, nulla è garantito.
AVVISO DI SFRATTO PER RENZI. IN ITALIA ORMAI NON VOTA PIU’ NESSUNO.
Prime proiezioni sui ballottaggi. La Raggi trionfa a Roma. Fassino insegue la Appendino a Torino. A Milano testa a testa fra Sala e Parisi. Il centrodestra si prende Trieste con Dipiazza. Boom di
Il verdetto del ballottaggio? In Italia non vota più nessuno. Affluenza in picchiata a livello nazionale, rispetto a due settimane fa. Secondo i dati forniti dal Viminale, sono andati a votare il 50,54% degli elettori. Lo stesso dato al primo turno, rilevato sempre alla stessa ora era attorno al 59.94%, oltre 9 punti in meno.
La città - A Roma l'affluenza è stata del 20,20% contro il 57,19% del primo turno. A Trieste alle 23 si è attestata al 47,43, contro il 53,45% del primo turno. A Bologna 53,15% contro il 59,65% del primo turno.
Anche se Matteo Renzi ha puntato a derubricare l'appuntamento elettorale a contesa locale rinviando la sfida su governo e leadership al referendum istituzionale di ottobre, la partita non può non essere letta come cartina tornasole dei rapporti di forza sulla scena politica. E il risultato è un macigno sul premier e sul suo governo. Il Movimento 5 Stelle ha scommesso sulle comunali per azzoppare Renzi a ridosso del referendum sulle riforme di ottobre. A Roma Virginia Raggi ha umiliato il piddì Roberto Giachetti. A Torino, invece, l'impresa è stata affidata a Chiara Appendino che ha mandato a casa Piero Fassino. A Milano, dopo una lotta all'ultimo voto, Beppe Sala è riuscito ad avere la meglio su Stefano Parisi. Il Pd ha vinto anche a Bologna dove Virginio Merola è stato confermato liquidando l'assalto della leghista Lucia Borgonzoni. A Napoli non è riuscita l'impresa a Gianni Lettieri che ha provato a spodestare Luigi de Magistris. Il centrodestra si è preso Trieste con Roberto Dipiazza che ha mandato a casa il Pd Roberto Cosolini. Mister Expo vince a Milano A Milano, nella più incerta tra le sfide delle elezioni comunali, Beppe Sala e Stefano Parisi si sono dati battaglia fino all'ultimo. I due erano divisi da una manciata di voti. Dopo il primo turno erano appena 5mila quelli che separavano i due candidati sindaco. Poi, col passare delle sezioni scrutinate, si è delineato il risultato definitivo: Mister Expo è stato eletto a sindaco di Milano con il 51,8%, mentre il candidato del centrodestra si è fermato al 48,2%. I Cinque Stelle prendono Torino A Torino il Pd incassa la sconfitta più bruciante di questi ballottaggi. Piero Fassino, a capo della coalizione di centrosinistra, che al primo turno aveva ottenuto il 42% dei voti, soccombe all'assalto della candidata pentastellata Chiara Appendino. Con il 54,5% delle preferenze incassate la grillina ha espugnato il Comune di Torino mandando a casa il sindaco piddino che non è andato oltre 45,5%. Il centrodestra si prende Trieste Il Pd perde anche a Trieste dove deve lasciare il passo alla coalizione di centrodestra. L'azzurro Roberto Dipiazza, che ha incassato il 52,6%, ha infatti mandato a casa il sindaco uscente Roberto Cosolini (Pd) che si ferma 47,3%.
Il Pd conferma la rossa Bologna A Bologna non riesce il "colpaccio" alla leghista Lucia Borgonzoni. Al ballottaggio, nel fortino "rosso", ha infatti avuto la meglio il sindaco uscente Virginio Merola che si è confermato a Palazzo d'Accursio con il 54,7%. La candidata del centrodestra non è riuscita ad andare oltre il 45,22%.
venerdì 17 giugno 2016
PENSIONI? RENZI NE INVENTA UN’ALTRA PER FOTTERE GLI ITALIANI, DISTRATTI DAL CALCIO.
Per andare in pensione prima del tempo, il
Governo propone che l’anticipo finanziario della pensione netta, per gli anni
che mancano alla pensione di anzianità, venga restituita a rate fino a 20 anni,
con gli… interessi a doppia cifra per favorire ancora una volta i suoi sponsor: le banche.
mercoledì 15 giugno 2016
RAVENNA: NONOSTANTE LA VITTORIA AL REFERENDUM SULLE TRIVELLE, LA CRISI OCCUPAZIONALE DELL’OIL&GAS E’ SENZA FINE
I prezzi del petrolio in
risalita (nonostante le oscillazioni) e il mancato raggiungimento del quorum
per il referendum
anti-trivelle non fermano la crisi nel settore Oil&Gas. Nei
giorni scorsi la Cgil di
Ravenna ha lanciato l’allarme: “Le tre big, Halliburton, Baker Hughes e Schlumberger hanno già
ridotto il personale di oltre il 50 per cento”. Proprio per quest’area il
segretario generale della Filctem-Cgil Emilio Miceli aveva definito un eventuale
‘Sì’ al referendum “un errore strategico” e tuttora la posizione non
cambia. “L’effetto negativo che avrebbe potuto generare il risultato della
consultazione sulle trivelle è stato scongiurato”, esordisce la Filctem-Cgil di
Ravenna nella stessa nota in cui però si menzionano 600 posti di lavoro persi
nell’area nell’ultimo anno. La questione degli eventuali
effetti del voto sull’occupazione aveva già spaccato i sindacati e ora, in
questo allarme, c’è chi legge una mancanza di coerenza. “Negli ultimi mesi
Ravenna è stata la capitale
della paura più che quella delle trivelle, perché i detrattori
del referendum hanno puntato molto sulle legittime preoccupazioni dei
lavoratori”, dice a ilfattoquotidiano.it
il segretario provinciale della Fiom Milco
Cassani. Che così commenta i timori della Filctem: “Prendiamo
atto che oggi si lancia un allarme
nel settore nonostante il quorum non sia stato raggiunto. La
verità è che si sono dette mezze verità sui rischi di licenziamenti di massa in
caso fosse passato il ‘sì’”.
GLI UOMINI MESSI DAL PD A GOVERNARE LE FONDAZIOBI HANNO PORTATO TUTTO IL GRUPPO AL TRACOLLO
La settimana scorsa è
divenuta di pubblico dominio la notizia che la Cassa di Risparmio di Cesena spa
(che ha assorbito la Banca di Romagna) ha chiuso il bilancio 2015 con una
perdita astronomica (252 milioni di euro), con conseguenze dirette e indirette,
ma tutte assai gravi anche per Faenza. Gli effetti diretti a cascata sono
così sintetizzabili:
- il valore della azioni
precipita da € 16 circa ad € 0,50 circa, danneggiando tutti i soci, grandi e
piccoli, tra cui molti faentini;
- la Cassa verrà salvata
tramite un intervento temporaneo del Fondo Interbancario di Tutela dei
Depositi, cui verrà riservato un aumento di capitale di € 280 milioni, per cui
diventerà socio al 94%, estromettendo tutti gli attuali soci locali da ogni
forma di controllo;
- tra qualche tempo il
Fondo Interbancario venderà le azioni della Cassa, magari guadagnandoci anche,
ad un importante istituto di credito, per il quale circola da tempo il nome del
Credite Agricole, che già controlla la Cassa di Risparmio di Parma.
Gli effetti indiretti
riguardano in primo luogo il personale, per cui si parla di circa 100/130
esuberi, su circa mille dipendenti totali, conseguenti anche alla prevista
chiusura di circa 20 filiali. Ma l’effetto indiretto più pesante per Faenza è
la grave perdita che colpisce la nostra Fondazione Banca del Monte e C.R.; dal
bilancio 2015 si vede che essa detiene circa 1.800.000 azioni, che avevano al
31/12/105 un valore di mercato di € 28.826.480, che ora si riduce a circa €
900.000, con una perdita secca di quasi € 28 milioni. Dato molto preoccupante
se si considerare che queste azioni costituivano l’investimento più importante
della Fondazione (circa il 67% del patrimonio netto calcolato a valori di
mercato al 31/12/2015), che mettono a rischio non solo la sua capacità di
erogare fondi per le attività sociali e culturali locali, ma anche la sua
stessa tenuta.
Il PD faentino e romagnolo
portano una grave responsabilità di questo tracollo epocale, avendo gestito
negli anni il processo di fusione delle ex Casse di Risparmio di Faenza e di
Lugo con quella di Cesena, specie con l’ultimo errore fatale
dell’incorporazione della Banca di Romagna nella Cassa Risparmio Cesena, quando
già si erano avute notizie che la situazione di quest’ultima era la peggiore
del gruppo. In sostanza gli uomini messi dal PD a governare le tre Fondazioni e
le due banche per incapacità, per brama di potere, per indicazioni politiche
hanno chiuso gli occhi per cercare di salvare il salvabile, portando tutto il
gruppo al tracollo finale. Hanno insomma ripetuto il triste spettacolo già
visto più volte nel sistema cooperativo locale, da ultimo con il default del gruppo
CTF.
Ora chiediamo al Sindaco
Malpezzi e al PD faentino di intervenire pubblicamente su due fronti:
a) chiedendo informazioni
e chiarimenti ufficiali alla Cassa di Risparmio di Cesena e alle Fondazioni
sulla manovra in corso, per sgombrare il campo da illazioni e per capire se vi
siano i presupposti per avviare le azioni di responsabilità verso i passati
amministratori, di cui oggi nessuno parla;
b) chiarendo pubblicamente
quali siano le attuali condizioni patrimoniali e finanziarie della Fondazione di
Faenza e se sia ancora garantita la sua capacità di continuare ad erogare fondi
al sistema sociale e culturale locale. Questa vicenda aggrava ancora di più il
declino economico e sociale della nostra città, cui Malpezzi e il PD non sanno
porre alcun rimedio, dimostrando ancora una volta di essere una classe
dirigente non solo inutile, ma anche dannosa. Tiziano Cericola Lista Civica
Rinnovare Faenza
lunedì 13 giugno 2016
AUGURI AL GRANDE PRESIDENTE BERLUSCONI
Silvio Berlusconi: “Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno fatto
pervenire manifestazioni di affetto ed espressioni augurali, mi hanno davvero
commosso. Non dimenticherò le parole di amici, di esponenti politici, di
collaboratori di una vita di lavoro, dei moltissimi sostenitori che mi hanno
fatto sentire la loro vicinanza con calore straordinario. Sono sereno, e affronto
questo passaggio delicato affidandomi a Dio ed alla straordinaria
professionalità dei medici e del personale del San Raffaele. Seguo da qui le
vicende politiche in vista dei ballottaggi, e chiedo a tutte le donne e gli
uomini di Forza Italia il massimo impegno per far prevalere i candidati del
centro-destra ovunque siano in campo. Forza Italia è pienamente operativa nei
suoi organismi nazionali e periferici ed è perfettamente in grado di operare in
questi giorni di mia forzata assenza.”
POVERTA’ NEL MONDO: GUARDA E RIFLETTI
Un video di geniale
semplicità, che vi consiglio di guardare e condividere. 5 minuti sul perché
l'immigrazione di massa non potrà mai essere la soluzione alla povertà nel
mondo. Che dite, lo capiranno anche certi buonisti di casa nostra che
vorrebbero accogliere in Italia tutta l'Africa?
giovedì 9 giugno 2016
BALLOTTAGGI SARANNO PER RENZI COME REGIONALI 2000 FURONO PER D’ALEMA
Molto probabilmente a Torino Fassino perde, molto probabilmente Sala
perde a Milano, molto probabilmente il nostro Dipiazza vince a Trieste, e il Pd
perde. A Bologna è una bella gara, ma c’è qualche speranza che il sindaco
uscente perda a Bologna. A Roma è ormai chiaro che il buon candidato del
Partito democratico Giachetti perde nei confronti della Raggi, e a Napoli il Pd
ha già perso nel senso che il suo candidato non è andato al ballottaggio, e noi
speriamo che vinca Lettieri e (Ravenna
Alberghini n.d.r). Se così fosse per Renzi sarebbe una Waterloo, sarebbe
una debacle ancora maggiore di quella di D’Alema con le regionali del 2000, per
cui poi D’Alema si è dimesso. Questa mia previsione e auspicio è altamente
probabile. Non solo Milano, quindi, non solo Roma, ma sicuramente Napoli,
sicuramente Trieste, molto probabilmente anche Torino e Bologna. Se così fosse,
e il clima lo sta dimostrando, sarebbe la fine per Renzi ma anche la fine del
Partito democratico di Renzi. Renato
Brunetta
mercoledì 8 giugno 2016
FORZA ITALIA VALE IL 60% DEL CENTRODESTRA
Esclusa
l'anomalia Roma, senza il partito gli alleati sarebbero al palo
Roma - È un risultato
segnato da luci, ombre e parecchi rimpianti quello di Forza Italia.
Il giorno dopo il voto,
però, tre certezze emergono dall'analisi della cascata di numeri e percentuali
che rimbalzano dalle varie città: il ruolo guida di Forza Italia che mantiene
il primato dentro il centrodestra; la sconfitta del Pd e del renzismo;
l'imperativo dell'unità come condizione per poter essere competitivi. Con il
«modello Milano» come bussola e il «modello Roma» come spettro da allontanare.
«Forza Italia si conferma
il primo partito della coalizione, pur tenendo conto del fatto che le civiche
drenano voti soprattutto a noi e che storicamente le comunali sono le elezioni
meno favorevoli al nostro voto di lista» scrivono i dirigenti azzurri in una
nota. «Il centrodestra, ovunque è unito, è competitivo e in grado di vincere.
Questo in modo omogeneo, da Nord a Sud. Altrettanto evidente è che dove il
centrodestra è frammentato, come a Roma e a Torino, l'elettorato di Fi che
esprime un voto non ideologico non ha motivazioni per esprimere un voto di pura
testimonianza». «Fondamentale il risultato di Milano. Un candidato di alto
livello e l'unità di tutti i moderati si sono rivelati essenziali per questo
primo traguardo. Forza Italia rappresenta da sola circa la metà della
coalizione, pur tenendo conto del dato di Roma dove il risultato di Fratelli
d'Italia è del tutto anomalo (12.2% contro il 2.3% nel resto d'Italia). Se
escludessimo Roma, Forza Italia costituirebbe da sola oltre il 60% del
centrodestra. Senza i moderati, la destra arriva al massimo al 20% di Roma, è
lontanissima dal diventare una forza di governo. Tanto meno in un'elezione
nazionale».
I dirigenti di Forza
Italia mettono l'accento sul risultato milanese dove il partito di Silvio
Berlusconi si attesta al 20,2%, la Lega è all'11,77% e Fratelli d'Italia al
2,42%. Insomma altro che inversione di ruoli nella leadership nazionale a
favore del Carroccio. Così come non passano inosservate le 11mila preferenze di
Mariastella Gelmini che stacca di 4mila voti Matteo Salvini. Lucio Malan dalle
percentuali passa all'analisi dei voti espressi. «Forza Italia resta al primo
posto nel centrodestra. Nei capoluoghi di provincia ha preso 256mila voti,
rispetto ai 189mila di FdI e i 174mila della Lega».
Forza Italia, al netto dello
«storytelling» renziano, fa notare come il premier faccia fatica a intestarsi
qualche vittoria. «Bersani l'ultima volta ha vinto al primo turno 10
capoluoghi, ora Renzi ne vince tre, non dei più grandi (Rimini, Cagliari,
Salerno). Di questi tre, due hanno candidati non renziani. A Salerno stravince
l'uomo vicino al governatore De Luca (70%) notoriamente non renziano, mentre la
candidata renziana a Napoli non arriva al ballottaggio, nonostante l'impegno di
Renzi». Inevitabile leggere questi dati come un auspicio in vista della grande
battaglia di ottobre. Ma «quella del referendum è un'altra partita, cominceremo
a combatterla dopo i ballottaggi».
lunedì 6 giugno 2016
RISULTATO ELEZIONI COMUNE RAVENNA: BALLOTTAGGIO FRA DE PASCALE E ALBERGHINI
Sotto le aspettative il voto del PD che penalizza il suo candidato - Nel centrodestra va forte la Lega - Michela Guerra ottiene un buon risultato ma non sfonda -
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si possono tracciare i primi bilanci di questa consultazione. A parte il dato allarmante dell'astensione, , l'altro fatto fondamentale è che il centro sinistra e Michele de Pascale vincono come nelle previsioni ma si fermano sotto il 50% e sono costretti al ballottaggio dal centro destra. Era ciò che volevano evitare a tutti i costi e per questo avevano portato in città nel rush finale della campagna tanti big e financo il Presidente del Consiglio. Ma Renzi non è bastato. In via della Lirica e sui social gli uomini del PD erano molto fiduciosi e convinti di farcela al primo turno. Così non è stato. Michele de Pascale candidato del PD e del centrosinistra si ferma per ora al 47,1%. La dote è comunque notevole e i punti di vantaggio sul competitore tanti. Massimiliano Alberghini candidato di Lega Nord, Lista per Ravenna, Forza Italia e Fratelli d'Italia si attesta al 28,1% al secondo posto. Sarà lui a contendere la poltrona di Sindaco a de Pascale il 19 giugno. Ma parte con un handicap di 19 punti da colmare. Fra i voti di lista si profila un risultato più modesto del solito del PD, ben sotto il 40%, una tenuta sostanziale del PRI intorno al 4,2-4,4%, mentre fra le liste civiche che appoggiano de Pascale il risultato migliore è di Sinistra per Ravenna con il 2,5%. Nel centro destra la parte del leone la fa la Lega Nord che si attesta intorno al 15% mentre Lista per Ravenna si ferma al 6% e Forza Italia al 5%.
RISULTATO ELEZIONI COMUNE BOLOGNA, BALLOTTAGGIO FRA MEROLA BORGONZONI RIMINI AL PD
CESENATICO: BALLOTTAGGIO FRA BUDA (EX SINDACO) E GOZZOLI (PD). CONFERMATO IL SINDACO DI CENTRO DESTRA A GATTEO. RIMINI AL PD.
sabato 4 giugno 2016
BUGIE DI RENZI
SI
VOTA SOLO PER IL COMUNE, MA LA PROVINCIA DI RAVENNA RIMANE COME IN TUTTA
ITALIA, SARA’ RINNOVATA CON L’’ELEZIONI DI SECONDO GRADO FRA I CONSIGLIERI COMUNALI
DEI VARI COMUNI. COME SUCCEDERA’ PER IL SENATO!!!!
giovedì 2 giugno 2016
TTIP, MALAN: “SEGRETO E’ CONTROPRODUCENTE”
“Ho visionato questa mattina la documentazione sul TTIP presso il
ministero dello sviluppo economico. La cosa piu’ impressionante, e della quale
almeno si puo’ tranquillamente parlare, e’ che il tutto sia coperto dal segreto
di stato, la violazione del quale ti porta in carcere da sei mesi a tre anni.
Un’assurdita’, che fa passare in secondo piano il contenuto, del quale,
peraltro, non si puo’ parlare. Nei sessanta minuti a disposizione per visionare
un migliaio di pagine non si possono certo esaminare i dettagli, ma risulta
evidente la sproporzione tra le cose che si leggono e il segreto di Stato.
Credo che una vera trasparenza non potrebbe che giovare a tutti, a cominciare
dagli aspetti positivi contenuti in queste ipotesi di trattato: e’ normale che
ci sia diffidenza su qualcosa di cui non si possono conoscere i dettagli. Chi
acquisterebbe una casa o un’auto se i termini del contratto fossero segreti?
Scatterebbe subito il sospetto di fregatura. Senza segreto, si potrebbe parlare
tranquillamente di quegli argomenti, analizzando i dettagli, nei quali
potrebbero nascondersi aspetti problematici e si eviterebbe il timore possano
poi essere prese decisioni ancora piu’ importanti con medesime procedure, cioe’
segreto e decisioni prese in riunioni di cui non si conoscono neppure i
partecipanti”. Lo dichiara il senatore FI Lucio Malan che aggiunge: ” Appare
chiaro, peraltro, che la posizione piu’ irragionevole e’ quella che il
presidente Renzi ha preso a nome dell’Italia, garantendo, fin dal 2014,
l’appoggio incondizionato al TTIP. Proprio oggi dal Financial Times apprendiamo
che ci sono forti resistenze sia in Europa, sia negli Usa, dove ne’ Hillary
Clinton ne’ Donald Trump manifestano entusiasmo al riguardo. Questo appoggio
incondizionato ha un solo effetto: togliere all’Italia qualsiasi peso nelle
trattative. Ho appreso peraltro che il 6 novembre 2015 il presidente Renzi ha ritenuto
di emanare un decreto di ben 84 articoli proprio per tutelare maggiormente il
segreto di Stato e delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva.
Era proprio necessario? Ritengo che ampliare gli scambi commerciali con una
grande nazione come gli Usa sia importante, ma proprio per questo non puo’
essere fatto senza trasparenza, senza attenzione ai dettagli e agli interessi
italiani particolari”.
mercoledì 1 giugno 2016
MIGRANTI, E’ BOOM DI SBARCHI. MA RENZI; “SOLO ALLARMI ELETTORALI”
Con i massicci sbarchi del fine settimana
c'è stato il sorpasso. Dall'inizio dell'anno sono già sbarcati 47.740
immigrati, il 4% il più rispetto allo stesso periodo del 2015. Eppure il
premier Matteo Renzi
continua a negare l'evidenza dei fatti. "È
evidente che sul tema dell'immigrazione si gioca la sfida della paura ma i numeri sono profondamente
diversi da quelli raccontati - ha detto all'indomani della pubblicazione dei
numeri sugli arrivi - non c'è un aumento dei migranti rispetto all'anno scorso,
c'è un aumento di allarmi a scopo elettorali". La fotografia
del neonato annegato al largo della costa libica tenuto in braccio
da un nostro marinaio commosso dice lo stato degli atti. "La visione è insopportabile - tuona
il presidente de deputati azzurri Renato Brunetta - non è più tollerabile che
Renzi riduca l'allarme gravissimo sull'immigrazione a una
schermaglia di battute". Il picco c'è stato proprio nel fine
settimana, quando si sono contati ben 7.200 arrivi. A maggio sono arrivate via
mare complessivamente 19.819 persone. Anche l'accoglienza registra numeri
record. Nelle varie strutture sono ospitati 119.294 persone: ben 16mila in più
rispetto allo scorso anno. La maggioranza (86mila) sono presenti nelle
strutture temporanee. Poi, ce ne sono 19.777 nel sistema Sprar per richiedenti
asilo e rifugiati e 13.472 nei centri
di prima accoglienza e nei quattro hotspot. La Lombardia, ancora una volta, è la
regione a cui vengono chiesti i sacrifici maggiori. Quindi il ministro
dell'Interno Angelino Alfano ha, infatti, spedito 16.482 immigrati (il 13% del
totale). Tanto per capirci: in Sicilia, terra presa d'assalto dagli sbarchi, ce
ne sono "solo" 13.869 (il 12% del totale). Un'altra regione martoriata
dal Viminale è il Veneto dove ne sono stati mandati 10.427 (il 9% del totale). Finora
l'anno record per numero di arrivi è stato il 2014, con 170.100 persone
sbarcate. Segue il 2015 con 153.842. Senza una stabilizzazione della situazione
in Libia, è
prevedibile che il 2016 segni un nuovo primato, con scenari che ipotizzano fino
a 200mila arrivi. Eppure Renzi nasconde la verità e si trincera dietro ai
soliti slogan buonisti: "Davanti
a qualcuno che rischia di morire in mare, io vado e cerco di salvargli la vita.
Una vita salvata vale più di mille discorsi in televisione".
INPS ARRICCHISE I SINDACATI CON I SOLDI DEI DISCOCCUPATI.
Una media di 450/500
milioni netti l’anno. Tanto gira l’Inps ai sindacati come “ritenute sulle
prestazioni”. Vuol dire che, anche se in cassa integrazione, in mobilità o
disoccupati, i lavoratori sono tenuti a pagare l’iscrizione al sindacato. Dei
bilanci dell’istituto si scopre che Cigl, Cisl, Uil, Ugl e gli alti sindacati
accreditati (una settantina), hanno portato a casa solo dal 2010 al 2016 la
bellezza di 3.349 milioni, in media, i 450 milioni l’anno che dicevamo
all’inizio. Considerando che negli stessi sette anni l’Inps ha versato, sempre
ai sindacati, altri 1.757 milioni in contributi associativi sulle pensioni, si
arriva ad un tesoretto di oltre 5 miliardi (5.106 milioni per la precisione).
Non male come rendita.
Una parte delle quote viene versata da lavoratori e pensionati su base volontaria e su questo siamo nella perfetta legittimità. A stupire invece è il rodato automatismo che non prevede la possibilità di revocare l’iscrizione (per i pensionati è necessaria una raccomandata) con una semplice mail (magari certificata, ma comunque con una comunicazione rapida e digitale). L’aspetto sorprendente è che il lavoratore in cattive acque e dunque sussidiato da tutti gli italiani attraverso l’Inps continua a pagare il sindacato anche durante i periodi di sospensione. Pure in malattia si paga il contributo. Nel caso di cassa integrazione mobilità e disoccupazione è calcolato in percentuale, mentre per altri assegni (come la disoccupazione agricola), è determinato in maniera forfettaria dai diversi sindacati. Al momento di chiedere una prestazione all’Inps (la maggior parte arriva tramite Caf o patronati), viene fatto sottoscrivere anche un tacito consenso all’iscrizione. Se per i pensionati il contributo (in percentuale) è più basso (intorno ai 30/50 euro l’ anno), i lavoratori attivi, o in prestazione temporanea Inps, pagano 76/85 euro l’anno. Che suddiviso per 12 equivale ad un versamento di circa 7 euro al mese.
In assoluto sono pochi spiccioli ma è l’ automatismo del prelievo che risulta inaccettabile. Diventa, infatti, un’altra tassa a carico dei pensionati e, fatto ancora più odioso, dei lavoratori in difficoltà. Diverso sarebbe se a dicembre l’Inps si prendesse la briga di sollecitare i 15 milioni di pensionati e i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità se intendono o meno continuare a versare il contributo al sindacato. Se questo non accade non è certo per un vuoto di memoria. È il frutto dell’accordo fra governo e sindacati per lasciare le cose come stanno. Tanto paghiamo noi.
Una parte delle quote viene versata da lavoratori e pensionati su base volontaria e su questo siamo nella perfetta legittimità. A stupire invece è il rodato automatismo che non prevede la possibilità di revocare l’iscrizione (per i pensionati è necessaria una raccomandata) con una semplice mail (magari certificata, ma comunque con una comunicazione rapida e digitale). L’aspetto sorprendente è che il lavoratore in cattive acque e dunque sussidiato da tutti gli italiani attraverso l’Inps continua a pagare il sindacato anche durante i periodi di sospensione. Pure in malattia si paga il contributo. Nel caso di cassa integrazione mobilità e disoccupazione è calcolato in percentuale, mentre per altri assegni (come la disoccupazione agricola), è determinato in maniera forfettaria dai diversi sindacati. Al momento di chiedere una prestazione all’Inps (la maggior parte arriva tramite Caf o patronati), viene fatto sottoscrivere anche un tacito consenso all’iscrizione. Se per i pensionati il contributo (in percentuale) è più basso (intorno ai 30/50 euro l’ anno), i lavoratori attivi, o in prestazione temporanea Inps, pagano 76/85 euro l’anno. Che suddiviso per 12 equivale ad un versamento di circa 7 euro al mese.
In assoluto sono pochi spiccioli ma è l’ automatismo del prelievo che risulta inaccettabile. Diventa, infatti, un’altra tassa a carico dei pensionati e, fatto ancora più odioso, dei lavoratori in difficoltà. Diverso sarebbe se a dicembre l’Inps si prendesse la briga di sollecitare i 15 milioni di pensionati e i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità se intendono o meno continuare a versare il contributo al sindacato. Se questo non accade non è certo per un vuoto di memoria. È il frutto dell’accordo fra governo e sindacati per lasciare le cose come stanno. Tanto paghiamo noi.
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